Il tesoro da riportare a casa. Don Eric Koffi, dalla Costa d'Avorio e ospite a Mestrino, studia liturgia pastorale

Don Eric Koffi, prete ivoriano ospite a Mestrino, studia liturgia pastorale a Santa Giustina. Uno scambio proficuo di fede, tra Padova e l'Africa profonda 

Il tesoro da riportare a casa. Don Eric Koffi, dalla Costa d'Avorio e ospite a Mestrino, studia liturgia pastorale

Don Eric Koffi ha 36 anni ed è originario della diocesi di Yopougon in Costa d’Avorio. Prete dal 2014, da due anni si trova a Padova, ospite nella parrocchia di Mestrino, per studiare liturgia pastorale alla facoltà di santa Giustina. «La liturgia – racconta – è un tesoro della Chiesa e deve essere conosciuta da tutti. È attraverso i riti che il popolo rende lode a Dio. Per questo, è importante, anche per la nostra Chiesa in Costa d’Avorio, avere dei liturgisti che conoscano la preghiera e i suoi riti per proporla nelle nostre preghiere comunitarie. Sono qui per approfondire la mia conoscenza in liturgia e conseguire i diplomi. Con questi diplomi, che sono la licenza e il dottorato, potrò diventare professore di liturgia e insegnare liturgia agli studenti in Costa d’Avorio».

Don Eric Koffi spiega come «la liturgia autentica è quella romana. La liturgia quindi va studiata in Italia. Quando rientrerò in Costa d’Avorio sarà cruciale l’inculturazione rispetto alla nostra cultura, ma è qui in Italia che possiamo andare alle radici autentiche dei riti. Qui ci sono i documenti, le fonti, i motivi dietro ad ogni dettaglio di ciascuna celebrazione, mentre in Costa d’Avorio ci sono gli elementi della nostra cultura che ci fanno rendere lode al Signore nel nostro modo. Sono due elementi complementari tra loro, ma è importante fare le cose secondo le regole della Chiesa Cattolica».

Don Eric Koffi alterna il suo studio a santa Giustina con il servizio pastorale in parrocchia a Mestrino: «La liturgia si pratica. Non è una scienza come la teologia dogmatica, ma è azione. La liturgia si incarna nei sacramenti, e dunque in parrocchia faccio esperienza teorica e pratica celebrando la messa, confessando, amministrando l’unzione degli infermi. Questo mi aiuta molto: mi permette di conoscere i miei difetti, le mie forze, le mie debolezze, capendo ciò che devo correggere in me per celebrare in modo migliore».

Il sacerdote ivoriano certifica poi la straordinaria accoglienza ricevuta dal parroco di Mestrino, don Sergio Turato: «Quando sono arrivato qui mi sono sentito subito come a casa mia. Don Sergio mi ha accolto come se fossi un suo confratello. Non ho avvertito troppo i disagi per il cambiamento d’ambiente, dei cibi, del clima, perché questo parroco è stato il mio punto di riferimento fin da subito». A Mestrino, insomma, don Eric Koffi sta vivendo un’esperienza di fraternità straordinaria: «È una parrocchia accogliente, molto frequentata, dove la gente partecipa e si confessa, sperimentando la fede nei fatti». Le differenze si vedono, ma non pesano: «Ci sono tanti punti in cui siamo uguali, altri in cui la religiosità è diversa. In Africa la gente apprezza di più i sacramentali, come la benedizione dell’acqua o dei rosari. Qui è più raro. A Mestrino però ho scoperto molto sul valore dell’organizzazione: qui siete molto più organizzati rispetto a noi. Tutto viene elaborato, ogni cosa viene decisa almeno sei mesi prima. È un’organizzazione perfetta che per esempio nella mia diocesi manca». Eppure, anche la Chiesa di Padova ha tanto da imparare dall’energia della fede della Chiesa ivoriana: «Sicuramente potreste apprendere l’armonia dei gesti durante la celebrazione liturgica. Qui vedo poca armonia: ad esempio, durante la preghiera del Padre Nostro della messa, c’è chi ha le mani giunte, altri hanno le mani incrociate, altri ancora le hanno alzate. Dopo la consacrazione del pane e del vino c’è chi sta in piedi e chi sta in ginocchio: qui manca l’armonia. Poi, da noi si canta molto, moltissimo, alla gente piace cantare. Eppure qui vedo che spesso la gente non apre bocca».

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)