La sperimentazione di Sant’Urbano, partito già nel 2016 con don Nicola Andretta

Caso unico in Diocesi di Padova Il processo è partito con l’arrivo di don Nicola Andretta nel 2016 e procede in attesa dell’esito del Sinodo

La sperimentazione di Sant’Urbano, partito già nel 2016 con don Nicola Andretta

È iniziata con l’anno pastorale 2018-19 la sperimentazione dei gruppi ministeriali nell’unità pastorale di Sant’Urbano, che comprende le parrocchie di Balduina, Cà Morosini, Carmignano e Sant’Urbano, da poco diventate parrocchia unica sotto il nome di Sant’Urbano, un territorio di 1.900 abitanti. «Quando ho ricevuto la nomina nel luglio 2016 – spiega il parroco don Nicola Andretta – il vescovo Claudio mi ha chiesto se volevo provare questa esperienza. Sono partiti gli incontri formativi, la proposta è piaciuta e ci siamo messi in gioco. Sembrava dovessero esserci anche altre parrocchie poi di fatto siamo rimasti gli unici e siamo andati avanti». Una sperimentazione che è ancora in essere e c’è tutta l’intenzione di proseguirla: si sta aspettando la chiusura del Sinodo per capire se rimane sperimentazione o se entrare nel vivo, con il mandato ufficiale del vescovo. «Di fatto siamo già nel vivo, parliamo ancora di sperimentazione perché non c’è stato un mandato, ma abbiamo iniziato alla presenza di don Leopoldo Voltan, vicario episcopale per la pastorale, che ha dato ai membri una benedizione, anche come segno che è una scelta coordinata con la Diocesi». Chi sono le persone che hanno aderito o sono state scelte per ricoprire il ruolo? E concretamente in cosa consiste il servizio? Il gruppo ministeriale è formato da coloro che hanno partecipato agli incontri informativi, poi il consiglio pastorale ha confermato la loro disponibilità. Sono in quattro, hanno fra i 50 e 60 anni e si occupano di comunità ed economia, annuncio, liturgia e carità, gli ambiti che assorbono tutta la pastorale. Insieme a loro c’è anche il parroco. «Siamo partiti attraverso il consiglio pastorale – chiarisce don Nicola – le persone che si sono proposte non erano estranee, ma c’era il vicepresidente del consiglio pastorale, un membro che da anni seguiva l’aspetto caritatevole e la referente dei catechisti, quindi persone riconosciute e con un ruolo all’interno della comunità». In questi anni ci sono state due sostituzioni per necessità personali. «È un servizio che richiede un certo investimento di tempo, energie e forze – aggiunge il parroco – Il gruppo ministeriale è il parroco con i laici che condividono la guida della comunità, non agisce fuori dalle decisioni del consiglio pastorale tant’è che i suggerimenti della Diocesi e anche l’esperienza di Vicenza invitano ad avere alcuni membri del gruppo ministeriale che siano anche in consiglio pastorale che, è bene sottolineare, non è esautorato delle sue responsabilità e compiti. Praticamente il gruppo ministeriale applica le decisioni del consiglio».

Effettivamente cosa fanno e in cosa si differenziano, ad esempio, dai ruoli che già esistono in parrocchia? Quali sono le loro peculiarità? Tengono i rapporti con tutti gli operatori del settore, diventano referenti per la comunità per quel determinato ambito. La formazione è poi un aspetto importante: «Ogni anno ci diamo 2-3 giorni di formazione tra noi e partecipiamo ai corsi promossi dalla Diocesi. Da alcuni anni abbiamo attivato tre incontri annuali per tutti gli operatori pastorali in cui il membro del gruppo ministeriale del settore guida anche un momento di incontro, decisione, condivisione». Se da un lato i rapporti con il consiglio pastorale e con quello degli affari economici sono molto stretti e continui, dall’altro lato come sono le relazioni con la comunità? Come vengono percepiti questi ruoli? «In questi anni la comunità ha iniziato a riconoscere il ruolo di questi collaboratori – sottolinea don Andretta – Sono fermamente convinto che queste sperimentazioni funzionano nella misura in cui la presenza o l’impegno del parroco inizia a indietreggiare rispetto ad alcune incombenze che normalmente si riassumono nella sua persona. Il gruppo ministeriale funziona se ciascuno ha il suo compito da portare avanti e lo gestisce con responsabilità. C’è però voluto tempo affinché queste figure venissero accettate. C’era bisogno di capire, abbiamo informato, parlato, ascoltato. L’esperienza di Sant’Urbano è una sperimentazione unica nella nostra Diocesi e questo è sicuramente un punto debole perché non abbiamo avuto la possibilità di un confronto con altre realtà o di partecipare ad incontri diocesani formativi oltre a quelli informativi di avvio. Il confronto arricchisce sempre». Fra gli aspetti positivi del gruppo ministeriale sicuramente c’è l’opportunità di vivere realmente quella collaborazione laicale di cui si parla molto. I laici partecipano realmente alla vita e alla guida di una comunità. «Come parroco – conclude don Andretta – è un grande beneficio avere questi laici con cui confrontarmi, condividere le fatiche, le gioie pastorali. Affrontare insieme la vita della comunità ha un valore aggiunto. Sperimentarlo nelle comunità è una strada bella e importante anche in un’ottica futura, con parroci non residenti. Fa sentire di più l’identità della comunità e fa capire che la comunità non è il parroco. Siamo un gruppo che condivide la cura della comunità. Quando la sperimentazione diventerà ufficiale, con il mandato del vescovo, l’incarico avrà durata limitata: il cambio è necessario, non devono diventare gli unici a guidare la comunità, ma è un servizio, una vocazione di ogni laico e battezzato».

Da poco è un’unica parrocchia

La sperimentazione dei ministeri battesimali e il cammino per fare dell’unità pastorale l’unica parrocchia di Sant’Urbano sono andati di pari passo in questi anni. L’incorporazione di alcune parrocchie in una è una delle possibilità, accanto ad altre, nella revisione dell’organizzazione della Chiesa. «Nel 2016, quando sono arrivato, di dimensione parrocchiale non c’era quasi nulla, c’erano solo i quattro consigli di gestione economica ma già un consiglio pastorale unico, le attività erano uniche, unico gruppo di catechesi, unico gruppo di Azione cattolica». L’intenzione è stata espressa nel 2021, dopo la visita pastorale del vescovo e ora si è realizzata.

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