Lasciamoci toccare dalla liturgia. Andrea Grillo e suor Piera Moretti su "Liturgia, desiderio di incontrare il Signore e i fratelli"

Quarto tema. Andrea Grillo (teologo e liturgista) e suor Piera Moretti (Pie Discepole del Divin Maestro) riflettono su “La liturgia: il desiderio di incontrare il Signore e i fratelli”

Lasciamoci toccare dalla liturgia. Andrea Grillo e suor Piera Moretti su "Liturgia, desiderio di incontrare il Signore e i fratelli"

Sembra un paradosso, ma non lo è. Nei mesi in cui le Chiese, in Italia e in Europa, ancora attendono – per quanto a lungo non si sa – il ritorno dei frequentanti persi durante la pandemia, il tema che nel mondo ecclesiale suscita più discussioni, confronti e persino aspre polemiche è proprio la liturgia.

“La liturgia: il desiderio di incontrare il Signore e i fratelli” è uno dei 14 temi – compreso tra le “dimensioni trasversali – del Sinodo diocesano della Chiesa di Padova. Una liturgia il cui significato profondo, forse, non abbiamo ancora capito pienamente. Nel giorno dei santi Pietro e Paolo, il 29 giugno, papa Francesco ha dato alle stampe la lettera apostolica Desiderio desideravi “sulla formazione liturgica del popolo di Dio”.

«Abbandoniamo le polemiche per ascoltare insieme che cosa lo Spirito dice alla Chiesa» ricorda papa Francesco al termine di un documento nel quale ribadisce come «una celebrazione che non evangelizza non è autentica, come non lo è un annuncio che non porta all’incontro con il Risorto nella celebrazione: entrambi, poi, senza la testimonianza della carità, sono come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita». Altri passaggi sembrano richiamare l’avvertimento sui “merletti” dato qualche settimana fa ai vescovi siciliani su una Chiesa ancora troppo ancorata a celebrare, nelle forme, il passato: «La continua riscoperta della bellezza della liturgia non è la ricerca di un estetismo rituale che si compiace solo nella cura della formalità esteriore di un rito o si appaga di una scrupolosa osservanza rubricale». E se la liturgia è cruciale nella vita del cristiano, non si può nascondere anche la sua funzione di cartina tornasole sullo “stato di salute” della Chiesa. Andrea Grillo, teologo e liturgista che insegna al Pontificio ateneo Sant’Anselmo di Roma e all’Istituto di liturgia pastorale di Santa Giustina a Padova, non si sorprende se il tema continua ad attirare così tanta attenzione. «Sulla liturgia – osserva – la Chiesa universale, dopo il Concilio, ha vissuto un progetto molto chiaro di aggiornamento. È chiaro che le resistenze dal punto di vista formale, ma anche dal punto di vista affettivo, si siano concentrate sulla liturgia proprio perché è la liturgia a essere cambiata. Ma non è il cambiamento della liturgia la ragione della crisi della Chiesa, anzi, il cambiamento della liturgia è stata una risposta a una crisi già precedente».

L’equivoco – più forte altrove che in Italia, va detto – fa credere anche all’interno di movimenti giovanili che «tornando alla “vecchia” liturgia si possano ritrovare la fede e l’incontro con il Signore». Ma la risposta non è nella restaurazione, quanto nella riscoperta di quelle ragioni che portarono al cambiamento: «La logica alla base della liturgia è quella di un incontro nel quale i soggetti sono Cristo e la Chiesa. Il prete presiede la liturgia, ma tutti i partecipanti celebrano. Non celebra il prete, il prete presiede un atto di Cristo e della Chiesa. Se lo chiamiamo ancora “celebrante” ne distorciamo l’esperienza, credendo che la liturgia riguardi solo il sacerdote mentre i fedeli “godono” passivamente dello “spettacolo”». Questa mancata comprensione, secondo Grillo, è causa di alcune delle nostre difficoltà. «Questo è il cuore della sfida: è la nostra incapacità di celebrare che alimenta le forme di tradizionalismo». La svolta fu decisa – ricorda Grillo – «da oltre mille vescovi che in Vaticano, mentre uno diceva la messa, tutti dicevano il breviario per conto loro. Ma il mondo non è più così». Le nostre liturgie necessitano allora di un «aggiornamento dei linguaggi non verbali, il linguaggio dello spazio, del tempo, della musica, dell’immagine», ma anche di un rinnovato rapporto con la Parola di Dio, non più solo come didattica o catechesi, ma soprattutto come incontro diretto con il Signore. Più in generale, un invito a «riscoprire i sacramenti nelle loro forme non come atti forma li burocratici che il prete fa davanti all’assemblea, ma come atto di Cristo e della Chiesa». Quell’incontro, insomma, con Cristo e i fratelli di cui riflette il Sinodo di Padova: «È un bel titolo quello scelto per il 4° tema – riconosce Grillo – perché è questa la logica della liturgia». La fine della pandemia deve allora spronare le comunità cristiane a favorire la dimensione di questo incontro: «Dobbiamo cogliere l’esperienza dell’allontanamento, del distanziamento, delle mascherine e della sanificazione delle mani per ricordarci l’importanza di accorciare le distanze, di guardarci in faccia, di esprimerci con il volto, di toccare ed essere toccati». Di essere insomma credenti con tutti noi stessi, non solo con la testa: «La liturgia è il linguaggio più elementare per vivere la relazione con Cristo e i fratelli: se la liturgia non ci tocca fisicamente può dire le più belle cose dal punto di vista intellettuale, ma allora non è più liturgia».

Suor Piera Moretti delle Pie discepole del Divin Maestro (congregazione fondata dal beato Alberione, che ha nella propria missione anche il servizio alla liturgia della Chiesa), fino a pochi mesi fa nella casa di preghiera Gesù Maestro di Centrale di Zugliano sottolinea comunque la continuità che nei secoli, grazie al deposito della fede, ha permesso al messaggio di Gesù di arrivare fino a noi: «Nessuno si inventa niente, alle spalle c’è la Tradizione e la parola di Gesù nell’ultima cena. La liturgia è rinnovare l’alleanza con il Signore nel suo nome, con il Padre nel nome di Cristo, nel sacrificio eucaristico. La nuova edizione del Messale romano, pubblicato grazie a papa Francesco dopo vent’anni di impasse burocratico, ben esprime tutto questo». Al centro della liturgia c’è il Signore che convoca, ma convoca insieme. E la Chiesa, che nel Sinodo si è impegnata ad ascoltare tutti, anche il più piccolo, non può che rileggere le sue ragioni e persino essere pronta a cambiare mentalità a partire da questa chiamata di Cristo, punto focale della comunione. «Il rinnovamento della Chiesa – spiega suor Moretti – è tornare continuamente alle fonti, come la Parola di Dio, ma anche a passaggi come quelli del Concilio Vaticano II che sono stati “una ventata di Spirito Santo”, rileggendo quei testi anche alla luce delle esigenze dell’oggi». Sullo sfondo le questioni del lettorato e dell’accolitato alle donne – decisi da papa Francesco nel gennaio 2021 – ma anche quella diaconia che san Paolo VI ha riaperto per gli uomini sposati e su cui, in futuro «penso che si faranno dei passi in avanti. Se andiamo a rileggere la Lumen gentium c’è un’apertura maggiore rispetto a quanto la storia ha poi interpretato». Ma il passaggio cruciale del Concilio – la liturgia
in italiano e non più solo in latino – richiama anche oggi a una responsabilità maggiore: «Alla comunità cristiana è stata consegnata la potenza della preghiera tradotta. Ora tocca a noi credere nella potenza della preghiera, nella preghiera della comunità, che può raggiungere anche i lontani. Come spiega la Sacrosantum Concilium, ogni fedele può imparare a unire la propria vita al sacrificio eucaristico come atto d’amore con la vita d’amore di Cristo».

Continuiamo a riflettere sui 14 temi sinodali

Con questa puntata si concludono le pagine sulle quattro “dimensioni trasversali” individuate tra i 14 temi del Sinodo. Si possono rileggere su difesapopolo.it Dalla prossima settimana cominciamo a riflettere sui “soggetti”.

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