Celebrata anche a Padova la veglia di preghiera in occasione della Giornata Internazionale contro l'omobitransfobia

«Sogno una Chiesa con un cuore di madre, dove nessuno è giudicato e ognuno di sente accolto». È questo un passaggio della preghiera conclusiva della veglia, che – venerdì 19 maggio in serata – si è tenuta nella chiesa di Santa Sofia, a Padova, in occasione della Giornata internazionale contro l'omobitransfobia (celebrata il 17 maggio). Hanno promosso il momento di preghiera – presieduto da don Gabriele Pipinato – tre realtà padovane: Gruppo Emmanuele, Gruppo Il Mandorlo e Gruppo genitori con figli LGBT+.

Celebrata anche a Padova la veglia di preghiera in occasione della Giornata Internazionale contro l'omobitransfobia

Già da qualche anno le città di Mestre, Vicenza e Padova si ritrovano in occasione della Giornata internazionale contro l'omobitransfobia; quest'anno, in cui ha aderito anche Treviso, c'è una particolarità: il momento di preghiera si è tenuto in contemporanea.

«Con l'obiettivo di trasmettere con più forza e intensità – si legge nel libretto che accompagna la veglia – questo messaggio d'amore verso una minoranza rimasta ferita negli anni e che tuttora sta soffrendo. In questa serata vogliamo ricordare tutte le vittime di omobitransfobia».

La data del 17 maggio è legata a ciò che è avvenuto 33 anni fa: l'Organizzazione mondiale della sanità ha cancellato definitivamente l'omosessualità dall'elenco delle malattie mentali. Già nel 1973 l'America aveva fatto questo passo, ma solo 17 anni dopo l'Oms ha preso questa decisione a livello mondiale. «E sebbene siano passati 33 anni da quella data storica – si legge nel libretto della veglia – ancora oggi nel mondo molte persone della comunità LGBTQIA+ vengono discriminate per il loro orientamento sessuale e/o identità di genere».

La veglia, a cui ha partecipato un nutrito numero di persone, ha preso come riferimento un versetto del Vangelo di Matteo: «Chi accoglie voi accoglie me» (10, 40). «Parole così semplici, ma allo stesso tempo complesse – è stato sottolineato nell'introduzione al momento di preghiera – Semplici da ascoltare, complesse da applicare. Sì, perché spesso noi cristiani abbiamo la tendenza a credere di avere la verità in mano su tutto e che chi ha una vita diversa dalla nostra sia qualcuno da escludere. E pensiamo che questa sensazione di esclusione dentro la Chiesa molte persone della comunità LGBTQIA+ l'abbiano provata».

L'ascolto di alcune esperienze – tra cui quella di due genitori, Maria Grassi e Agostino Usai, che hanno scritto una lettera a papa Francesco e un "frammento" del documento del Sinodo cattolico tedesco sulla benedizione delle unioni omosessuali – è stato accompagnato da tre domande, affidate ai partecipanti alla veglia: come mi sono posto finora nell'accoglienza delle persone della comunità LGBTQIA+? Che cos'è che mi blocca nel tendere la mano a persone che vivono le relazioni affettive in maniera diversa dalla mia? Posso migliorarmi in futuro nell'accoglienza e prodigarmi all'ascolto senza pregiudizi? Nel commentare il "cuore" della veglia – il brano del Vangelo di Matteo da cui è stato preso il versetto scelto come "titolo" dell'appuntamento: «Chi accoglie voi accoglie me» – don Gabriele Pipinato, riferendosi anche alla "Lettera a Pipetta" di don Lorenzo Milani, di cui il 27 maggio si ricorda il centenario della nascita – ha sottolineato come a evangelizzare siano i piccoli, i poveri.

«Anche noi possiamo avere il privilegio di evangelizzare se diventiamo piccoli. Non siamo qui oggi per fare una crociata, ma come cristiani che accettano la missione. E la missione, ce lo ricorda il Vangelo di Matteo, chiede che siamo prima di tutto noi a cambiare».Chi ha vissuto la veglia, ha avuto davanti agli occhi un "quadro": l'icona dell'Emmanuele, il Dio con noi, e una sedia vuota con sopra una bandiera arcobaleno.

«È il simbolo dell'assenza/mancanza – ha spiegato uno dei membri del Gruppo Emmanuele – di chi non è riuscito ad accettare come la società lo trattava. Ci ricorda chi ha lasciato questa vita, ma anche chi ha lasciato la Chiesa. Questa sedia vuota ci parla del rifiuto di chi doveva essere madre».

In conclusione, don Pipinato si è rivolto – in particolare – alle persone che fanno parte dei gruppi Emmanuele, Il Mandorlo e Genitori con figli LGBT+: «Noi stiamo diventando quello che siamo chiamati a essere: missionari. Stiamo diventando sensibili alle sofferenze altrui. Mi accorgo che stiamo maturando come gruppi. E non perché il mondo LGBT+ è discriminato, ma perché stiamo imparando a metterci a servizio di tutte le discriminazioni. Stiamo diventando sensibili per riconoscerle e poterle accompagnare».

Anche nelle Chiese metodiste, valdesi e battiste – tra cui quella di Padova, in corso Milano 5 – domenica 21 maggio durante il culto delle ore 11 si riflette sul versetto del Vangelo di Matteo e sul tema dell'omotransfobia.

«Sogno una Chiesa senza discriminazioni e con la porta sempre aperta, dove gli esclusi trovano casa e ognuno si sente amato per quello che è».

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)