I funerali di Giulia Cecchettin, il dolore di Padova e una risposta che va oltre la morte. La lettura cristiana del vescovo, l'appello di papà Gino

In un gelido martedì mattina di dicembre Padova si è fermata per dare l’estremo saluto a Giulia Cecchettin, la ventiduenne laureanda in ingegneria biomedica, cresciuta a Saonara (PD) e residente a Vigonovo (PD), uccisa a Fossò la sera dell’11 novembre e ritrovata il 18 novembre vicino al lago di Barcis in Friuli.

I funerali di Giulia Cecchettin, il dolore di Padova e una risposta che va oltre la morte. La lettura cristiana del vescovo, l'appello di papà Gino

Più di mille persone nella Basilica di Santa Giustina, una delle chiese più grandi del mondo che conserva, custodite dalla comunità benedettina, le reliquie della protomartire padovana Giustina, dell’evangelista Luca e di Elena Cornaro, la prima donna laureata al mondo. Diecimila, invece, all’esterno, tra il sagrato e Prato della Valle, la piazza più grande d’Europa. A loro si sono aggiunte milioni di persone grazie alle dirette televisive e a un’amplissima copertura mediatica.

In fila per entrare fin dalle prime ore del mattino centinaia di studenti delle scuole e dell’Università di Padova. Tantissime le donne. Alle giacche e ai cappotti fissato, con una spilla da balia, il nastro rosso della lotta alla violenza.

Il femminicidio di Giulia Cecchettin – il caso di cronaca nera più discusso e raccontato di questo 2023 che sta per chiudersi – ha ulteriormente acceso i riflettori sulla tematica della violenza di genere e sull’amore tossico che amore più non è. Eppure a Santa Giustina, presidiata dalle forze dell’ordine e dalle telecamere dei media, un’enorme fotografia di una Giulia felice su un’altalena riporta il caso mediatico alla sua realtà incarnata: una splendida ragazza che non c’è più, una famiglia e più comunità che soffrono di un dolore che non trova ragioni.

In Basilica, tra le prime file, il ministro Nordio, il presidente del Veneto Zaia, quaranta sindaci, i familiari di Giulia, amici e conoscenti, i consigli pastorali di Vigonovo e Saonara, i compagni di classe del fratello Davide. La liturgia è stata accompagnata dai canti del Coro diocesano dei Giovani di Padova, ragazzi dai 20 ai 30 anni, le voci della stessa generazione di Giulia.

Il vescovo di Padova Claudio Cipolla, che ha presieduto le esequie, ha posto nell’omelia la domanda che sta alla base di tutte le domande che la famiglia di Giulia e l’intera società si sono poste in queste settimane: «Di fronte alla morte di Giulia ma anche a quella di tante donne, bambini e uomini sopraffatti dalla violenza e dalle guerre, emergono tutti i nostri dubbi – ha osservato mons. Cipolla – Non solo ci chiediamo: davvero ci sarà la vita dopo la morte? Ma anche: ha senso impegnarsi se poi tutto si riduce a poca cenere?».

È in questa sede, quando le parole umano tacciono, che trova spazio la risposta cristiana che non sostituisce ma implementa e dà senso a tutti i discorsi di questo mese: «La speranza, che oggi rinnoviamo, per noi cristiani ha un nome e un volto: quello di Gesù, il Signore Risorto. È lui la vita che la morte non è riuscita a ingabbiare, il Giusto che l’ingiustizia non è riuscita a spezzare, il mite e umile di cuore che ha scardinato la violenza del potere».

«La conclusione di questa storia – ricordava il vescovo Claudio – lascia in noi amarezza, tristezza, a tratti anche rabbia ma quanto abbiamo vissuto ha reso evidente anche il desiderio di trasformare il dolore in impegno per l’edificazione di una società e un mondo migliori, che abbiano al centro il rispetto della persona (donna o uomo che sia) e la salvaguardia dei diritti fondamentali di ciascuno, specie quello alla libera e responsabile definizione del proprio progetto di vita».

Prima che il feretro procedesse verso Saonara per un momento di preghiera più intimo e la successiva tumulazione nel cimitero del paese, l’appello e il congedo del papà di Giulia, Gino Cecchettin. «Mi rivolgo per primo agli uomini, perché noi per primi dovremmo dimostrare di essere agenti di cambiamento contro la violenza di genere. Parliamo agli altri maschi che conosciamo, sfidando la cultura che tende a minimizzare la violenza da parte di uomini apparentemente normali». Gino Cecchettin ha ribadito l’importanza dell’educazione, della scuola e ha richiamato i media alla loro responsabilità: «La diffusione di notizie distorte e sensazionalistiche non solo alimenta un’atmosfera morbosa, dando spazio a sciacalli e complottisti, ma può anche contribuire a perpetuare comportamenti violenti. Chiamarsi fuori, cercare giustificazioni, difendere il patriarcato quando qualcuno ha la forza e la disperazione per chiamarlo col suo nome, trasformare le vittime in bersagli solo perché dicono qualcosa con cui magari non siamo d’accordo, non aiuta ad abbattere le barriere». Alla politica, poi, Cecchettin ha chiesto «di mettere da parte le differenze ideologiche per affrontare unitariamente il flagello della violenza di genere».

Le ultime parole, accompagnate dalla poesia di Gibran sul vero amore, sono per Giulia, affidata alla madre scomparsa un anno fa: «Io non so pregare, ma so sperare: ecco voglio sperare insieme a te e alla mamma, voglio sperare insieme a Elena e Davide e voglio sperare insieme a tutti voi qui presenti: voglio sperare che tutta questa pioggia di dolore fecondi il terreno delle nostre vite e voglio sperare che un giorno possa germogliare. E voglio sperare che produca il suo frutto d’amore, di perdono e di pace».

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