Vocazioni e università: “comunità cristiana sia sempre più a servizio della cura delle relazioni e della crescita della persona”

“Nella complessità della nostra epoca contemporanea, è sempre più indispensabile leggere i segni di questi nostri tempi e mettere anche la nostra comunità cristiana sempre più a servizio non solo della cura delle relazioni, ma anche della promozione e della crescita della persona nella sua integralità”. 

Vocazioni e università: “comunità cristiana sia sempre più a servizio della cura delle relazioni e della crescita della persona”

Così Chiara Palazzini, ordinario di pedagogia e psicologia presso la Pontificia Università Lateranense (Pul) nel videointervento alla seconda giornata del convegno nazionale vocazioni e università, “Creare casa”, promosso a Roma dagli Uffici nazionali Cei per la pastorale delle vocazioni, e per l’educazione, la scuola e l’università (fino al 5 gennaio). “La comunità cristiana luogo di cura delle relazioni”, il tema sviluppato dalla docente, che questa mattina è intervenuta anche in presenza.
“Siamo esseri relazionali”, premette Palazzini sottolineando l’importanza di “costruire una relazione autentica” partendo “dal concetto di cura, quindi dall’aver cura anzitutto di sé” perché “non possiamo dare all’altro ciò che noi non abbiamo. Cura di sé significa stare in contatto con sé stessi, conoscere i propri limiti e prerogative, saperci lavorare, avere consapevolezza di come siamo e di come ci muoviamo nel mondo”, ma anche “preservare la propria vita interiore”. Soffermandosi sulla relazione educativa come obiettivo pedagogico, questa presuppone un ascolto attivo, ossia “un essere lì per l’altro con tutti noi stessi”. Importante “poter lavorare anche sull’aggressività latente che è in ciascuno di noi, e poter capire da dove arriva, come poterci lavorare e come poterla rendere socialmente accettata”. Nel riconoscere la possibilità di relazioni conflittuali, anche all’interno del mondo ecclesiale, la pedagogista avverte: “Invece di considerare il conflitto solo come una dimensione estremamente negativa, accogliamolo come una possibilità di confronto, di maggiore comprensione di sé stessi e dell’altro, e quindi come opportunità di cambiamento e di arricchimento”. Sottolineando che “al centro di tutto c’è sempre la persona”, Palazzini afferma: “Bisogna anche allenarsi a riconoscere le relazioni non sane, tossiche, che non cercano il bene dell’altro. Vediamo oggi quanto importante sia insegnare fin dalla primissima età alle giovani generazioni – ma anche agli adulti – quanto sia importante rispettare sé stessi e gli altri, comprendere che non si possono considerare leciti ogni desiderio ed ogni pulsione, che è importante avere consapevolezza del senso del limite e insegnare a saper elaborare la frustrazione, il no che l’altro ci può dire, rispettando la sua libertà come vogliamo venga rispettata la nostra”. Parola chiave per una relazione autentica è “empatia, che ci apre al mondo dell’altro, ci permette di entrarvi, di sentire e capire profondamente ciò che l’altro ci porta”.

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Fonte: Sir