E se leggessimo Eva “fuori dalle righe”?

Approfondisce la figura di Eva nei primi tre capitoli della Genesi, l’intervento di Cristina Simonelli, teologa, di venerdì 19 maggio alle 21 nella Sala del Capitolo del Carmine a Padova.

E se leggessimo Eva “fuori dalle righe”?

Il titolo scelto – “Tutte le opere del Signore sono buone. Eva, dentro e fuori dalle righe” – ben anticipa il cuore della sua relazione: una lettura della prima donna della Storia, all’interno dei versetti del racconto biblico, ma anche fuori da esso, lungo le diverse tradizioni secolari. «Il terzo capitolo di Genesi, strettamente legato ai primi due, rappresenta l’inizio di una serie di fratture – spiega Cristina Simonelli – Troviamo il momento della trasgressione (l’aver mangiato del frutto proibito) e una sorta di colpa che, di fronte a Dio, Adamo ed Eva riversano l’uno sull’altra. È il momento del passaggio dall’inconsapevolezza alla Storia. Noi tutti viviamo tra una benedizione, ricevuta e possibile, e molte fratture, a più livelli, proprio come avviene tra la coppia e Dio e, ugualmente, dal terzo capitolo in poi: nell’omicidio fraterno, nella vendetta moltiplicata “sette volte sette”, nella grande frattura geopolitica di Babele». Simonelli, socia del Coordinamento teologhe Italiane dalla sua fondazione (lo ha coordinato come presidente dal 2013 al 2021), autrice di numerosi libri tra cui Eva, la prima donna - Storia e storie, (Il Mulino, 2021), è reduce da un incontro a Praga in qualità di presidente di un gruppo europeo di pastorale Rom, ambito che conosce bene poiché ha vissuto per più di trent’anni in un campo rom, esercitando, come dice lei, una «pastorale di presenza», esperienza a cui deve «la passione per le differenze». Secondo la teologa ciascuno di noi è una benedizione all’occhio di Dio e il tempo del Paradiso originario non è un tempo dell’oro perduto, ma una promessa, secondo quanto profetato. «L’armonia che c’era inizialmente è per tutti dono e promessa, ma anche compito, come lo è quello di colmare la frattura tra donna e uomo. Nei miei studi mi sono soffermata sulla figura di Eva: le pagine bibliche su di lei chiedono di essere continuamente rilette, così come le letture che hanno accompagnano nel tempo questa figura. A cominciare dal nome, Eva, che in realtà non esiste; Adamo, allo stesso modo, è un nome dato successivamente, deriva infatti da adam che significa “tratto dalla terra, il terroso”. L’etimologia del nome Eva non è così chiara e, nel racconto biblico, questa donna non ha da subito un nome». L’appellativo di Eva compare infatti solo al capitolo 3 della Genesi, versetto 20, dopo che i due (Adamo e «la donna») escono dal Paradiso: «L’uomo chiamò sua moglie Eva, perché ella fu la madre di tutti i viventi». «Il nome non esiste, la parola che viene traslitterata, secondo il suono non secondo la traduzione, vuol dire “vita”, come si riscontra nelle antiche traduzioni greche - prosegue la studiosa – Con san Girolamo poi viene chiamata Virago perché “da vir è stata tolta”, poi Eva, radice della vita. Nella successiva tradizione cristiana, inoltre, l’essere derivata dall’uomo, per seconda, pone Eva in uno stato di inferiorità. Credo, invece, che la rilettura possa essere un’altra: se pensiamo che Dio ha realizzato la creazione dal basso verso l’alto, da creature cioè “inferiori” a “superiori”, Eva assume tutt’altro rilievo perché è l’ultima a essere formata. Nella Genesi c’è scritto che Dio crea un essere che sia d’aiuto ad Abramo, in realtà significa che gli sia all’altezza, gli stia di fronte. Adamo, infine, solo quando vede lei, parla per la prima volta». La lettura, dunque, può essere “fuori dalle righe”, considerando diverse angolature relative alla traduzione ma anche all’interpretazione. «In epoche successive arriviamo a leggere altro, perché le convinzioni del tempo vengono sempre proiettate sul testo. Tertulliano, per esempio, nel 2° secolo usa il nome di Eva in modo denigratorio così come avviene oggi, in cui viene usato per gli epiteti più negativi. In realtà ci sono filoni di lettura cristiani e artistici che pongono Eva su un altro piano, basti pensare alla Cappella Sistina o al Duomo di Monreale dove Adamo dorme, mentre Eva che esce dal suo fianco incrocia il suo sguardo con quello di Dio». Su Eva pesa poi, da sempre, anche il tarlo della colpa, della trasgressione. «L’azione di questa donna però può essere letta come il passaggio da un’infanzia inconsapevole alla nostra storia, alla conoscenza della differenza tra bene e male, a un desiderio di sapere che porta con sé anche il peso della responsabilità e della coscienza. Dio, quando sembra proibire di mangiare dell’albero, può voler dire: “Potete mangiare tutto, ma non il tutto”, inteso come necessità di apprendere il senso del limite, tema tra l’altro molto attuale rispetto a un Creato che stiamo distruggendo e alla tecnica che ha sempre più la supremazia sulla fraternità. Più in generale, ogni lettura unilaterale delle pagine bibliche, anche questo “rovesciamento” di modelli antichi che ho esposto, rischia di essere banale: la Bibbia non è ferma, ci dice sempre qualcosa di nuovo».

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