Mons. Giuseppe Alberti. Un vescovo “eccellente”: l'augurio dei fidei donum con cui ha vissuto la missione in Ecuador

È l’augurio di un fidei donum con cui don Alberti ha vissuto gli anni di missione in Ecuador. «Nel vivere la carità, nell’essere umile, nell’ascoltare le persone»

Mons. Giuseppe Alberti. Un vescovo “eccellente”: l'augurio dei fidei donum con cui ha vissuto la missione in Ecuador

Caro don Giuseppe, anche se eravamo in posti diversi dell’Ecuador – io a Quito e tu a Tulcàn, ai confini con la Colombia – abbiamo potuto lo stesso condividere l’esperienza missionaria come fidei donum, tu dal 2000 al 2011, perché spesso ci incontravamo nella parrocchia dove ero parroco, a Luz y Vida. Negli undici anni di missione ti sei dedicato soprattutto alla formazione dei seminaristi, prima come insegnante e poi come rettore del Seminario Maggiore, “Nuestra Señora de la Paz”; oltre al Seminario avevi anche altri impegni pastorali, in alcune realtà parrocchiali della Diocesi e anche nel carcere di Tulcàn. Questo tuo servizio, su vari “fronti” pastorali, è stato sicuramente una “buona scuola di formazione” per la tua vita e per il tuo ministero sacerdotale. Stai sicuramente ricevendo, in questi tempi, tanti messaggi augurali per la tua nuova missione come pastore di una Chiesa che ancora non conosci bene ma che il Signore ha pensato per te. Permettimi allora di rivolgerti tre brevi auguri.

Il primo augurio fa riferimento ai giorni di convalescenza che hai trascorso in canonica da me dopo l’operazione a un’ernia inguinale. Ti sei fermato solamente qualche settimana ma ti ha permesso di riprenderti, di dedicare più tempo alla preghiera e al dialogo fraterno. Ora come vescovo avrai certamente tanti impegni, ti auguro però di non correre troppo altrimenti il tuo corpo “protesterà” e ti costringerà a rallentare il ritmo. Meglio fermarsi prima e fare le cose, come dicono gli ecuadoriani, despacito, despacito (piano, piano).

Il secondo augurio Durante gli anni in cui sei stato insegnante e poi rettore del Seminario, puntavi molto sulla formazione umana dei seminaristi perché dicevi che «se non c’è l’uomo, non c’è il cristiano e nemmeno il sacerdote». Il tuo carattere gioviale facilita la relazione e la confidenza. L’augurio che ti rivolgo è che tu mantenga questa facilità di relazionarti con le persone. Anche se come vescovo dovrai stare dentro a “certi canoni”, non perdere però la tua umanità e sensibilità verso tutti coloro che incontrerai. Sarai un “buon padre autorevole!”.

L’ultimo augurio fa riferimento a una parola: eccellenza. Non so che reazione avrai quando le persone cominceranno a chiamarti “eccellenza”. Forse ti metterai a ridere, diventerai rosso, dirai subito: «No, chiamatemi ancora don Giuseppe». Vorrei suggerirti di non scartare subito questo termine, ma di accoglierlo come un invito a essere un “vescovo eccellente”: nel vivere la carità, nell’essere umile, nell’ascoltare le persone... Potrà essere uno spunto alla sera, quando farai il tuo esame di coscienza, per chiederti: «Oggi sono stato “eccellente” nel testimoniare il Vangelo? Ho trattato “in modo eccellente” le persone?» Scusami, don Giuseppe, se mi sono azzardato di darti questo consiglio, perché certamente sarai un “vescovo eccellente”. Pregheremo, perché tu lo sia sempre!

Il suo motto: «Andate, dunque, io sono con voi»
stemma-vescovo-alberti

Mons. Giuseppe Alberti ha scelto come motto episcopale uno dei versetti finali del Vangelo di Matteo (20, 19-20): «Euntes ergo, ego vobiscum sum», cioè «Andate dunque, io sono con voi». Nello stemma – curato da Enzo Parrino e Giorgio Aldrighetti – si trovano l’agnello (il Signore è l’Agnello immolato che dona la vita per i fratelli, modello di dono e di servizio di colui che “ama sino alla fine”), la conchiglia (segno del dono battesimale che attraverso l’acqua infonde vita nuova a chi la riceve con l’apertura della fede), il mastio e la palma (esprimono la realtà diocesana che unisce Oppido a Palmi), la stella a otto punte (la stella rappresenta Maria, aurora di speranza per la Chiesa; le otto punte alludono a Cristo risorto, modello di vita nella “magna carta” delle beatitudini evangeliche). La croce unisce e sintetizza la simbologia araldica che trova nella Pasqua il suo inizio e il suo fine, il principio della creazione, il compimento della storia della salvezza.

Don Francesco Fabris Talpo
Già Fidei Donum in Ecuador e ora parroco di Selvazzano Dentro

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