Servizio civile: a Firenze 800 giovani per parlare di “una vera e propria esperienza di vita”

A Firenze l’annuale incontro dei giovani in servizio civile degli enti aderenti al Tesc (Tavolo ecclesiale sul servizio civile), che riunisce 18 organismi, associazioni ed enti cattolici impegnati in questo ambito. Il tema dell’evento, che ha visto la partecipazione di 800 volontari provenienti da tutta Italia, è stato il Messaggio per la Giornata mondiale per la pace di Papa Francesco: “La buona politica è al servizio della pace”. Sono circa 50mila i ragazzi, tra i 18 e i 28 anni, che ogni anno intraprendono questa esperienza

Servizio civile: a Firenze 800 giovani per parlare di “una vera e propria esperienza di vita”

“La buona politica è al servizio della pace”. Questo, il tema scelto da Papa Francesco per il Messaggio per la Giornata mondiale della pace del 1° gennaio 2019, in cui il Pontefice sottolinea come la politica sia “un veicolo fondamentale per costruire la cittadinanza e le opere dell’uomo, ma quando, da coloro che la esercitano, non è vissuta come servizio alla collettività umana, può diventare strumento di oppressione, di emarginazione e persino di distruzione”. Ed è proprio partendo dal Messaggio del Papa che ieri, 12 marzo, si è tenuto a Firenze l’annuale incontro dei giovani in servizio civile degli enti aderenti al Tesc (Tavolo ecclesiale sul servizio civile), che riunisce 18 organismi, associazioni ed enti cattolici impegnati in questo ambito. Sono circa 50mila i ragazzi, tra i 18 e i 28 anni, che ogni anno intraprendono questa esperienza nel “rispetto dei principi della solidarietà, della partecipazione, dell’inclusione e dell’utilità sociale nei servizi resi, anche a vantaggio di un potenziamento dell’occupazione giovanile”. L’incontro di quest’anno, che ha coinvolto 800 ragazzi provenienti da ogni regione, si è svolto nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria di San Massimiliano di Tebessa che, nel 295 d.C., fu ucciso a 21 anni perché rifiutò, come cristiano, di prestare servizio militare nell’esercito romano. Un appuntamento intenso, fatto di momenti di riflessione, confronto, ma anche di svago e condivisione. Numerose le testimonianze e le “buone pratiche”, incentrate tutte sul servizio, declinato nelle sue più diverse forme, ma tutte orientate “al dono, all’incontro con l’altro e alla crescita come persone e cittadini”, come hanno raccontato alcuni dei ragazzi presenti.

Il lungo cammino della Chiesa. La giornata si è aperta con un momento di riflessione guidato da mons. Roberto Filippini, vescovo di Pescia e delegato della Conferenza episcopale toscana per la Pastorale della carità. “Vi esprimo riconoscenza e ammirazione da parte della Chiesa – ha detto ai ragazzi -.

Una Chiesa che ha compiuto un lungo cammino per tornare a quell’amore altro che San Massimiliano ha incontrato e che lo ha portato al martirio. La sua testimonianza ci sia da esempio per rafforzare il nostro impegno per la pace”. Richiamando le parole di Papa Francesco, mons. Filippini ha poi evidenziato come la guerra “sia una follia” che l’umanità deve necessariamente “lasciarsi alle spalle come qualcosa che dovrebbe essere persa”. “Quindi grazie – ha concluso rivolgendosi ai giovani volontari – per la vostra scelta controcorrente. Una scelta che va contro una realtà così cinica”.

Una rinnovata “voglia di vivere”. Tra le diverse esperienze di servizio civile presentate, sia in Italia che all’estero, tutti i ragazzi hanno convenuto nell’affermare che al termine o nel corso di questa “avventura” hanno raggiunto la “consapevolezza che nell’aiutare le persone si riceve molto di più di quel che si sta dando”.

“Anche se i mesi in cui si presta servizio non sono tanti – hanno spiegato i volontari -, aiutano a capire che direzioni si vogliono prendere nella propri vita. Molti di noi spesso si avvicinano al servizio civile perché delusi dal percorso universitario o lavorativo; quasi tutti ne escono con una rinnovata ‘voglia di vivere’ e con l’entusiasmo di intraprendere strade nuove in direzione dell’aiuto al prossimo”. Pertanto, “il servizio civile non è solo un’esperienza di volontariato, ma una vera e propria esperienza di vita che ci accompagnerà e influenzerà le nostre scelte negli anni”.

Nel segno di Antonio Megalizzi. Non sono mancate anche le testimonianze di “una vita orientata al servizio”, non filtrata necessariamente dal Servizio civile. Tra queste, quella di Giuliana Ricozzi, redattrice di “Europhonica” e collega di Antonio Megalizzi e Bartosz Orent-Niedzielski, soprannominato “Bartek”, i giovani reporter appassionati d’Europa morti nell’attentato terroristico di Strasburgo lo scorso dicembre. “Abbiamo messo tutte le nostre energie per non disperdere quanto di buono avevano fatto i nostri colleghi”, ha raccontato Ricozzi, spiegando l’impegno dei redattori di “Europhonica”, oggi ancor più deciso, nell’offrire “un servizio di informazione più chiaro possibile sull’Unione europea”. “È un lavoro molto difficile quello di rendere ‘attraente’ un qualcosa che ai giovani sembra lontano come l’Unione europea – ha detto -. La nostra sfida è quella di raccontare quello che l’Europa fa per loro. Raccontarne i meriti e i punti negativi con un linguaggio semplice perché comunque fa parte della vita di tutti noi”. Interpellata dai ragazzi sulle imminenti elezioni europee, la giornalista li ha invitati a

“essere parte attiva della cittadinanza”, anche e soprattutto partecipando al voto: “Il consiglio è quello di non dare nulla per scontato, farsi delle domande e cercare di capire anche quelle istituzioni che risultano difficili da comprendere”.

Non un servizio qualsiasi. Con i giovani impegnati nel servizio civile era presente, tra gli altri, anche don Francesco Soddu, direttore della Caritas italiana. “Questo incontro – ha spiegato al Sir -, giunto ormai alla sua quattordicesima edizione, è un’occasione di verifica, di scambio di buone pratiche e un momento di condivisione. Un incontro non è mai banale, non è mai ripetitivo, è un momento per entrare in relazione”. Per don Soddu, il Messaggio di Papa Francesco consegna una tematica molto importante: “Una politica al servizio della pace richiama il senso profondo di quello che questi ragazzi stanno facendo, cioè il servizio”. Un servizio, ha precisato il direttore della Caritas, “che non è un servizio qualsiasi che nasce da un’idea banale, ma che nasce dal proposito profondo di voler costruire qualcosa, iniziando dalla propria persona e dalla progettazione non solo del futuro, ma anche di ciò che si vuole essere già da adesso”.

Alle visioni ideologiche si contrappone la parola di Dio. La giornata si è conclusa con una Messa presieduta dal card. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, che ha esortato i ragazzi alla “reciprocità dell’amore e del servizio tra fratelli” e al “rifiuto della connivenza con il male”.

“Alle parole umane – ha rimarcato – , che si perdono nelle loro verbosità e che soprattutto rischiano di illudere proponendo visioni ideologiche, che nelle loro volontà di potenza diventano distruttive del vero volto dell’umano, come mostrano le ingiustizie diffuse e le guerre devastatrici, si contrappone la parola di Dio, che, rivelando il disegno d’amore che egli ha sul mondo, offre all’umanità un traccia di vita da cui trarre il frutto di un’esistenza piena”.

“La corrispondenza della propria vita a un disegno alto della storia è ciò che ispira anche l’impegno della persona nella costruzione di una società più giusta e pacifica – ha detto ai volontari il card. Betori -, impegno che trova una forma alta di attuazione nella vita politica, come ricorda il tema del vostro incontro”. “Un tema – ha precisato l’arcivescovo di Firenze – che fa eco a quello proposto da Papa Francesco alla Giornata mondiale della pace di quest’anno. Il Papa prospetta che possa esserci una ‘buona politica’, un’affermazione che si pone sulla scia di un costante insegnamento della Chiesa, che trova la sua sintesi nell’espressione spesso ripetuta e attribuita al santo Papa Paolo VI: ‘La politica è la forma più alta ed esigente della carità’”. Richiamando sempre il Messaggio del Papa, il card. Betori ha sottolineato nuovamente l’importanza della pace come “una conversione del cuore e dell’anima”. Ed è “facile riconoscere tre dimensioni indissociabili di questa pace interiore e comunitaria – ha fatto notare -: la pace con se stessi, rifiutando l’intransigenza, la collera e l’impazienza, esercitando ‘un po’ di dolcezza verso se stessi’, per offrire ‘un po’ di dolcezza agli altri’; la pace con l’altro: il familiare, l’amico, lo straniero, il povero, il sofferente; osando l’incontro e ascoltando il messaggio che porta con sé; la pace con il creato, riscoprendo la grandezza del dono di Dio e la parte di responsabilità che spetta a ciascuno di noi, come abitante del mondo, cittadino e attore dell’avvenire”. “Tradurre questo progetto nella ordinarietà della vita – ha concluso – è il compito che ci viene affidato, il servizio che la gente attende da noi”.

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Fonte: Sir