Cosa c’entra la Veglia pasquale con gli after-hours? L'ultima pubblicazione di don Gianandrea Di Donna

Lo spiega don Gianandrea Di Donna nella sua ultima pubblicazione

Cosa c’entra la Veglia pasquale con gli after-hours? L'ultima pubblicazione di don Gianandrea Di Donna

Si può parlare dei simboli nella liturgia avendo come analogato il primo bacio di due innamorati (questo fa Gianandrea Di Donna, nel volumetto La Veglia Pasquale e gli after-hours. Considerazioni sul rito cristiano da poco uscito per i tipi di Valore Italiano, a pag. 36-37)? Sì, se la liturgia è vista come vita, se «il celebrare è actio, non gnosi e occasione moralizzatrice».

Il libro, dedicato a mons. Antonio Pedron, decano del clero padovano – 75 anni di sacerdozio – e canonico penitenziere ancora attivo, è soprattutto un’esplorazione del mistero pasquale. Di Donna scopre la Pasqua nel rito della lavanda dei piedi, nel grembo di Maria, nella vita pubblica di Gesù di Nazareth, nella pagina delle beatitudini, nell’ascensione. Rispondendo con grande radicalità e coraggio alle domande capitali della fede cristiana: sulla promessa della vita eterna, sul senso della preghiera, sull’enigma del male. È anche una sintesi efficacissima della teologia della liturgia. Si parte dal “sacrificio di Abramo”, dove il patriarca immola la propria ragione. E poi l’ephapax della Lettera agli Ebrei, che dice l’efficacia eterna del sacrificio pasquale, a cui ogni celebrazione liturgica è riportata. Fino al fondamentale n. 7 della Sacrosanctum Concilium, che spiega il soggetto agente nella liturgia, il Cristo stesso nell’atto di offrirsi al Padre sulla croce. La costituzione del Vaticano II afferma anche l’importanza notevole del tratto umano: la liturgia vive di “segni a dinamica simbolica”. La bellezza che esce dalle mani dell’uomo esprime la presenza e l’agire di Dio. In queste pagine risalta il Di Donna professore innamorato: c’è sì l’esperto che sa spiegare con competenza storica e dottrinale passaggi difficili e interpretazioni originali, ma soprattutto c’è l’appassionato, l’entusiasta che vive quello che spiega, che ne fa esplosione di vita, che cerca verbi e aggettivi in sequenza per attingere al “mistero”. E così, spesso, lo stile sfiora la poesia. È certamente un’opera per palati raffinati, scelti: l’abbondanza di rimandi scritturistici e patristici, i confronti culturali danno il piacere e il gusto di scorrere di pagina in pagina, con la ricorrente scommessa interiore – spirituale prima che erudita – di pescare il riferimento biblico, il collegamento liturgico, l’aggancio esistenziale.

Non mancano posizioni nette, magari interpretabili come intransigenti o esagerate («a messa non si va ad ascoltare una riflessione, per essereì rincuorati a proposito di valori umani, civili, relazionali. Si va per bruciare». E ancora: «Quando si celebra, si entra dentro una silenziosa tempesta. Di un amato, di un amante, che è Dio»): a proposito dell’unica messa della domenica, della simbologia eucaristica, del cosiddetto “precetto domenicale”. Colpiscono certe spiegazioni lapidarie, quasi fulminanti. Come a proposito dei segni di omaggio al Vangelo durante la celebrazione eucaristica: «Il Vangelo lo baci perché è lui. Lo incensi perché è il Vivente. Lo illumini perché è il Risorto. Lo canti perché sei impazzito d’amore».

Così pure affermazioni provocatorie o comunque spiazzanti, forse con qualche bersaglio polemico, a volte: «Non riceviamo il Corpo e il Sangue di Cristo “per avere Gesù nel cuore”... La formula stucchevole “Gesù nel mio cuore” è quanto di meno cattolico ci sia». Ce n’è per tutti, insomma, volando ben alto sopra le rubriche che per alcuni sono ancora il centro della liturgia. Magari a te, lettore, potrebbe sembrare “troppo”: le concatenazioni del pensiero esigenti, le immagini ardite, l’evocazione biblica quasi “sproporzionata”. Però è quello che vorresti anche tu gustare, o almeno percepire, e – per chi è ministro dei sacramenti – far apprezzare, o solo intuire, a chi hai davanti, assemblea liturgica di “fedeli” capitati in chiesa per abitudine o per circostanza particolare (battesimo, funerale…). Un’ultima parola sul titolo, intrigante davvero: cosa c’entrano gli after hours con la veglia pasquale? C’entrano perché il profondo ragionare di questo libro vuole essere vita: «La Veglia è un attardarsi con chi si ama, come fanno i ragazzi, quando preferiscono rimanere fuori fino all’alba insieme agli amici... Non è poi così lontana dalla logica degli after-hours... L’uomo sfida il tempo, lo perde nelle cose che lo ricreano, quando lo straordinario irrompe nell’ordinario e ci trasforma. L’amore non ha l’orologio in mano».

Umile suggerimento finale: un prossimo libro su “Cinquanta punti difficili nella liturgia” (o anche trenta, come inizio...). Per capirla e gustarla meglio, davvero fede fatta rito, per non sprecare tanta grazia che la Chiesa pone davanti. La didattica a servizio dell’amore. Il volume La Veglia Pasquale e gli after-hours. Considerazioni sul rito cristiano di don Gianandrea Di Donna (pag 96, Valore Italiano editore è disponibile nella versione cartacea e nella versione e-book. Informazioni: valoreitaliano.com

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