Della novità della Pasqua non ci si può stancare

La liturgia è celebrazione della vita che trionfa sulla morte, della luce che libera dalla tenebra, del Creatore che rivolge la sua attenzione a ogni creatura... L’angoscia di verificare che la ritualità, oggi, sia “viva” è con questa Verità che deve misurarsi

Della novità della Pasqua non ci si può stancare

Non sono pochi i decenni trascorsi da quando la Chiesa ha impugnato la questione della liturgia, consegnando a vescovi, presbiteri e laici, con la Sacrosanctum Concilium, una riflessione mirabile. È necessario però chiedersi se la prima costituzione del Concilio Vaticano II sia stata compresa e interpretata in modo maturo e grato. Ribadendo chi è il Sacerdote del culto cristiano – il Signore crocifisso e risorto – i Padri conciliari intendevano proteggere la liturgia dalla deriva dei punti di vista e dalla precarietà delle mode. La riforma guardava ai primi secoli della cristianità, quando il celebrante era rivolto verso il popolo perché stava contemplando la luce del mattino che entrava dal portale della basilica, posto a Oriente. E tutti, nel momento luminosissimo della “consacrazione”, si giravano verso lo spettacolo di un cielo che diceva la gloria del Risorto, il suo indispensabile, incomprensibile amore. La liturgia è celebrazione della vita che trionfa sulla morte, della luce che libera dalla tenebra, del Creatore dell’universo che rivolge la sua attenzione a ogni creatura, dell’unica salvezza, e la nostra angoscia di verificare che la ritualità, oggi, sia “viva” è con questa verità (con questa Verità, dovremmo dire) che deve misurarsi. Quanto più sarà labile il nesso con la “tremenda” grandezza del mistero pasquale, tanto più la liturgia sarà incapace di rispondere al grido, esplicito o implicito, dell’umanità. Il Concilio Vaticano II provava a insegnare che per parlare ai cuori occorre celebrare “da adulti” il mistero di Cristo, senza temere che ci si possa stancare della novità della Pasqua, davanti alla quale ogni futuro è già vecchio. L’ordinario è la nostra spaventosa fragilità: questo continuo doverci confrontare con l’ingiustizia, il dolore, la fatica, la meschinità, i mille agguati del male da cui strappiamo un po’ di ottimismo, un po’ di ossigeno, un po’ di stupore, qualche progetto per il bene. Ma “senza la Carità non sono nulla”.

La carne di Cristo è un corpo che dà vita

«Ora fa’ attenzione se sia più eccellente il pane degli angeli mangiato dagli Ebrei nel deserto o la carne di Cristo la quale è indubbiamente un corpo che dà la vita. Quella manna veniva dal cielo, questo corpo è al di sopra del cielo. Quella era del cielo, questo del Signore dei cieli. Quella, se si conservava per il giorno seguente, si guastava. Questo è alieno da ogni corruzione. Chiunque lo gusta con sacra riverenza non potrà soggiacere alla corruzione» (Sant’Ambrogio)

Anna Valerio

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)