Accoglienza invernale: un letto... e relazioni

Accoglienza invernale: alle parrocchie che si sono aperte ai senza dimora – Altichiero, Voltabarozzo e il Tempio della pace – si è aggiunta quest'anno San Benedetto.

Accoglienza invernale: un letto... e relazioni

Il freddo, la neve, l’emergenza Burian. Per chi si ritrova a vivere la dimensione della strada, nella sua angoscia e nella sua solitudine, l’inverno è la stagione più dura da affrontare. Da anni alcune parrocchie padovane si attrezzano per dare ospitalità notturna ai senza dimora nelle settimane più aspre dell’anno. Lo fanno con rispetto e nel silenzio, instaurando, dopo aver superato scorze e resistenze, rapporti profondi e solidali.

Al termine dell’ultima stagione invernale, è tempo di guardare indietro. La novità più recente è una new entry: dopo Altichiero, Voltabarozzo e il Tempio della Pace, una nuova parrocchia ha aperto le sue porte. Si tratta della centralissima San Benedetto, dell’unità pastorale della Cattedrale, il cuore – non solo geografico – della diocesi di Padova. «Ci è stato chiesto un posto per l’accoglienza invernale – spiega don Umberto Sordo, parroco moderatore dell’up – Avevamo alcuni spazi, già attrezzati qualche anno fa, nel patronato vecchio di san Benedetto. Li abbiamo messi volentieri a disposizione da fine gennaio fino al 15 marzo, accogliendo così sette persone». Anche la comunità ha fatto la sua parte, con volontari presenti la sera, per un saluto e per aprire gli spazi. Martedì 13 marzo volontari e ospiti si sono salutati con un momento di festa finale. «Quest’accoglienza – prosegue don Sordo – ci ha permesso di insistere su un valore ecclesiale cruciale: l’educazione alla carità per tutta la nostra gente. Noi continuiamo a dire che l’accoglienza è importante, il messaggio viene ripetuto spesso. Le intenzioni e le parole però non bastano, bisogna mostrare come si mettono a disposizione le risorse per la carità».

Prosegue con successo anche l’esperienza di Altichiero. «Ormai siamo rodati – confida Federico Segato – non ci sono stati disagi particolari, a parte quando qualche ospite che si è presentato senza i permessi rinnovati o quando un giorno, in emergenza, abbiamo dovuto accogliere una persona in più. Abbiamo però notato anche una straordinaria disponibilità degli altri ospiti: uno ha dormito sulla rete del letto con alcuni cartoni per prestare il materasso a chi dormiva per terra, pur di non lasciare un amico per strada». L’accoglienza ad Altichiero, riservata a quattro ospiti alla volta, si basa sull’apporto di trenta volontari: «Ci alterniamo per la chiusura mattutina e per l’apertura serale alle 7.30». A differenza degli scorsi anni, la comunità non è stata coinvolta con iniziative o momenti particolari, ma è anche il segno di una “normalizzazione” dell’esperienza: «Ormai la gente è abituata: si conoscono i volontari e si riconosce la positività e la concretezza di questo aiuto».

Dura fin dall’inizio degli anni Duemila l’accoglienza invernale dei senza fissa dimora a Voltabarozzo, ai confini del comune di Padova. Dodici i posti assegnati ogni notte per tre mesi e mezzo, da dicembre a metà marzo, per un totale di 1.260 notti sottratte alla rigidità della strada. «L’esperienza è coinvolgente e toccante – racconta il volontario Giuseppe Trivellin – e ci ha permesso di venire a contatto con una realtà difficile, spesso sconosciuta, alla quale non si pensa o la si immagina diversa, ma carica di una grande umanità». Tra gli ospiti gente di ogni età e di ogni provenienza: si va dai 18 ai 70 anni, per uomini dal Marocco, Nigeria, Senegal, dall’Europa dell’est. Non mancano però gli italiani: «Ogni anno molti ospiti vengono al centro di ascolto della Caritas parrocchiale per prendere vestiario o inserirsi nel servizio di ricerca di lavoro. Al di là dei tanti preconcetti, noi volontari abbiamo trovato gente disperata: c’è chi ha lasciato il suo paese per poter sfamare la famiglia rimasta in patria, ma anche chi lavorava senza problemi in Italia e con la crisi ha perso tutto. Ascoltare le loro storie ci ha fatto capire molto: di certo, più che dare abbiamo ricevuto».

Accoglienza «eccezionale» al Tempio della pace

«È un contributo eccezionale, in un momento eccezionale, in un luogo eccezionale e per persone eccezionali». Don Elia Ferro, parroco del Tempio della Pace, ribadisce in ogni modo l’”eccezionalità” dell’accoglienza invernale negli ambienti della sua parrocchia, crocevia di storie e di persone, a pochi passi dalla stazione, nella chiesa sorta in memoria dei caduti del primo conflitto mondiale. Di anno in anno, però, questo luogo si apre per ospitare chi non ha un tetto nelle settimane dei rigori invernali. «Sono una ventina le persone che sono passate da noi – racconta – si tratta di quelli che non passano per i “sistemi normali” né di Caritas, né dei centri d’ascolto e neppure del Comune. È su richiesta del Comune che noi mettiamo a disposizione la nostra accoglienza, e la parrocchia è ben contenta di essere disponibile. I gruppi che si fanno da parte per lasciare spazio a questa ospitalità sono comprensivi; non solo: danno una mano attiva».

La parrocchia apre le sue porte anche a chi opera nella carità: «È un momento di incontro: per le persone straniere, ai margini della società, che vengono per il tempo necessario, ma anche alle associazioni come la Comunità di Sant’Egidio, la Missione Belem e i cavalieri di Malta».

In contesto di “eccezionalità”, don Elia Ferro auspica che le persone che il Tempio della Pace ha aiutato nel mese di gennaio e, ancor più eccezionalmente, nei giorni della recrudescenza di Burian, trovino risposte non eccezionali: «Non sono molti, ma sono riconoscenti. Vivono in un limbo continuo, e meritano un po’ di attenzione, diversa da quella che viene di solito rivolta a chi già è ai margini. Forse meriterebbero che qualcuno riuscisse a raggiungerli, ascoltarli e orientarli».

Il ruolo di Caritas Padova: "Abbiamo tante strutture vuote che possono essere a disposizione, in una delle città italiane con più persone per strada"

«Quest’anno l’inverno è stato molto più rigido, ma abbiamo potuto contare anche su molti più posti rispetto agli anni scorsi». Sara Ferrari, di Caritas Padova, traccia un bilancio dell’accoglienza invernale 2017/2018 che si è conclusa a metà marzo. «Oltre a Voltabarozzo, con i suoi 13 posti, Altichiero, con quattro posti letto e la Gabelli, hanno aperto anche la Croce Rossa, con 18 posti letto, la parrocchia di San Benedetto e ovviamente il Tempio della Pace».

«Si è venuta a crare una bella sensibilità, che è nata e che è stata coltivata negli anni a livello cittadino, grazie alla disponibilità e all’apertura delle associazioni che hanno impiegato tutte le settimane unità di strada». Tra le ssociazioni coinvolte anche l’Ordine di Malta e la Croce Rossa. «Dobbiamo poi segnalare – continua Ferrari – come sia aumentata l’apertura da parte dell’amministrazione pubblica che non ha fatto mancare il suo contributo. L’emergenza freddo, infatti, doveva concudersi il 28 febbraio, ma è stata prorogata fino al 15 marzo nella maggior parte delle strutture per l’arrivo di Burian, che ha messo a dura prova le persone che abitano la strada».

L’accoglienza invernale mette assieme piccole storie di riscatto e di incontro. Tra queste, quelle di un ex profugo proveniente dal Corno d’Africa che ha prestato servizio come “pari” nell’accoglienza della parrocchia di San Benedetto: «Lì abbiamo scelto di far convogliare giovani dai 19 ai 25 anni, tutti regolari, provenienti proprio dal Corno d’Africa, che per cultura e provenienza fossero più simili al pari. Questi ragazzi con un permesso di soggiorno in mano e la speanza di un futuro migliore discutevano di temi d’attualità, di viaggio, di prospettive future, di fede, anche con alcuni volontari del vicariato della Cattedrale e del gruppo Emmanuele: con loro si sono vissuti momenti interessanti di confronto tra culture diverse».

Già si pensa al rinnovato impegno per il prossimo anno: «È un compito importante perché ce n’è bisogno. Abbiamo tante strutture vuote che possono essere messe a disposizione, in una delle città italiane con più persone per strada».

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