Cucine popolari e volontariato d'impresa. L’altro è palestra di vita

Volontariato d’impresa Il progetto ha coinvolto molte aziende. Previsti incontri su comunicazione e gestione del conflitto oltre che sul volontariato vero e proprio

Cucine popolari e volontariato d'impresa. L’altro è palestra di vita

Da quanto è stata presentata in Camera di Commercio, la proposta di un percorso di volontariato d’impresa alle Cucine economiche popolari ha suscitato un interesse sempre crescente da parte delle aziende. L’idea è venuta a suor Albina Zandonà, responsabile delle Cucine, che per realizzarla ha interpellato il formatore Simone Tommasini, conosciuto anni fa in una comunità educativa per minori. Tommasini, che ora si occupa di formazione manageriale, ha risposto senza esitazione, proponendo una serie di incontri sulla comunicazione e la gestione del conflitto con i referenti del progetto, per fornire le coordinate di un percorso che si voleva gestibile in toto dalle Cep. «L’idea non è che le Cucine si mettano in cattedra, ma che portino la loro esperienza, sulla quale confrontarsi e dare una chiave di lettura – precisa Simone Tommasini – Il tema della comunicazione è diventato centrale in tutto il mondo del lavoro, che è sempre più complesso, e le aziende sono sempre più consapevoli del bisogno di formazione». Il percorso funziona così. È modulabile da una a quattro giornate e ogni giornata si svolge in quattro passi. Nel primo le persone vengono accolte e si spiega cosa sono le Cucine popolari; nella seconda fase il facilitatore introduce il tema del conflitto, con l’ausilio di interviste o video, quindi viene descritto il caso di studio e consegnata una scheda con alcune domande per la riflessione. Le risposte poi vengono condivise. «Il terzo passo – prosegue Tommasini – consiste nel servizio di volontariato vero e proprio: arrivano gli ospiti ed è una grande palestra di relazione, perché rapportarsi con la diversità è un’importante fonte di apprendimento. La quarta fase è quella di debriefing e condivisione. Ci si confronta su cosa ha insegnato a ciascuno la giornata e come questo può essere trasferibile nel proprio lavoro. E si chiude il cerchio». Stefano Panontin, al terzo dei quattro giorni di formazione, sottolinea che «qui si ribalta la prospettiva. Lavori con le persone più disagiate e sei tu al loro servizio. Prima pensavo di incontrare una persona che ha bisogno, ora in lei vedo solo una persona». Panontin è il titolare della Quaser, azienda del Pordenonese che conta un’ottantina di dipendenti di diverse provenienze geografiche. «Più passa il tempo e più mi trovo a mio agio sia con i volontari che servono a tavola come me sia con gli ospiti. Capisco che molti di loro hanno semplicemente bisogno di scambiare qualche parola e per la maggior parte sono molto gentili». Anche la sua collaboratrice Cinzia Boscariol sottolinea la gentilezza: «Spesso le persone ti ringraziano per quello che gli stai dando. Certo c’è qualcuno un po’ particolare, situazioni in cui è meglio “stare in ascolto”. Ma ci sono anche ospiti che ti danno di più degli altri. Trovo che il nostro modo di accogliere le persone faccia veramente la differenza, qui come a casa. E in azienda. Quando vivo determinate situazioni in questo contesto mi viene spontaneo associarle a quello che succede nel mio ambiente di lavoro». Giuseppe Gentile, il facilitatore formato da Simone Tommasini, sottolinea il ruolo importante del cibo tra le differenze del contesto: «Stare in sala da pranzo ti dà anche la possibilità di scambiare due parole in una situazione di tranquillità – osserva – Si dice che in Italia le decisioni si prendano a tavola. Se hai un problema con qualcuno gli dici: andiamoci a prendere qualcosa…». Stefano Panontin concorda: «Giuseppe ha toccato temi profondi e importanti. Le persone fanno fatica a dialogare. Bisogna imparare a trasmettere idee e sensazioni, ad abbassare i toni. E tentare di immedesimarsi sempre nella persona con cui parliamo». «E questo esercizio – conclude Boscariol – alle Cucine popolari lo si fa».

Il progetto

Le Cucine economiche popolari rappresentano una palestra ideale dove sperimentare tecniche innovative di comunicazione, condivisione, gestione del conflitto: soft skills sempre più ricercate dalle aziende di piccole e grandi dimensioni, che hanno accolto quindi con interesse fin dal principio l’esperienza di volontariato d’impresa proposta dalle Cucine. Il progetto, già avviato in fase sperimentale, è stato presentato lo scorso gennaio in un convegno organizzato in collaborazione con la Camera di Commercio di Padova, che ha ospitato l’incontro, il quinto nel calendario degli eventi organizzati per i 140 anni delle Cucine. In questi mesi si sono alternate alle Cep diverse aziende, per percorsi formativi in quattro tappe formulati in una o più giornate, sempre in piccoli gruppi. La prima fase si sta concludendo e, visto l’interesse che ha suscitato, la proposta sarà ripresa quasi certamente a settembre.

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