Mali di Roma. Card. De Donatis: “Le attese di carità e giustizia sono in attesa di risposta”

La diocesi capitolina dedica a quell’appuntamento, che segnò i rapporti fra Chiesa, partiti e società civile, un evento dal titolo "(Dis)ugualianze” per ricordare, ma soprattutto esaminare l’eredità utile ad analizzare il presente

Mali di Roma. Card. De Donatis: “Le attese di carità e giustizia sono in attesa di risposta”

Fu un momento decisivo e strutturale che oggi merita di essere ricordato e ripreso per guardare alla Capitale e all’umanità attuale. Il 15 febbraio del 1974 presso la basilica di San Giovanni veniva inaugurato il convegno, promosso dal Vicariato, che per quattro giorni richiamò oltre mille persone intorno ai mali di Roma e segnò i rapporti fra la Chiesa, i partiti politici e la società civile di allora. Oggi la diocesi romana dedica a quell’appuntamento un evento dal titolo “(Dis)ugualianze”, per ricordare, ma soprattutto esaminare l’eredità utile ad analizzare il presente. “Il convegno del 1974 ebbe il merito di richiamare l’attenzione sui temi del degrado della povertà e dell’emarginazione, con una attenzione privilegiata per le periferie e le condizioni più fragili”, scrive il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel messaggio inviato al cardinale Angelo De Donatis, vicario generale del Papa per la diocesi di Roma. “Rappresentò – continua Mattarella – anche uno snodo prezioso di partecipazione alla vita democratica del Paese, secondo lo spirito della nostra Costituzione, provocando una grande mobilitazione nel segno del cambiamento e dell’impegno civile”.

“La Roma di oggi è molto cambiata – osserva il card. Angelo De Donatis -. Le attese di carità e giustizia sono in parte le medesime e in parte nuove ma tutte in attesa di risposta”. Oggi come allora, sottolinea il cardinale, la Capitale è alle prese con quattro ambiti centrali, lavoro, casa, salute e scuola, ai quali il vicariato nei prossimi mesi dedicherà delle occasioni di confronto. “Il convegno del 1974 – rammenta – partendo dalle attese dei poveri, cercò di intravedere il traguardo di una città ordinata dalla giustizia, capace di accogliere chi corre e chi cade, gli spiriti forti e le persone fragili; i nativi e gli stranieri, i giovani e i loro desideri insieme ai vecchi e ai loro ricordi. La città di tutti”.

Durante l’evento in vicariato, Federico Corrubolo, docente di storia moderna e contemporanea all’Istituto Ecclesia Mater, ha fatto ascoltare alcuni estratti audio del convegno di cinquanta anni fa riversati su supporto digitale grazie al fondo, costituito su iniziativa personale dall’ingegner Franco Placidi, che era un amico di don Luigi Di Liegro. Fra le relazioni ascoltate quella di Andrea Riccardi, che allora era un giovane laureando mentre oggi è uno storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio. “Ricordare – spiega Riccardi – è decisivo in una Chiesa come Roma che, nel ’74, ha l’evento genetico della sua esistenza contemporanea come diocesi. Non coltivare la memoria significa non coltivare la visione del futuro”.

Anche Giuseppe De Rita, fondatore del Censis, era presente in qualità di relatore cinquanta anni fa: “Fu un tentativo – rammenta – di capire in quale processo eravamo e l’ipotesi era la divaricazione”. Oggi il processo storico a cui siamo di fronte a Roma è la fascia intermedia, “una zona grigia di chi non crede più. Se facessimo un nuovo convegno sarebbe un fallimento, perché non sapremmo mordere l’argomento. Abbiamo un popolo che se ne frega, sta solo con se stesso. C’è un primato del soggettivismo difficile da smontare”.

Sull’indifferenza nella cittadinanza si sofferma anche Luigina Di Liegro, segretario generale della Fondazione internazionale intitolata a don Luigi Di Liegro che, ai tempi del convegno, era direttore dell’Ufficio pastorale della diocesi romana. “La città – osserva Luigina Di Liegro -, che è stata ed è il grande tema del nostro impegno, porta in sé questa doppia anima: può essere rappresentazione dell’indifferenza o, talvolta, della violenza degli uni verso gli altri, in una ostinata corsa verso l’affermazione personale; oppure può essere il luogo – come don Luigi l’ha sempre immaginata e voluta – della salvezza, che salva attraverso le relazioni. Che salva perché aiuta ciascuno di noi a scoprire nell’altro il proprio bene. Ogni ‘altro’. La città come palestra in cui le differenze si esercitano a vivere insieme, riconoscendosi le une nelle altre. Differenze religiose, culturali, di provenienza. Saper riconoscere in ogni altra persona il segno più autentico della rivelazione di Dio”.

Guardando alle difficoltà della città di oggi, il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, non nasconde come alcuni dei problemi di allora – l’emergenza abitativa, ad esempio – siano ancora attuali: “Ancora oggi – lamenta Gualtieri – ci sono migliaia di romani che vivono in quartieri in cui non ci sono fognature e illuminazione. Stiamo cercando di rigenerare quei quartieri con i servizi e l’inclusione di politiche socio-sanitarie che investono sulla persona al centro di una rete comunitaria. È una sfida che richiede lo sforzo delle istituzioni e della società civile”. “Per assicurare il pregresso di tutta la città – sottolinea – l’intuizione è di partire dalla parte più debole. Abbiamo il dovere – come ha ricordato Papa Francesco nel Te Deum – che la città possa essere generatrice di speranza”. Dal canto suo, Francesco Rocca, presidente della Regione Lazio, sottolinea il rapporto sereno fra istituzioni instaurato oggi, al di là dell’appartenenza politica, per il bene della cittadinanza: “Ho sentito da subito la necessità di un cambio di passo per evitare la fastidiosa polarizzazione e porci in ascolto delle comunità. Il richiamo costante che la Chiesa può fare è fondamentale”.

“Certo la Roma di oggi è molto diversa da cinquanta anni fa. Alcune domande di cambiamento in parte sono le stesse e in parte nuove, ma molte attese di carità e di giustizia sono rimaste tali”, riconosce Giustino Trincia, direttore della Caritas diocesana della Capitale: “È profondamente cambiata la composizione della popolazione, rimasta numericamente grosso modo quelle di allora ma con una età media di oltre i 46 anni. Le famiglie composte da una sola persona sono il 46%, ma nel centro storico si arriva quasi al 60%”. La priorità delle priorità, secondo Trincia, “è quella di ricostruire un tessuto connettivo di relazioni, di aiuto e di sostegno reciproco. È per questo indispensabile la ripresa diffusa di quella stagione della partecipazione che costituì il clima culturale e sociale e direi pure ecclesiale, sulla scia del Concilio Vaticano II, alla base del successo e della risonanza del convegno di 50 anni fa. Le attese di giustizia e di carità di allora, trovano oggi molti motivi di triste attualità, pur nelle grandi differenze tra allora e oggi”. Trincia, infine, ricorda i quattro appuntamenti che la diocesi sta organizzando e che verranno allestiti su temi specifici come scuola, salute, lavoro e abitare. “I quattro appuntamenti mensili – spiega – , da marzo a giugno e quello conclusivo di fine settembre si terranno in alcuni luoghi significativi della città, con l’obiettivo principale di rafforzare la prossimità della Chiesa di Roma ai più colpiti dalle contraddizioni del presente”.

Maria Elisabetta Gramolini

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Fonte: Sir