Il 19 marzo 1960 veniva inaugurata l'Opsa a Sarmeola. Da sessant’anni cresce accanto ai bisogni dei suoi “ospiti”

Il 19 marzo 1960 veniva inaugurata a Sarmeola la grande casa dedicata alle persone con disabilità. All’inizio ospitava soprattutto ragazzi che le famiglie non riuscivano a gestire per la mancanza di servizi sul territorio; oggi accoglie casi gravissimi e malati di Alzheimer

Il 19 marzo 1960 veniva inaugurata l'Opsa a Sarmeola. Da sessant’anni cresce accanto ai bisogni dei suoi “ospiti”

L’Opera della Provvidenza Sant’Antonio compie sessant’anni: sei decenni contrassegnati da profonde trasformazioni nell’assistenza alle persone con disabilità, che hanno visto la Casa svolgere un ruolo di precursore e protagonista. Nei primi decenni vi entravano soprattutto ragazzi disabili che non avevano alcuna assistenza pubblica; l’unica prospettiva per molte situazioni di disabilità era l’ospedale psichiatrico.

L’Opera ha dato loro un orizzonte di cura, di assistenza e di educazione alternative, seminando nel deserto. Poi sono state varate leggi d’inserimento scolastico e lavorativo, provvidenze economiche e le famiglie hanno potuto usufruire di strutture nel territorio, centri occupazionali diurni, comunità di accoglienza e centri di riabilitazione. Leggi regionali hanno configurato le cosiddette “unità di offerta” per integrare i servizi in una rete complessiva. L’Opera, tenendo conto dell’evolversi della situazione, ha oggi perfezionato due tipi di unità di offerta: la Residenza sanitaria assistenziale per disabili (Rsa) e il Centro di riferimento per gravi disabilità e disturbi comportamentali con elevato bisogno sanitario (Crgd).

Attualmente quindi la popolazione dell’Opera è costituita da persone con disabilità, intellettiva e relazionale, soprattutto adulti e anziani, ma anche giovani, spesso con gravi disturbi comportamentali, o situazioni di disabilità gravissima che pretendono un accompagnamento sanitario molto impegnativo, garantito in continuità solo da una struttura altamente attrezzata. Di conseguenza gli ospiti sono andati riducendosi nel tempo, passando dagli ottocento dagli anni Sessanta agli attuali quattrocento. Contemporaneamente è aumentato in maniera esponenziale il personale, oggi costituito da più di seicento dipendenti. Dai primi anni duemila è stata attuata anche un tipo di residenzialità temporanea, in accordo con i servizi sociosanitari dell’Ulss padovana, per dare ristoro alle famiglie delle persone con disabilità che hanno bisogno di una pausa, per cure mediche o altri motivi. L’anno scorso sono stati ospitati 50 disabili per 5.500 giornate totali. È uno sforzo ulteriore perché sono persone che vanno incontrate e conosciute per dare loro accoglienza appropriata, ma ciò consente in prospettiva un inserimento graduale dei nuovi ospiti.

Anche il poliambulatorio è aperto al territorio dell’Ulss: in un anno ha offerto 2.300 prestazioni a 454 persone. In questo momento l’area della disabilità registra una contrazione significativa della domanda, sia perché la natalità è in decremento sia perché ci sono leggi che eliminano sul nascere queste situazioni. Emergono però nuove situazioni di disabilità in seguito a traumi cranici, incidenti vascolari cerebrali particolarmente severi, malattie degenerative, anossie cerebrali prolungate: sempre più frequentemente quindi viene chiesto all’Opera di accogliere persone in stato vegetativo, di minima conoscenza o che riescono a percepire ma non a relazionarsi. C’è poi la seconda grande area di intervento della Provvidenza, quelle degli anziani non autosufficienti con decadimento cognitivo, per Alzheimer o altre cause. Quest’area fa capo a Casa Madre Teresa, struttura promossa nel giubileo del 2000, inaugurata nel 2005 e funzionante dal 2006. Vi hanno sede due centri diurni, per 40 posti letto totali, e un centro residenziale con 34 posti. Uno dei centri diurni è più di tipo riabilitativo e si rivolge a malati iniziali che richiedono molta riabilitazione cognitiva; l’altro accoglie casi con decadimento più avanzato dove la riabilitazione è contenuta, per non stimolare troppo, con effetto controproducente, le ridotte capacità dell’ospite. Il cento residenziale accoglie persone con decadimento cognitivo pronunciato, ma ancora in possesso di alcune autonomie e recettive verso interventi riabilitativi ed educativi. Per completare il progetto Alzheimer, che prevede una presa in carico totale del malato su un percorso che può durare 15-20 anni, si è sentito il bisogno di creare un altro centro residenziale per casi con decadimento cognitivo grave, Casa San Massimiliano Kolbe, aperto nel 2012 in un padiglione dell’Opera ristrutturato ad hoc: ha 72 posti. In questo settore c’è ancora tanta domanda inevasa.

19 marzo, l’inaugurazione nella festa di san Giuseppe

Il 19 marzo non è una data casuale. Sessant’anni fa, quando a Sarmeola di Rubano fu inaugurata l’Opera della Provvidenza Sant’Antonio, si scelse la festa di san Giuseppe per far coincidere la nascita della Casa con la celebrazione di un santo della Provvidenza che, come custodì la Santa Famiglia, custodisce anche questa grande famiglia, accanto a sant’Antonio.

Frasson e Bortingon, santi della carità

Il 60° dell’Opsa si è aperto con il calendario 2020 della Provvidenza, la pubblicazione della Casa, che ne sintetizza il cammino con foto storiche e attuali e 12 parole emblematiche come accoglienza, provvidenza, stile di famiglia, volontariato... Domenica 9 febbraio, giornata del malato, Raiuno ha trasmesso dalla chiesa dell’istituto la messa presieduta dal vescovo Claudio. Altre iniziative erano previste per il 19 marzo, ma sono state sospese. Da segnalare la pubblicazione di un libro scritto da mons. Mario Morellato, che presenterà un centinaio di santi della carità; vi verranno inseriti i profili del vescovo fondatore mons Bortignon e di mons. Frasson, cofondatore e primo direttore della Casa, con la convinzione che anche queste siano figure esemplari della carità e l’auspicio che possano un giorno accedere agli onori degli altari.

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