La scelta di don Luca Favarin e la nota della Diocesi di Padova

Con un post su Facebook nel pomeriggio di mercoledì 14 dicembre don Luca Favarin, da anni impegnato nell’accoglienza e nel sociale, ha prefigurato l’intenzione di lasciare il ministero presbiterale in seguito a divergenze con la Diocesi di Padova circa la gestione delle sue attività.

La scelta di don Luca Favarin e la nota della Diocesi di Padova

La nota della Diocesi

«La Diocesi di Padova – riporta una nota ufficiale della Diocesi – è ricca di esperienze di carità e di attività sociali di attenzione alle persone, alle diverse fragilità e ai loro bisogni. Gli esempi sono davvero molti e con le diverse realtà si opera con uno stile e un metodo: condivisione con gli organismi diocesani e con chi in diocesi segue la pastorale della carità, rapporto tra i vari enti, precise scelte di gestione e criteri di trasparenza, priorità…».

«Pur riconoscendo lo spirito umanitario e solidale che anima l’operato di don Luca Favarin – prosegue la nota della Diocesi – da parte sua non si è trovata condivisione di metodo. Pertanto la Diocesi, non può essere coinvolta nelle sue attività, che vengono ad assumere carattere imprenditoriale (il diritto canonico prevede che i chierici non possano esercitare attività commerciale se non con licenza della legittima autorità ecclesiastica». Il canone 286 del Codice di Diritto Canonico riporta infatti la proibizione “ai chierici di esercitare, personalmente o tramite altri, l’attività affaristica e commerciale, sia per il proprio interesse sia per quello degli altri se non con la licenza della legittima autorità ecclesiastica”.

«Don Luca Favarin, rimanendo sulle sue posizioni e su una gestione personale del suo operato anche in campo sociale, è arrivato alla conclusione di proseguire la sua attività come privato cittadino. Di questo la Diocesi prende atto».

Il post di don Luca Favarin

Su Facebook don Luca Favarin scrive: «Il coraggio di togliere il disturbo? Eccolo. Io mi sono davvero stancato. […] Quello che facciamo è creare inclusione, solidarietà, accoglienza, umanità, e anche qualità e cultura. Lo chiamate disagio? È considerato incompatibile? Ne prendo atto, ma non rinuncio a fare quello che stiamo facendo: la cosa più bella della vita». E ancora: «Ne traggo le dirette conseguenze e da persona che sta in piedi me ne vado per la mia strada».

Nel suo post don Favarin ha menzionato ulteriori divergenze: «Credo nell’inclusione e questo significa il diritto di amarsi e vedere pubblicamente riconosciuto il proprio amore anche per le persone dello stesso sesso. Credo nei diritti delle persone indipendentemente dai loro orientamenti sessuali o dai loro credi. Credo fermamente in una legge sul diritto del fine vita. Questo va totalmente contro il magistero ufficiale della Chiesa e io, per correttezza e integrità, non posso esserne portavoce».

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