La lettera di don Lorenzo Celi agli Insegnanti di religione della Diocesi di Padova

Carissimi insegnanti, ho scelto di scrivervi in questo giorno speciale dedicato a Giuseppe, lo Sposo di Maria, perché insieme possiamo fare memoria di lui e affidarci alla sua protezione, specialmente in questo tempo così difficile per tutti e sotto molti punti di vista, riscoprendo alcuni tratti della sua persona. 

La lettera di don Lorenzo Celi agli Insegnanti di religione della Diocesi di Padova

Guardando a quanto i Vangeli ci restituiscono di Giuseppe, mi viene voglia di imitare il suo silenzio. Il silenzio ci fa paura, eppure quando lo assaporiamo in profondità sentiamo che ci è indispensabile per ritrovare noi stessi. 

Mi rivolgo ai compagni pellegrini in Terra Santa: ricordate il silenzio di Nazaret? 

I giorni che stiamo attraversando sono una grande occasione di silenzio ed è il silenzio che dà valore alle parole. Ho invece l’impressione che stiamo saturando questo tempo di prova con tante, forse troppe, parole, una escalation incontenibile! Un esempio: stamattina quando mi sono svegliato sul display del mio cellulare c’erano già 87 messaggi whatsapp… a leggerli e a rispondere a tutti non basterebbe una mattinata. Bello, bellissimo questo bisogno di socialità, ma non c’è il rischio che diventi anziché un mezzo per lenire la solitudine una gabbia che mi costringe e mi soffoca? Tutti abbiamo qualcosa da condividere, un video, un’immagine, uno scritto, una preghiera, una frase… quasi una gara a chi è più originale! Mi si dice che i guadagni delle reti di telefonia e di social contact stanno andando alle stelle in queste settimane; di converso proprio ieri sera mia mamma mi raccontava che ai tempi della seconda guerra mondiale (lei aveva sette/otto anni), aveva imparato a vivere il silenzio come una compagnia, senza paura del vuoto e, quando poi c’era la possibilità di incontrarsi, di parlare e di giocare, tutto assumeva più gusto. Il silenzio da valore alla parola, non è vuoto ma spazio da abitare come la bottega di Nazaret; il silenzio è la premessa indispensabile per l’ascolto. E infatti, più che parlare Giuseppe ascolta, ascolta l’Angelo (Dio), ascolta Maria, 

ascolta Gesù, ascolta l’essenziale. L’essenziale… un altro attributo del carpentiere, che ha fatto del compito assegnatogli da Dio “custodire” il centro della sua vita. 

“Custodire”: custodire volti, esperienze, momenti, situazioni. Mi chiedo: quanto sapremo custodire del tempo che stiamo attraversando o quanto preferiremo delegare il ricordo a video o filmati girati da altri, liberando così la nostra memoria da ciò che ci addolora? In questi giorni, nei rari momenti in cui metto la testa fuori dal mio ufficio mi sto esercitando a captare qualche scorcio d’ambiente, qualche suono a cui prima nel frastuono delle giornate super impegnate non badavo, una frase letta che mi ha particolarmente colpito, l’espressione di una persona cara, guardare con la memoria i volti dei miei alunni di cui tanto sento la mancanza… Custodire, voce del verbo amare.

Non c’è scritto da nessuna parte, ma tutto in Giuseppe parla di amore, perché senza amore non si sarebbe fidato di un sogno; non avrebbe accolto comunque Maria; non avrebbe accompagnato Gesù, figlio-non figlio; non avrebbe dato se stesso per un progetto di cui non avrebbe mai visto in questo mondo la realizzazione.

Silenzio, ascolto, essenzialità, custodia, amore sono tutti ingredienti che, amalgamati, fanno la pasta di un buon educatore: vedo in Giuseppe l’icona del vero educatore e lo prego per tutti noi, oltre che per i nostri papà e per la Chiesa tutta di cui è patrono.

Stasera, nella grande preghiera per l’Italia (alle ore 21 nelle nostre case, insieme ai nostri Vescovi e a tutti gli italiani), sentiamoci uniti tra di noi e invochiamo la benedizione del Signore per intercessione di Maria e di Giuseppe. Sentiamoli vicini e non ci scoraggiamo, ma continuiamo ad infondere speranza, anche con le nostre lezioni “a distanza”.

Padova, 19 marzo 2020

Don Lorenzo Celi

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