Festival biblico. Fratelli e sorelle: ne siamo ancora capaci? Dal 25 al 27 giugno a Padova

Festival biblico. Dopo un “assaggio” in provincia, nel primo weekend di giugno, ora sbarca a Padova dal 25 al 27 giugno (con un anticipo il 24). La 17a edizione, nona per la nostra Diocesi, ha come tema “Siete tutti fratelli”

Festival biblico. Fratelli e sorelle: ne siamo ancora capaci? Dal 25 al 27 giugno a Padova

Rileggere la contemporaneità tramite le Sacre Scritture: questo l’obiettivo primario del Festival biblico, giunto alla sua 17a edizione, la nona per la Diocesi di Padova. «Senza alcuna finalità confessionale – spiega Roberta Rocelli, direttrice generale della manifestazione – ma assumendo le Scritture come codice culturale, perché riteniamo abbiano qualcosa da dire rispetto alla realtà attuale che stiamo vivendo e che rimane complessa. In questa edizione ci sembrava quanto mai opportuno mettere al centro il tema della fratellanza e del suo ambito più prossimo, quello della fraternità, perché è il tema rilevante dell’adesso, quello in cui abbiamo bisogno di chiederci come stiamo, come staremo, se siamo ancora capaci di essere fratelli e sorelle, in che termini, quali rancori, quali aggressività, difficoltà e quali bisogni di guarigione, di ritrovarsi, di pace, di leggerezza abbiamo».

Il titolo del festival riprende il Vangelo di Matteo, “Siete tutti fratelli (23, 8)”, e richiama il tema della fratellanza universale, ma anche quelli della fraternità e dell’amicizia sociale, perni dell’enciclica Fratelli tutti di papa Francesco. Tematiche che si ritrovano nella Bibbia, pagine non facili e scontate, storie di fratellanza che nascono anche da scontri e lotte, uccisioni. Tanti e diversi i linguaggi in cui si cerca di dar voce al tema: la danza, la musica, il dialogo, l’arte, ma anche il cinema, il linguaggio biblico e quello giuridico, sociologico, geopolitico. «Tanti stili che declinano la Parola di Dio – spiega don Giorgio Bezze, direttore dell’ufficio diocesano di Pastorale della cultura e dell’università – Una varietà pensata perché la Parola venga compresa e non sia considerata solo studio per esperti, ma sia “gustabile” e non lontana».

Fraternità tra diritto e sociologia

Un calendario denso di incontri ed eventi che si svolgono a Padova dal 25 al 27 giugno, con un anticipo giovedì 24 e un weekend fuori città – a Candiana, Monselice e Fiesso d’Articolo – già vissuto dall’11 al 13 giugno. Fra gli appuntamenti – sabato 26 alle ore 11 nella sala San Luca dell’abbazia di Santa Giustina – Silvia Cataldi, docente di sociologia e coordinatrice di Social One, e Filippo Pizzolato, docente di diritto pubblico internazionale, moderati da Tiziano Vecchiato, presidente di Fondazione Zancan, dialogano su “Le differenze che si illuminano”: il linguaggio della sociologia e quello del diritto per affrontare il tema della fraternità come via di rinnovamento sociale. «Si parte da una idea di differenze da eliminare, conflittuale – chiarisce Vecchiato – per arrivare alle differenze che invece si aiutano a vicenda. Non è solo una via di salvezza, “siamo fratelli, vogliamoci bene”, ma se autentica è anche un modo per rinnovare la socialità, renderla migliore, trasformarla».

Un dialogo che nasce da un percorso di ricerca della Fondazione Zancan, che si è svolto tra 2020 e 2021, sulla costruzione della Carta dei valori, cui hanno contribuito Filippo Pizzolato sui percorsi costituzionali della fraternità come guida a una fraternità più democratica e Silvia Cataldi, che si interroga su come promuovere, realizzare, capire meglio il potenziale dell’amore sociale. «Il mio punto di vista – sostiene Pizzolato – è quello di mostrare come la nostra Costituzione parta da una idea di popolo in cui i cittadini sono riconosciuti uguali, ma a partire dalle differenze. L’uguaglianza come concerto delle differenze: la costituzione infatti accoglie l’idea di cittadini uguali, ma non nel senso di livellamento che annulla le differenze, ma anzi valorizzando questa ricchezza. I cittadini sono indicati anche come lavoratori, a rendere l’idea che la democrazia si fonda sul lavoro, sull’apporto che ciascuno con la sua vocazione, le sue capacità può dare alla costruzione della convivenza. Questo tempo di pandemia ci ha fatto vedere che le grandi sfide collettive non possono essere vinte solo con comandi del potere, ma chiedono una corresponsabilità individuale, cioè l’adozione di comportamenti ispirati al senso civico da parte dei cittadini. Ciascuno è risorsa fondamentale per la democrazia».

La fraternità a lungo è stata considerata solo una questione morale o religiosa, ora emerge sempre più la rilevanza giuridica. «Perché il diritto – continua il docente – è organizzazione della convivenza e quanto nella nostra convivenza pesano risorse fondamentali come reciprocità, amore, senso di responsabilità? Il diritto deve stabilire una alleanza con la condotta fraterna, non può disinteressarsi, deve promuoverla e incoraggiarla, in alcun casi anche esigerla. Il diritto è una scienza pratica, si pone un problema di organizzazione della convivenza».

E dal punto di vista sociologico? La fratellanza che significato ha? «Le società di oggi sono plurali perché basate sulla diversità – spiega Silvia Cataldi – ma questo fa oggi anche paura; e così possono nascere nuovi muri, esclusioni e identitarismi. La tolleranza non basta, è necessario e urgente un legame sociale nuovo. Alain Caillè, sociologo francese, sostiene che “la fraternità oggi è plurale”. Mentre in passato la fratellanza era solo tra simili, consanguinei, in una classe, in un gruppo o solo maschile, oggi richiede un legame che non appiattisce, che non è tra soggetti simili, che non crea logiche di in-group e out-group, né è tra soggetti passivi, ma “agentici” e protagonisti. In questo senso il patto propone una solidarietà nuova, che ha radici in un’idea di universalismo pluriversale. Solo così è possibile considerare la convivenza come arte del vivere insieme tra diversi».

La pandemia accomuna poi ambito giuridico e sociologico, perché in entrambi si parla di interdipendenza: ciò che succede da una parte del mondo ci coinvolge tutti. «Per questo è necessario un nuovo approccio ai problemi – continua Cataldi – che rispecchi sempre di più la complessità che deriva dall’interdipendenza. Deve riconoscere il protagonismo delle persone e delle comunità locali per affrontare problemi globali; ma deve anche riconoscere che solo attraverso un lavoro interdisciplinare possiamo tentare di dare risposte».

Fraternità sofferta

È invece un’esperienza di fratellanza sofferta quella che emerge dai racconti diretti di Pietro Bartòlo, medico di Lampedusa che al Festival biblico – sabato 26 alle ore 20 nella multisala Pio X (via Bonporti) – sarà presente con il regista Maurizio Zaccaro per la proiezione del film Nour sul tema della migrazione, tratto dal libro autobiografico Lacrime di sale scritto con Lidia Tilotta. «Mi sono battuto da sempre per la fraternità – racconta il medico, ora europarlamentare – Mi occupo del fenomeno della migrazione da medico, uomo, volontario. Stiamo parlando di persone, di esseri umani, di donne, uomini, bambini, non di numeri e non è giusto che debbano morire in quel modo nel Mediterraneo, in quel mare in cui ho vissuto, ho lavorato, sono stato anche pescatore e naufrago. Mi sono sentito in dovere da medico, ma non solo, di aiutare queste persone, perché credo che siamo tutti persone».

Bartòlo si è occupato dei migranti, li ha aspettati in banchina, curati per tanti anni, «ma ho visto che nulla cambiava – racconta – continuavo a vedere sofferenze e tanti morti, così ho pensato che dovevo fare qualcosa di più, ne sentivo la responsabilità, dovevo far sapere al mondo in tutti i modi possibili quello che accadeva, perché spesso quello che si dice di queste persone sono menzogne che servono solo ad avere un riscontro elettorale, dei miseri voti. Per me è importante far sapere che si tratta di persone con un nome, un cognome, una storia, un viaggio, sofferenze, anche sogni e speranze. Dovevo scuotere le coscienze. Raccontare di persona cosa succede, dare degli strumenti per decidere poi da che parte stare. Ma non è cambiato nulla, stiamo ancora parlando di sofferenza, di atrocità, tutte cose che fanno veramente male e fanno male all’umanità tutta».

Confida di vergognarsi molto, Pietro Bartòlo, «di tutte le ispezioni cadaveriche che ho dovuto fare: papa Francesco ha detto, in merito ai morti in mare, che è il momento della vergogna. Ha ragione. Ogni volta che c’è un naufragio mi vergogno. Forse dovremmo vergognarci un po’ tutti. È disumano e immorale e adesso è arrivato il momento di scegliere. Non è questione di buonismo, ma di diritti umani, di rispetto della vita, di valori fondamentali, incontrovertibili, quei valori che danno un senso alla tua vita. Ne ho visti così tanti di corpi senza vita che mi vergogno davvero a dirlo e mi fa tanto male anche solo parlarne. Erano donne incinte, bambini, giovani, per che cosa, che cosa hanno fatto di male? Chi ci dà il diritto di scegliere sulla vita degli altri? Siamo tutti cittadini di questo mondo, tutti abbiamo il diritto di vivere una vita dignitosa e se non possiamo scegliere dove nascere, almeno possiamo scegliere dove viverla questa vita?».

Info sugli appuntamenti: festivalbiblico.it

Due mostre: al San Gaetano e al centro universitario

Due le mostre in programma nell’ambito del Festival biblico, aperte da venerdì 25 a domenica 27 giugno. La chiesa di San Gaetano ospita la mostra a cura dell’Ucai- Padova, “Figli dello stesso padre”: disegni e divulgazione meditativa di poesie dei soci dell’Unione cattolica artisti italiani, ispirate all’enciclica Fratelli tutti di papa Francesco. Il Centro Universitario, in via Zabarella 82, ospita la mostra a cura di Irfoss, “Isolati: l’umanità senza contatto nelle immagini di IMP 2021”. Tre esposizioni differenti, accomunate dal tema principale: l’isolamento, e la fratellanza che da questo può svilupparsi, raccontati sotto diversi punti di vista e in contesti molto lontani, le condizioni di vita estreme della Siberia, e l’Isola Maggiore nel Lago Trasimeno, con la sua popolazione totale di 15 individui.

Teatrocarcere Due Palazzi porta in scena Babele

La torre di Babele, emblema di progetti umani, ma anche di una umanità incapace di convivere con i propri limiti, è il tema dello spettacolo teatrale di Teatrocarcere Due Palazzi con la regia di Maria Cinzia Zanellato, di e con le persone detenute della casa di reclusione Due Palazzi. Nella Bibbia l’umanità viene sollecitata ad andare oltre i propri fallimenti, a reinterrogarsi di continuo sui propri progetti. La fraternità assume così un cammino verso un dove accoglierci nella reciproca parzialità per arrivare a riconoscere che siamo custodi del fratello e del creato. Due le date in cui viene proposto Babele. Migdal Bavèl: venerdì 25 ore 14 al Due Palazzi e domenica 27 alle ore 16 al centro universitario. Alle 21 di giovedì 24, sul sagrato della Cattedrale di Padova c’è “Abbi cura di me”, dialogo in parole e musica con don Luigi Verdi, comunità di Romena, e il cantautore Simone Cristicchi.

“Tutti fratelli?”: se lo chiede il biblista Matteo Crimella

“Tutti fratelli?”: è la domanda che si pone il biblista Matteo Crimella sabato 26 alle ore 18 nel chiostro dell’abbazia di Santa Giustina. La fraternità non gode di buona fama nella Bibbia: Caino uccide Abele, Giuseppe è venduto dai suoi fratelli e così via. Il racconto degli Atti degli apostoli narra una fraternità possibile. Quale immagine di fraternità emerge dunque?

Domenica 27 alle ore 9.30 nella chiesa di Santa Caterina (in via Cesare Battisti), si tiene l’appuntamento “Donna ecco tuo figlio… ecco tua madre”: sotto la croce nasce la fraternità. Isabella Tiveron propone una meditazione, con canto e danza (a cura di Paola Varricchio), prendendo spunto da due versetti del Vangelo di Giovanni per aiutare a stare sotto la croce, in piedi, insieme a Maria, alle donne e al discepolo amato, rendendoci così tutti fratelli e sorelle.

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