Campagna Lupia, la visita pastorale del vescovo Claudio. «Comunità, siate Chiesa domestica»

Il vescovo Claudio ha incontrato, dal 17 al 27 febbraio, alcune comunità del vicariato di Campagna Lupia: Calcroci e Lughetto, Camponogara e Campoverardo, Premaore e Prozzolo

Campagna Lupia, la visita pastorale del vescovo Claudio. «Comunità, siate Chiesa domestica»

Una visita che ha avuto il sapore della semplicità, dove l’entusiasmo, la gioia e la curiosità hanno saputo creare un clima molto familiare, ben disposto all’ascolto e all’esporre dubbi e difficoltà. Dal 17 al 27 febbraio il vescovo Claudio ha incontrato alcune parrocchie del vicariato di Campagna Lupia: Calcroci e Lughetto, Camponogara e Campoverardo, Premaore e Prozzolo. «Vengo per fermarmi e per stare in mezzo a voi con i sentimenti di un figlio, di un fratello e di un padre. Così aveva scritto – raccontano i consigli pastorali di Calcroci e Lughetto – e così è stato. Il suo è un approccio molto semplice. Ha raccontato in più occasioni la sua esperienza di parroco e questo lo ha fatto sentire ancora più vicino a noi. Una visita proprio all’insegna della ferialità e della quotidianità, come aveva preannunciato. Uno stile che va poi replicato nelle nostre parrocchie».

Diverse le difficoltà, le domande emerse: i giovani, le famiglie e il cammino di iniziazione cristiana, la messa domenicale, ma anche l’identità parrocchiale, la carità e la responsabilità dei laici. «È stato sicuramente un momento di stimolo – dichiara don Andrea Zanchetta, parroco di Calcroci e Lughetto– ci ha fatto uscire dalla routine e questo non può che fare bene, perché ci ricorda che siamo Chiesa che cammina insieme a un pastore. Ci ha spronati all’accoglienza, all’importanza che ci siano cristiani che si ritrovano a celebrare insieme, mentre il parroco avrà sempre più un ruolo di coordinamento. La presenza dei laici, ormai lo abbiamo capito, è sempre più richiesta, anche se le novità destabilizzano. Bisogna imparare a non avere rimpianti per il passato, ma cogliere stimoli nuovi, essere creativi, metterci in cammino». Avere coraggio di fare proposte nuove, di osare, analizzare quello che non va e uscire dagli schemi della tradizione perché non si può tornare al passato, ma bisogna avere la capacità di mettersi in discussione e cercare soluzioni più calzanti per il tempo di oggi e il Sinodo, più volte richiamato nel corso degli incontri, può sicuramente dare impulsi in questo senso.

«Noi giovani – racconta Alice Gottardo, vicepresidente del consiglio pastorale a Premaore – abbiamo scoperto un vescovo dal volto amico, non distante ma vicino a noi, che comprende le nostre stanchezze, ma anche la gioia di alimentare la crescita dei ragazzi. Gli abbiamo chiesto come possiamo vivere la dimensione spirituale in un mondo che ti porta ad allontanarla: ognuno ha i suoi tempi, ha detto, una fiammella c’è sempre e va alimentata con la preghiera e l’aiuto. Non vergogniamoci di chiedere aiuto mettendo a nudo le nostre debolezze, che sono umane, normali. Sapere che anche lui ha avuto momenti di sconforto, ci ha dato molto conforto». Il vescovo ha invitato le comunità a diventare Chiesa domestica, che si fa pane e si spezza e va condivisa con chi magari ha paura di uscire, con chi è un po’ più lontano o ai margini, come gli anziani o chi si è allontanato dalla vita parrocchiale. «Per fare comunità – sottolinea Monica Gazzetto, vicepresidente del consiglio pastorale di Campoverardo – bisogna esserci e stare. Sono due parole chiave: vivere la comunità con la presenza fisica, dare un segnale concreto, ma genuino. Rimanere certo ancorati alle nostre radici, ma fare anche dei rami nuovi, togliendo ciò che alle volte rischia di chiudere anziché aprire e accogliere». «Un aspetto molto interessante che è emerso – conclude don Simone Bottin, parroco di Premaore e Prozzolo – è quello della carità: le singole comunità parrocchiali non delegano, ma in prima persona si prendono cura dei più deboli e in questo i laici diventano sempre più protagonisti, anche nella lettura del quadro sociale del nostro territorio. Dal vescovo è giunto, poi, un altro spunto interessante: dobbiamo imparare a gustare la bellezza dello stare insieme. Come in un pellegrinaggio: chi parte da più lontano se lo gusta di più, ma può arrivare alla meta anche chi fa meno chilometri. E poi dobbiamo imparare a gustare maggiormente la bellezza della fede cristiana».

Gruppi di parrocchie: come camminare?

«Il vescovo Claudio, nell’omelia di chiusura della visita, ha toccato le corde giuste – evidenzia don Alberto Peron, parroco di Camponogara e Campoverardo – La comunità, ha spiegato, è chiamata a custodire e a far crescere la terra e i suoi abitanti, prendersi cura delle persone al di là di appartenenze e frequenza. Una domanda poi è risuonata in più occasioni: come iniziare un cammino per questo gruppo di parrocchie?». L’invito del vescovo è quello di mantenere l’identità di ciascuna parrocchia, perché la fusione può essere pericolosa e quasi una sconfitta per la Chiesa, trovare invece dei punti comuni di collaborazione e condivisione. «Se vogliamo che ci siano sempre più laici responsabili – conclude don Peron – è necessario che siano sempre più qualificati e formati, lasciando spazio ai carismi. Ora dobbiamo ritrovarsi con i consigli pastorali per fare sintesi a livello parrocchiale e poi tutti insieme per avere una traccia di cammino comune».

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