“Camminare accanto al malato”, aspetti di pastorale della salute nel Convegno diocesano del 25 novembre 2023

«Non fare le cose “per amore” ma “essendo l'amore”». È uno dei passaggi della relazione tenuta da don Giuseppe Scalvini, cappellano presso il policlinico di Milano, prete-infermiere, durante il Convegno diocesano di pastorale della salute tenutosi lo scorso 25 novembre presso Casa Madre Teresa di Calcutta a Sarmeola di Rubano, Padova, rivolto a religiosi e laici impegnati nell'ambito della salute, cappellani, ministri straordinari della comunione, volontari in ospedali e case di riposo.

“Camminare accanto al malato”, aspetti di pastorale della salute nel Convegno diocesano del 25 novembre 2023

Il convegno ha visto la presenza del Vescovo, Claudio Cipolla e del direttore dell’Ufficio per la pastorale della salute, don Giuseppe Cassandro. Padre Adriano Moro, vice direttore dell’Ufficio per la pastorale della salute ha moderato l’incontro.

Don Giuseppe Scalvini è stato invitato a portare la sua testimonianza di uomo di chiesa divenuto sacerdote dieci anni fa, e che da quasi trent’anni anni è anche infermiere.

Il roveto ardente, Esodo 3,1-15

«La malattia trasforma le persone in rovi e noi ci troviamo “obbligati” a entrare in relazione con loro, a differenza di quanti spesso fanno quando si trovano di fronte a un rovo: prendono le distanze.

Chi si occupa di pastorale della salute, invece, va verso queste persone perché scorge in loro una presenza che può trasformare quel rovo in un roveto ardente, vede Gesù nell'altro al di là delle condizioni in cui si trova, nella situazione spinosa in cui è».

Accompagnati e accompagnatori

«Nell'ambito della salute c'è l'incontro tra accompagnatori e accompagnati che fanno un cammino insieme, ma prima di mettersi in cammino, c'è sempre un incontro, uno “stare fermi” – ha continuato don Giuseppe – Chi si occupa di pastorale della salute è un chiamato da Dio, come lo è stato Mosè che è stato chiamato e inviato; ogni chiamato ha un compito e un destino che presuppone un sì. Dio interviene nella tua vita e la cambia chiedendoti di metterti in marcia per fare questo lavoro che la Chiesa ti ha affidato.
Si deve sempre ricordare che da accompagnatori si può diventare accompagnati. Gli accompagnati sono uomini e donne come noi, catapultati d'improvviso in un altro mondo, quello della malattia».

Camminare accanto e purificare continuamente il linguaggio

«Dobbiamo sempre ricordare che quando entriamo in contatto con una persona malata entriamo in una terra sacra, non siamo noi al centro ma l'altro. Dobbiamo ricordare che uomini e donne non sono la loro malattia e anche che ognuno di noi ha bisogno dell'altro. Noi per primi, infatti, siamo portatori di fragilità, dei feriti. Per questo dobbiamo camminare accanto all’altro e non guardandolo dall'alto.

Talvolta è necessario anche imparare a tacere, perché le parole dette in certi contesti possono ferire e allontanare da Dio anziché avvicinare. Per questo dobbiamo purificare continuamente il nostro linguaggio. È importante costruire ponti non solo con i cristiani o in quanto cristiani, ma con tutti gli uomini».

Le parole del vescovo Cipolla
«Il luoghi di cura sono spazi privilegiati dove essere in cammino e annunciare il Vangelo – è intervenuto il Vescovo Claudio Cipolla – Nel Sinodo della nostra Chiesa di Padova si sta parlando di ministeri battesimali, legati alla comunità e a cinque aspetti: la comunione, la carità, la liturgia, l'annuncio e la catechesi, la gestione economica.

Si stima che nel 2040 nelle 455 parrocchie della nostra Diocesi ci saranno solo cento preti sotto i 75 anni; per questo è importante costruire comunità che non vivano soltanto attorno alla figura del parroco.
In questo senso, uno spazio è riservato anche a coloro che si occupano di pastorale della salute, dobbiamo dedicare questo tempo per organizzare le comunità affinché si prendano cura dei malati, che è un servizio soprattutto di tipo relazionale.
La comunità deve vedere e avere orecchi per percepire chi sta male, chi è solo, chi comincia a piegarsi nel camminare. In una comunità cristiana nessuno dovrebbe sentirsi solo o trascurato nella malattia: in questo senso abbiamo un compito profetico».

Don Giuseppe Cassandro, direttore dell’Ufficio pastorale della Salute

«Dobbiamo tenere presenti alcuni punti: gli ammalati sono sì negli ospedali e nelle case di riposo ma sempre più sono nelle nostre case, nelle comunità; la cura degli ammalati era delegata fino a qualche decennio fa ai sacerdoti, oggi è invece la comunità cristiana a essere coinvolta. Infine, la pastorale della salute in passato è stata legata soprattutto ai sacramenti, oggi invece passa per tutta la persona.

Spesso chi si trova affetto da una malattia cronica si aspetta che qualcuno gli si ponga accanto con un'esperienza di fede, non solo con i sacramenti. Il cambiamento nella Chiesa non è mai concluso: stare accanto alle persone vuol dire camminare insieme. Il desiderio è quello di coinvolgere più operatori per poter dare risposta a un bisogno profondo».

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