Giovani, da una Chiesa “per” a una Chiesa “con”. Riflessione su “I giovani e le nuove generazioni: profezia per la Chiesa di Padova”

Sesto tema. Per riflettere su “I giovani e le nuove generazioni: profezia per la Chiesa di Padova” intervengono Johnny Dotti, don Mariano Dal Ponte, Sofia Livieri e Giorgio Pusceddu

Giovani, da una Chiesa “per” a una Chiesa “con”. Riflessione su “I giovani e le nuove generazioni: profezia per la Chiesa di Padova”

Parlare di gioventù è tanto affascinante quanto complesso. Come adulti ci chiediamo continuamente come relazionarci con i giovani, se il modo in cui lo facciamo è corretto, se sappiamo essere buoni esempi. Eppure le tante (troppe?) domande che ci poniamo, rischiano di rendere artefatto e ingabbiato il nostro approccio verso di loro. Chi ha un pensiero lineare, innovativo, per certi versi spiazzante, è Johnny Dotti, pedagogista e imprenditore sociale, cattolico vulcanico e coinvolgente. «Dopo questi anni di pandemia ci sentiamo tutti orfani di senso, tanto più i giovani – argomenta – Ci troviamo immersi in una società funzionalista in cui fatichiamo a riconoscerci. Diventa necessario recuperare il tempo dell’educazione che non ha nulla a che vedere con il “funzionare” bene. La domanda da porsi è: cos’è che vale nella nostra vita? Credo vadano recuperati aspetti come compassione, condivisione, scambio e custodia della domanda che arriva dall’altro».

Esperienze integrate e spazi di relazione.
Secondo lo studioso, i giovani devono tornare a “sporcarsi le mani”, sono loro stessi a chiedere esperienze integrali e integrate, che coinvolgano cioè corpo, spirito e intelletto. «Lo stesso ambito parrocchiale – prosegue Dotti – dovrebbe essere un luogo dove i giovani possano stare “con” i giovani e non dove si organizzano attività “per” i giovani; dove ci
siano spazi per rinnovare, per esempio la liturgia, dove potersi inventare un lavoro, dove fare scelte importanti per la comunità o semplicemente vivere un’esperienza di libertà. Lo stesso luogo deve essere vissuto più come tempo che come spazio, un tempo della relazione, che riguarda la vita: c’è una grande domanda di vita nei giovani! Vanno cambiati gli schemi del passato, dobbiamo sforzarci di passare dall’edificio alla relazione, dalla funzione al senso, dove per senso intendo significato, passione, direzione».

Fidarsi di Dio, senza temere. Johnny Dotti sostiene che “aprire” un tema sinodale sui giovani sia vita e che sia necessario camminare insieme a loro. «Noi genitori, adulti, credenti, dovremmo essere i primi ad andare oltre l’ordine sociale che ci viene imposto, che è di natura gnostica – spiega – e credere veramente nella Trinità. Siamo pieni di paure verso i nostri figli, che nascondiamo sotto il manto della sicurezza, quando invece siamo chiamati a farli uscire di casa, a far vivere loro esperienze di vita mettendo a disposizione spazi dove possano convivere, autorizzandoli a osare nel fare cose mai fatte prima; non si tratta di anarchia, ma di aspirare alla libertà dei nostri figli. So che non è facile, ma ricordiamo che Pastorale dei giovani L’ufficio di Pastorale dei giovani è particolarmente coinvolto rispetto a questo tema, considerata anche l’esperienza del Sinodo dei giovani (2016- 2018). «La Lettera dei giovani alla Chiesa di Padova – spiega Giorgio Pusceddu dell’ufficio diocesano – ha indicato le direzioni di lavoro su cui dal 2018 stiamo cercando di dare un contributo, consapevoli che la Chiesa sta vivendo un periodo di travaglio alla ricerca di un nuovo modo di stare in questa porzione di mondo che abitiamo, e che le spinte del Sinodo dei giovani non possono essere affrontate con un approccio strettamente settoriale. Tale documento rappresenta una sorta di debito nei confronti di tutti i giovani che hanno contribuito al processo del Sinodo, e anche nei confronti di chi non c’era ma oggi fa parte di questa fascia d’età così preziosa». L’ufficio diocesano parla di “cambiale da onorare” nei confronti delle nuove
generazioni e della necessità di fare tesoro di un bene raro: la speranza. «Il Sinodo dei giovani è stato un attivatore di speranza. Nei tempi successivi alla chiusura del percorso, però, qualcuno è rimasto deluso. Chi si aspettava rivoluzioni veloci, colpi di scena, frecce che fanno centro al primo colpo. Ma il cambiamento è difficile e non sempre lineare. Non sappiamo che occasioni di cambiamento emergeranno dal Sinodo diocesano, le desideriamo e le aspettiamo, ma una cosa è certa: senza speranza non saremo capaci di coglierle. Come l’acqua nelle crisi idriche va tutelata, così la speranza nei momenti di travaglio va sostenuta e protetta da ciò che potrebbe estinguerla, ad esempio dalla presenza massiccia di quel sofisticato inquinante che è il cinismo. Una dose di cinismo può essere fisiologica, ma se la carica cinica supera una certa soglia riduce la capacità generativa del sistema. Speranza, dunque, che la disponibilità a rinnovarsi di tutta la Chiesa locale possa mettere in moto qualcosa di concreto, generativo e profetico, come invocato dai giovani nel 2018». «Che il Sinodo sia un attivatore di speranza» Gesù nel Vangelo ci ripete continuamente “non temere”. L’ultimo atto educativo di Gesù sulla croce è l’affidamento di Maria a Giovanni, un adolescente, e di Giovanni a Maria. Credo che la Chiesa dovrà abbandonare alcune cose del passato e affidarle ai giovani; certo non abbiamo la certezza che le porteranno a termine, ma ci fidiamo di Dio e di loro. La comunità parrocchiale e le famiglie possono aiutarsi reciprocamente per reggere questo rischio di libertà nei confronti delle nuove generazioni».

Mondo scout, attrattiva per giovani generazioni. Un ambito dove i giovani sono ancora “al centro” e si ragiona continuamente con loro e per loro è quello dello scautismo. Nel territorio diocesano sono una sessantina i gruppi scout,
più o meno grandi, di ispirazione cattolica come Agesci (Associazione guide e scouts cattolici italiani), Fse (Scout d’Europa), Avsc (Associazione veneta scout cattolici), o laica, come Cngei (Corpo nazionale giovani esploratori ed esploratrici italiani), Assiscout (Associazione indipendente scout), Associazione gruppo scout Pablo Neruda e altri.
«La richiesta di partecipazione ai gruppi scout è ancora molto alta – commenta don Mariano Dal Ponte, assistente diocesano scout – Negli ultimi due anni c’è stato un aumento di iscrizioni in tutte le associazioni cattoliche e spesso ci sono liste d’attesa per l’anno successivo. Durante la pandemia le attività scout sono state tra le poche a proseguire, cercando di far uscire i ragazzi di casa. Abbiamo registrato anche un piccolo aumento del numero dei capi, sulla cui preparazione lo scautismo investe molto, anche se spesso è difficile garantire la continuità per via dell’impegno negli studi universitari e per le esperienze all’estero». Secondo la “promessa” Agesci, la vita dello scout si fonda su tre scelte-pilastro: la scelta della legge scout, ovvero un certo stile, una metodologia che ci si impegna a seguire; la scelta di aiuto agli altri in ogni circostanza; la scelta cristiana, compiere il proprio dovere verso Dio e verso il paese. «Credo sia prezioso l’apporto dello scautismo alla Chiesa – prosegue don Dal Ponte – la sua forza è proprio il fatto di non essere una realtà solo ecclesiale, ma di avere uno sguardo verso l’esterno, aperto al sociale, in qualche modo indipendente; questo rappresenta un dono, una ricchezza anche se richiede, a volte, la fatica del dialogo tra mondo parrocchiale e scout, e tra adulti e giovani, dialogo che comunque porta sempre valore».

Giovani di Azione cattolica, desiderio di guide per fortificare la fede. Sofia Livieri, 26 anni, un impiego da libero
professionista nella comunicazione digitale, da un paio d’anni è vicepresidente diocesana dei giovani di Ac. «Le proposte che facciamo come associazione sono sempre finalizzate a crescere, come giovani, nella fede – spiega – Da tempo ci confrontiamo sul nostro ruolo all’interno della Chiesa, crediamo che oggi i giovani siano chiamati a vivere la fede in molti luoghi, in ogni parte del mondo. Per questo è fondamentale avere delle guide, figure di riferimento che ci aiutino a camminare con più sicurezza e ci accompagnino nella preghiera, così da rendere più solida la nostra fede; abbiamo chiesto ne venga individuata una per ogni parrocchia. Pensiamo inoltre che sia importante assecondare la sete di vita spirituale dei giovani e che, quindi, non vadano considerati solo per i servizi che svolgono». Servizi che rappresentano comunque una delle finalità dell’associazione, che mira anche alla ricerca di uno stile di vita cristiano responsabile e si dedica alla formazione delle coscienze. «Ci sono molte domande che il mondo giovanile pone alla Chiesa e che non sempre trovano risposta: questioni sociali e personali – conclude Livieri – Dopo la conclusione nel 2018 del Sinodo dei giovani sono nati diversi tavoli di lavoro, per esempio sui temi dell’affettività e della sessualità, e questo è molto positivo. Auspichiamo che l’ascolto trovato a livello diocesano possa ampliarsi anche alle singole comunità parrocchiali».

«Che il Sinodo sia un attivatore di speranza»

L’ufficio di Pastorale dei giovani è particolarmente coinvolto rispetto a questo tema, considerata anche l’esperienza del Sinodo dei giovani (2016-2018). «La Lettera dei giovani alla Chiesa di Padova – spiega Giorgio Pusceddu dell’ufficio diocesano – ha indicato le direzioni di lavoro su cui dal 2018 stiamo cercando di dare un contributo, consapevoli che la Chiesa sta vivendo un periodo di travaglio alla ricerca di un nuovo modo di stare in questa porzione di mondo che abitiamo, e che le spinte del Sinodo dei giovani non possono essere affrontate con un approccio strettamente settoriale. Tale documento rappresenta una sorta di debito nei confronti di tutti i giovani che hanno contribuito al processo del Sinodo, e anche nei confronti di chi non c’era ma oggi fa parte di questa fascia d’età così preziosa». L’ufficio diocesano parla di “cambiale da onorare” nei confronti delle nuove generazioni e della necessità di fare tesoro di un bene raro: la speranza. «Il Sinodo dei giovani è stato un attivatore di speranza. Nei tempi successivi alla chiusura del percorso, però, qualcuno è rimasto deluso. Chi si aspettava rivoluzioni veloci, colpi di scena, frecce che fanno centro al primo colpo. Ma il cambiamento è difficile e non sempre lineare. Non sappiamo che occasioni di cambiamento emergeranno dal Sinodo diocesano, le desideriamo e le aspettiamo, ma una cosa è certa: senza
speranza non saremo capaci di coglierle. Come l’acqua nelle crisi idriche va tutelata, così la speranza nei momenti di travaglio va sostenuta e protetta da ciò che potrebbe estinguerla, ad esempio dalla presenza massiccia di quel sofisticato inquinante che è il cinismo. Una dose di cinismo può essere fisiologica, ma se la carica cinica supera una certa soglia riduce la capacità generativa del sistema. Speranza, dunque, che la disponibilità a rinnovarsi di tutta la Chiesa locale possa mettere in moto qualcosa di concreto, generativo e profetico, come invocato dai giovani nel 2018».

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