Vescovi latinoamericani: lettera pastorale sulla cura e la difesa della casa comune

“Discepoli missionari custodi della casa comune – Discernimento alla luce dell’enciclica Laudato Si’”. Si chiama così il documento diffuso dal Consiglio episcopale latinoamericano (Celam). Si tratta di un testo ampio e di largo respiro, nel quale la Laudato Si’ viene approfondita e calata nel contesto latinoamericano.

Vescovi latinoamericani: lettera pastorale sulla cura e la difesa della casa comune

È arrivato con qualche ora di ritardo, ma verrà sicuramente molto gradito, il regalo dei Vescovi latinoamericani a papa Francesco per i suoi cinque anni di pontificato. Ma si tratta, anche, di un dono alle Chiese del continente, alle comunità cristiane, soprattutto alle popolazioni più povere e vulnerabili. Stiamo parlando della lettera pastorale “Discepoli missionari custodi della casa comune – Discernimento alla luce dell’enciclica Laudato Si’”. A scriverla è stato il Consiglio episcopale latinoamericano (Celam). La prima presentazione avviene oggi (15 marzo) a Bogotá, capitale della Colombia, ai presidenti e segretari generali delle Conferenze episcopali latinoamericane. Si tratta di un documento ampio e di largo respiro, nel quale la Laudato Si’ viene approfondita e calata nel contesto latinoamericano.

L’enciclica è il riferimento costante per proporre una riflessione sulla custodia del creato, sulla necessità di un’ecologia integrale per l’America Latina e sull’urgenza di un’adeguata sensibilizzazione e impegno a partire dalle comunità cristiane.

Spiega al Sir Elvy Monzant, segretario esecutivo del dipartimento giustizia e solidarietà (Dejusol) del Celam: “Con questa lettera pastorale i vescovi latinoamericani esprimono una volta di più la loro adesione totale al magistero di papa Francesco. Al tempo stesso levano la loro voce profetica contro il modello economico estrattivista che attenta contro la Casa comune e contro la vita e di diritti dei popoli latinoamericani, specialmente indigeni. Siamo inoltre in sintonia con il cammino di preparazione al Sinodo Panamazzonico. Con questa base pastorale si potranno elaborare strumenti per la formazione di agenti pastorali che possano diffondere l’idea chiave dell’ecologia integrale nei diversi Paesi”.

Sono due le grandi sottolineature che arrivano dalla lettera pastorale: in primo luogo, riprendendo la Laudato Si’, viene evidenziata l’opportunità di un approccio “integrale” alla custodia della Casa comune. In secondo luogo, i vescovi si lasciano interpellare dall’urgenza di un fenomeno che attraversa tutto il continente, con effetti definiti devastanti: l’attività estrattiva indiscriminata.

Un approccio integrale. La lettera, articolata in 144 paragrafi, parte dalla convinzione, come scrive nella presentazione il segretario generale del Celam, mons. Juan Espinoza, vescovo ausiliare di Morelia (Messico), “che non si conquisterà un autentico sviluppo se si attenta alla casa comune”. È perciò necessario guardare al creato con “uno sguardo d’amore” e “con uno sguardo integrale”, che “sappia integrare i vari aspetti”, che non si fermi al “verde”, cioè alla semplice difesa dell’ambiente naturale, per assumere “la policromia” della vita nei suo diversi aspetti.
Si legge nella parte introduttiva della lettera pastorale: “L’ecologia integrale sempre include l’essere umano e la sua dimensione spirituale”, e la crisi ecologica “rivela la gravità della crisi morale dell’uomo”, come già scrisse Giovanni Paolo II. I vescovi latinoamericani sottolineano che le questioni ambientali non possono essere trattate in maniera isolata o frammentata, piuttosto si tratta di “uno sguardo alla radice dell’esistenza umana”.

L’’ecologia integrale è, perciò, l’oggetto di una necessaria conversione: “La crisi ecologica è un appello a una profonda conversione interiore. Non trarremo alcun giovamento se il cambiamento di sistemi economici e di modelli di produzione non è il riflesso di un cambio di mentalità e coscienza, atteggiamento e cuore. L’evangelizzazione autentica si mostra in una conversione ecologica”.

I danni dell’attività estrattiva. Come accennato, la maggior parte del documento analizza la realtà dell’attività mineraria. “Desideriamo – si legge nel documento – discernere i segni del nostro tempo, tra i quali c’è l’avanzamento accelerato e su grande scala delle attività estrattive e delle industrie che da essa derivano, provocando un molteplice impatto nella vita e nella salute delle popolazioni vicine ai progetti e nell’ambiente di tutta la regione”.

I vescovi si dicono consapevoli dell’importanza storica che una corretta attività estrattiva ha rivestito per le economie di molti Stati. Al tempo stesso, mantengono “come priorità il criterio evangelico di mettere la persona umana al di sopra di qualunque fine economico”.

Ancora, scrivono i vescovi: “Facciamo nostre le preoccupazioni di sacerdoti, religiosi, laici e laiche di congregazioni, movimenti e diverse organizzazioni”, e “denunciamo le violazioni ai diritti umani, personali e collettivi, delle popolazioni indigene e originarie”, soprattutto nell’Amazzonia, portate avanti “da imprese che realizzano attività estrattiviste, sia agricole che forestali, minerarie ed energetiche”.

Parole forti ed eloquenti, che sono state subito rilanciate, in una nota congiunta, dalla Famiglia internazionale delle organizzazioni di giustizia sociale cattoliche (Cidse) insieme alla Rete latinoamericana Iglesias y Minería. Le due organizzazioni, che si sono impegnate a far conoscere la Lettera del Celam, considerano il documento ecclesiale “un grande contributo”, non solo perché è stata elaborata in forma molto partecipata, ma anche perché sarà uno “strumento prezioso per la formazione, la riflessione e l’azione delle comunità cristiane che lavorano nelle zone colpite da miniere e altre industrie estrattive”.

Bruno Desidera

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