Adorazione eucaristica. Digiuno, una specie di ritorno al paradiso

In Quaresima la sapienza della Chiesa propone ai credenti la pratica del digiuno. Sarà forse un’anticaglia?

Adorazione eucaristica. Digiuno, una specie di ritorno al paradiso

In questi giorni in cui l’itinerario quaresimale muove i suoi primi passi, la sapienza della Chiesa propone ai credenti la pratica del digiuno. Sarà forse un’anticaglia, un retaggio di tradizioni che è meglio dimenticare? In una stagione in cui il modello offerto – soprattutto ai giovani – è quello del successo a ogni costo, dell’esibizione, dello sdoganamento di ogni tipo di trasgressione, ai cristiani viene chiesto il coraggio di testimoniare uno stile di vita libero dall’asservimento a idoli e miti illusori e fallaci.

È dentro a questa logica di libertà e di testimonianza che va inquadrata la pratica quaresimale del digiuno che, dice il Signore, deve essere fatto nel segreto, nell’umiltà, nel nascondimento. Perché digiunare? I Padri della Chiesa insegnavano che l’uomo è stato cacciato dal paradiso a causa della gola, per il desiderio di mangiare il frutto proibito. Il resto del paradiso in terra è il cuore umano, quando è abitato da pensieri puri e belli. Allora il digiuno è una specie di ritorno al paradiso, perché Dio torna a essere al centro della vita. Il digiuno purifica perché concentra l’attenzione del credente nel Signore e lo prepara a pregare e a riceverne i doni di Grazia. Sia chiaro: il cristiano non può dimenticare il corpo quando si concentra sul Signore, ma lo coinvolge, esprimendo sensibilmente ciò che sente e pensa. Chi per amore di Dio rinuncia al cibo, al fumo o a qualsiasi altra cosa è come se dicesse che per lui l’amore di Dio ha un valore superiore a qualsiasi altra attrattiva, superiore anche ai suoi istinti e prega con il corpo. Poiché il corpo che digiuna dimostra di essere spiritualizzato, nel senso che la libertà coinvolge l’istinto naturale e il corpo diventa il modo per manifestare il suo amore per Dio.

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