Una “piccola Gerusalemme” in Bassa Baviera. Così si trasforma il paese di Oberammergau fino al prossimo 2 ottobre

La leggenda narra che in Baviera a metà del '600 più di quattrocento paesi e villaggi rappresentarono la Passione e scacciarono la peste, in modo che nessun altro ne morisse.

Una “piccola Gerusalemme” in Bassa Baviera. Così si trasforma il paese di Oberammergau fino al prossimo 2 ottobre

Avevano deciso di mettere delle guardie a sorvegliare i confini del territorio comunale e di accendere la notte dei falò per impedire l’entrata di persone esterne. Avere il nemico fuori dalla porta di casa per loro non era certo una novità.

Correva l’anno 1627. Tutta la Baviera era stata messa a fuoco e fiamme dalla guerra dei Trent’anni, nelle campagne i soldati facevano razzia del raccolto e la fame era un ospite quotidiano alla tavola di molte case. Ma c’era un nemico che terrorizzava più di tutti la gente di Oberammergau, paese del nel circondario di Garmisch-Partenkirchen: la peste nera. Le notizie che giungevano dai comuni vicini erano drammatiche. Il numero di morti e contagiati saliva di giorno in giorno sempre più e nessuno sapeva come sconfiggere quel nemico invisibile. Nel paese si decise, quindi, di chiudersi al mondo esterno, per impedire al male di colpirli. Per cinque anni gli abitanti di Oberammergau riuscirono a tenere la peste lontana dalle loro case.

Kaspar Schissler era originario di Oberammergau, ma lavorava Eschenlohe. Appena una dozzina di chilometri, poco più di tre ore di cammino a piedi per ritornare nel suo paese natale. Il desiderio di tornare a casa era forte, troppo forte. Al punto che l’uomo trovò il modo di evitare le guardie e di entrare nel villaggio. E con lui, a Oberammergau, arrivò anche la peste. Alla fine di ottobre del 1632 morirono 84 adulti e diversi bambini. I registri sono incompleti e i bambini non sono stati nemmeno contati, quindi il numero di morti deve essere stato probabilmente molto più alto. Fu così che nel 1633 i superstiti si riunirono in chiesa e fecero il voto solenne di allestire per sempre, ogni dieci anni, una rappresentazione della Passione di Cristo, se Dio avesse liberato il paese dall’epidemia. Quando i decessi terminarono gli abitanti di Oberammergau si rivelarono fedeli alla promessa fatta.

All’epoca molti erano poveri contadini, impiegati come servi nei campi, senza scolarizzazione e con pochissimi diritti. Prevaleva la paura. Dio veniva predicato come un vecchio arrabbiato che puniva le persone per i peccati commessi. Non si aveva alcuna conoscenza di virus e batteri, per cui quella malattia crudele, che oltre a giovani e anziani, aveva strappato tanti bambini dalle braccia delle loro madri, veniva interpretata come una punizione di Dio. Il concentrarsi sulla storia della passione di Gesù, che ha dato la vita “per i peccati dell’umanità”, era visto da molti come una forma di espiazione e cura e così le rappresentazioni della Passione iniziarono a moltiplicarsi in tutta la Baviera. La leggenda narra che più di quattrocento paesi e villaggi rappresentarono la Passione e scacciarono la peste, in modo che nessun altro ne morisse.

Primavera 2020. La macchina organizzativa dei “Passionsspiele” era già stata messa in moto quando, all’improvviso tutto viene bloccato da un nuovo nemico invisibile. In tutta Europa scatta il lockdown. E la 42.ma edizione dei Passionsspiele viene annullata. “La gente ha continuato a pensare alla vecchia storia della peste di Oberammergau – racconta il regista Christian Stückl – e mi è stato chiesto più volte se non stessimo pensando di fare un nuovo voto. Mi è venuto da ridere a questa domanda, perché da molto tempo ormai abbiamo un’immagine di Dio completamente diversa. Oggi nessuno può più immaginare Dio come un vecchio arrabbiato con la barba bianca seduto sul suo trono in cielo che escogita malattie, guerre e carestie come punizione per “l’umanità peccatrice” finché non ci sottomettiamo a lui. Oggi sappiamo che noi stessi siamo responsabili della sofferenza e dei problemi presenti nel mondo. Non è Dio che pensa alle guerre, siamo noi uomini che le facciamo. Non è Dio che è responsabile della fame nel mondo, siamo noi ad avere la colpa. La nostra visione di Dio e del mondo è cambiata radicalmente”.

Sabato scorso, 14 maggio, dopo due anni di attesa e sei mesi di prove, si è alzato il sipario sulla 42.ma edizione dei Passionsspiele di Oberammergau.

Fino al prossimo 2 ottobre, il paese della Bassa Baviera, che conta oggi 5.400 abitanti, si trasformerà in una “piccola Gerusalemme”. Sono 1.800 gli artisti che tutti i giorni, tranne il lunedì e il mercoledì, calcheranno il grande palco del Teatro della Passione, costruito nel 1928 e ristrutturato per la Passione del 2000, in grado oggi di offrire circa 4.400 posti a sedere al coperto. 103 gli spettacoli in programma.

Ognuno dei circa 1.800 artisti – tra cui 400 bambini – è nato a Oberammergau o vi ha vissuto per almeno 20 anni. I ruoli principali sono 20 (tra questi quelli di Gesù, Maria, Maddalena, Giovanni, Giuda, Pietro, Ponzio Pilato, Caifa e Giuseppe di Arimatea) e per ciascun ruolo sono previsti due interpreti. A vestire i panni di Gesù saranno il 42enne Frederik Mayet, direttore artistico e portavoce del Münchner Volkstheater, che – dopo aver interpretato anche Giovanni – ora è alla sua terza “passione”, e lo studente Rückel, 26 anni, che nel 2010 aveva fatto il suo debutto in scena come uno del popolo di Gerusalemme. La commerciante e intagliatrice di legno Andrea Hecht, 60 anni, vestirà – in alternanza con Eva Maria Reiser – i panni di Maria. Andrea è una veterana dei Passionsspiele. La prima volta che è partecipato è stato nel 1970, dove faceva parte del popolo; nelle edizioni del 1977, 1980 e 1984 era una corista; nel 1990 ha vestito i panni della Maddalena e nelle ultime due edizioni quelli della madre di Gesù. Ancor più lungo l’elenco delle partecipazioni dell’albergatore Peters Stückl (79 anni) e del consigliere in pensione Walter Fischer, che quest’anno vestiranno i panni del sommo sacerdote Anna: entrambi hanno calcato per la prima volta il palco dei Passionsspiele nell’edizione del 1950.

Ci sono, poi, 120 altri ruoli minori e maggiori, cantanti solisti, circa 120 coristi, orchestra, apostoli, sacerdoti e scribi, soldati romani, guardie del tempio e popolo. Ci saranno anche un paio di cammelli e “Sancho”, l’asino che porterà Gesù a Gerusalemme. Scenografie, costumi e musica: tutto è “fatto in casa”. Mesi e mesi di lavoro e di prove che sono stati raccontati sulla pagina Fb dei Passionsspiele (www.facebook.com/passionsspieleoberammergau).

Il 7 e l’8 maggio si sono tenute per la prima volta due preview per circa 8mila giovani dell’arcidiocesi di Monaco di Baviera, a cui hanno partecipato anche giovani provenienti da Eritrea, Etiopia e dalla Chiesa copta. Ad accogliere i ragazzi sono state le associazioni giovanili delle chiese protestanti e cattoliche e le parrocchie locali.

Ad oggi sono già stati venduti circa tre quarti dei circa 450.000 biglietti. L’interesse per i Passionsspiele non è solo da parte della popolazione di lingua tedesca. Grande è la domanda anche dall’estero. Un terzo dei biglietti attualmente venduti sono stati acquistati negli Stati Uniti. Ci sono poi Regno Unito e Scandinavia.

“Oggi non sappiamo come si evolverà il terribile conflitto in Ucraina e ci auguriamo che le armi tacciano al più presto – commenta il regista Stückl –. Non sappiamo come si evolverà il Covid-19, se ci sarà un’altra ondata. Ma tutti quanti noi abbiamo un desiderio infinito di portare in scena i Passionsspiele”.

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Fonte: Sir