Superbia spirituale. Papa Francesco ci dice che “dove c’è troppo io, c’è poco Dio”

L’invito di Francesco è di guardarci dentro, per capire se siamo come il pubblicano o il fariseo, se c’è “l’intima presunzione di essere giusti”.

Superbia spirituale. Papa Francesco ci dice che “dove c’è troppo io, c’è poco Dio”

Ci sono tre giovani che si affacciano dalla finestra dello studio accanto a Papa Francesco, dopo la recita della preghiera dell’Angelus. A Lisbona, nel mese di agosto del prossimo anno, ci sarà la Giornata mondiale della gioventù e il Papa e quei ragazzi sono i primi a iscriversi all’evento: “dopo un lungo periodo di lontananza, ritroveremo la gioia dell’abbraccio fraterno tra i popoli e tra le generazioni, di cui abbiamo tanto bisogno”.
È la domenica dedicata alla Giornata missionaria; il Papa chiede di “sostenere i missionari con la preghiera e con la solidarietà concreta” affinché possano “proseguire nel mondo intero l’opera di evangelizzazione e di promozione umana”. Missionari che pagano con la vita la loro testimonianza, come la religiosa Suor Marie-Sylvie Kavuke Vakatsuraki uccisa, assieme a altre sei persone tre giorni fa nel villaggio di Maboya nella regione Nord Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo.
Ancora, è la domenica in cui Francesco prega “per l’unità e la pace dell’Italia” nel giorno in cui ha inizio il lavoro del nuovo Governo. E pace chiede per l’Etiopia – “la violenza non risolve le discordie, ma soltanto ne accresce le tragiche conseguenze” – per l’Ucraina “così martoriata”; e lo farà andando al Colosseo, martedì 25, assieme ai leader religiosi nell’incontro dal titolo “Il grido della pace”: “la preghiera è la forza della pace”.
La preghiera è anche il tema centrale del brano del Vangelo di Luca, il pubblicano e il fariseo che salgono al tempio per pregare, un religioso e un peccatore ricorda il Papa. Salgono a pregare, ma sono due modi diversi di rivolgersi al Signore, tanto che, afferma Francesco, “soltanto il pubblicano si eleva veramente a Dio, perché con umiltà scende nella verità di sé stesso e si presenta così com’è, senza maschere, con le sue povertà”.
Il fariseo, invece, prega come se Dio non ci fosse, è una preghiera incentrata sulla sua persona, si rivolge al Signore dicendo “ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini”
Diceva Madre Teresa di Calcutta: chi giudica non ha il tempo per amare.
Il Papa evidenzia i due verbi contenuti nella parabola riportata da Luca: salire e scendere.
Il primo movimento, salire, richiama episodi della Bibbia, dice Francesco, “dove per incontrare il Signore si sale verso il monte della sua presenza: Abramo sale sul monte per offrire il sacrificio; Mosè sale sul Sinai per ricevere i comandamenti; Gesù sale sul monte, dove viene trasfigurato”. Salire “esprime il bisogno del cuore di staccarsi da una vita piatta per andare incontro al Signore”.
Ma per “elevarci a Dio”, afferma ancora il vescovo di Roma, “c’è bisogno del secondo movimento: scendere”, perché per salire “dobbiamo scendere dentro di noi: coltivare la sincerità e l’umiltà del cuore”. Nell’umiltà “diventiamo capaci di portare a Dio, senza finzioni, ciò che realmente siamo, i limiti e le ferite, i peccati, le miserie che ci appesantiscono il cuore, e di invocare la sua misericordia perché ci risani, ci guarisca, ci rialzi. Sarà lui a rialzarci, non noi. Più noi scendiamo con umiltà, più Dio ci fa salire in alto”.
Ecco la diversità della preghiera narrata nella parabola: il pubblicano “si ferma a distanza, non si avvicina, ha vergogna, chiede perdono, e il Signore lo rialza”. Invece il fariseo “si esalta, sicuro di sé”. La sua, afferma ancora il Papa, è “superbia spirituale”.
Un rischio nel quale tutti possiamo cadere: così, “senza accorgerti, adori il tuo io e cancelli il tuo Dio. È un ruotare intorno a sé stessi. Questa è la preghiera senza umiltà”.
L’invito di Francesco è di guardarci dentro, per capire se siamo come il pubblicano o il fariseo, se c’è “l’intima presunzione di essere giusti”, se ci “preoccupiamo dell’apparire anziché dell’essere, quando ci lasciamo intrappolare dal narcisismo e dall’esibizionismo”. Abbiamo bisogno di umiltà, per riconoscere i nostri limiti, i nostri errori ed omissioni, per poter veramente formare un cuore solo e un’anima sola”, diceva Benedetto XVI.
Vigiliamo su narcisismo e esibizionismo, “fondati sulla vanagloria, che portano anche noi cristiani, noi preti, noi vescovi ad avere sempre una parola sulle labbra: io”. Così Papa Francesco ci dice che “dove c’è troppo io, c’è poco Dio”. Questa è la superbia spirituale.

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Fonte: Sir