Ogni cosa è cantata nella sua verità, che è già fede

«Un infimo tozzo di pane, la più piccola nuvola in cielo sono comunque eucaristici» scrive Bonnefoy. E la poesia, più radicale dell’arte, può non solo esprimerlo, ma riscoprirlo. È lo sguardo che sa indovinare l’essenza delle cose

Ogni cosa è cantata nella sua verità, che è già fede

«Un infimo tozzo di pane, la più piccola nuvola in cielo sono comunque eucaristici, cosa che i pittori riescono talvolta a significare. E che la poesia, più radicale dell’arte, essendo fatta di parole, può non solo esprimere ma riscoprire; mentre il discorso concettuale, che la circonda ma che essa rifiuta, rischia di cancellarne persino la memoria» scrive Yves Bonnefoy. È lo sguardo che sa indovinare l’essenza delle cose, nell’incanto che le comprende e quasi le crea. È quell’“aumento di vita” che per dom Prosper Guéranger è il frutto della preghiera liturgica, in particolare quando essa
ritma le ore del giorno e il ciclo dell’anno. «La successione delle stagioni mistiche assicura al cristiano i mezzi di quella vita soprannaturale senza la quale ogni altra vita non è che una morte più o meno lenta», nota questo Proust del tempo santo, in L’anno liturgico. E raccomanda: «Possano i lettori cattolici guardarsi dalla tiepidezza della fede, da quel sonno dell’amore che ha fatto quasi scomparire il cielo». L’amore che fa piangere Achille con Priamo, che fa appoggiare Giovanni con la guancia sul cuore dei Cieli dei cieli, ma per sentirlo battere nella sua elastica delicatezza: è l’intuizione che scopre i lineamenti dell’universo. Il “cuore che vede”, di cui leggiamo nella Deus caritas est, ha forse il compito di rivedere: cosa per cosa. Come nel catalogo di Giobbe 38-39, unica risposta allo scandalo del male. «Hai mai/ comandato al mattino/ e assegnato il posto all’aurora,/ perché afferri la terra per i lembi/ e ne scuota via i malvagi,/ ed essa prenda forma come creta/ premuta da un sigillo/ e si tinga come un vestito?/Sei mai giunto alle sorgenti del mare/ e nel fondo dell’abisso hai tu/ passeggiato?/ Sei mai giunto fino ai depositi/ della neve,/ hai mai visto i serbatoi della grandine?/ Per quali vie si diffonde la luce,/ da dove il vento d’oriente invade la terra?/ Da qual grembo esce il ghiaccio/ e la brina del cielo chi la genera?” Ogni cosa è osservata e amata “singulariter”, amata e conosciuta, amata e scoperta, cantata nella sua verità prima, che è già fede.

«Abbi fiducia, figlia di Sion, non temere»

«Abbi fiducia, figlia di Sion, non temere: Ecco, a te viene il tuo re umile, cavalca un asino. Viene colui che è presente
in ogni luogo e riempie ogni cosa. Viene per compiere in te la salvezza di tutti. [...] Accogli colui che nelle sue palme ha segnato la linea delle tue mura» (Sant’Andrea di Creta).

Anna Valerio

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