Opera della Provvidenza. Volontariato, esperienza che fa crescere dentro

Opera della Provvidenza Si è conclusa con una festa, organizzata dai volontari per i volontari, “l’estate giovani” della casa di Sarmeola. Un appuntamento per stare insieme, a conclusione delle diverse esperienze vissute con gli ospiti, e raccogliere il “tanto” sperimentato

Opera della Provvidenza. Volontariato, esperienza che fa crescere dentro

L’estate giovani dell’Opsa, l’Opera della Provvidenza di Sant’Antonio a Sarmeola, si è conclusa giovedì 7 settembre con una festa organizzata dai volontari per i volontari. Un festa che ha salutato l’estate, ma anche che ha annunciato la ripresa del servizio settimanale dei volontari. Una cinquantina i giovani che vi hanno partecipato, cinque quelli che hanno pensato e organizzato la serata che prevedeva giochi per conoscersi e rompere il ghiaccio, attività con premi finali e un buffet preparato dai volontari adulti insieme ai cuochi dell’Opsa. «Una festa un po’ particolare – racconta Lorenza Bertazzo, responsabile dei volontari Opsa – nata durante la formazione di giugno per i volontari giovani che ci hanno chiesto di potersi incontrare almeno una volta al mese. Hanno partecipato alcune parrocchie che hanno vissuto qui un’esperienza residenziale, come Brugine, e poi c’erano i ragazzi che fanno servizio una volta a settimana oltre a un gruppo di Roma in servizio in questi giorni». I vincitori delle attività hanno ricevuto premi simbolici: a chi è arrivato primo la possibilità di partecipare al “Capodanno Opsa”; chi invece è salito sul secondo gradino del podio ha ottenuto una settimana residenziale nella casa dei volontari della struttura. «Non so se poi i vincitori ritorneranno – continua Bertazzo – La cosa bella dell’Opsa sono le relazioni che si creano e che nascono grazie agli ospiti qui accolti. Non puntiamo a “tenerci” i giovani, ma a formarli perché possano comprendere cos’è l’Opera della Provvidenza, una realtà della Chiesa, e possano vedere che le persone con disabilità sono persone con potenzialità, sono vita e a volte sono proprio le persone più vicine a Dio. Un ragazzo di Roma mi ha detto “in questo casa ho sentito la presenza di Dio”. Ci teniamo che conoscano diverse realtà, che possano aprire gli occhi e mettersi a disposizione. Il senso è che sia una esperienza che faccia crescere dentro, anche nel tempo, perché tanti di questi giovani ritornano qui dopo anni oppure raccontano quanto vissuto e altri vengono qui grazie a questo racconto». Chi decide di fare volontariato all’Opsa non deve avere nessuna caratteristica speciale, nessun talento o predisposizione. L’importante è avere dai 16 anni in su e avere voglia di mettersi in gioco, anzi sono gli stessi ospiti che aiutano a mettersi in gioco. Pur essendoci un bel giro di giovani, l’Opsa è poco conosciuta fra quanti vi entrano in contatto grazie alla scuola. E volontari ne servono sempre. Aurora Zecchinato, 18 anni, quinta liceo allo scientifico Cattaneo di Monselice, l’ha conosciuta proprio grazie a una lezione a scuola e alla partecipazione al progetto “10 mila ore di solidarietà” con il quale ha trascorso un pomeriggio a settimana proprio all’Opsa. «Poi ho scoperto che potevo anche svolgere il Pcto, il Percorso per le competenze trasversali e l’orientamento – racconta – così quest’estate ho vissuto una settimana nella casa e sono poi tornata una seconda volta. Pensavo di venire qui ad aiutare, ma il bene non l’ho solo fatto, l’ho anche ricevuto. Qui un solo sorriso o uno sguardo ti migliora la giornata. Avevo un po’ paura, non sapevo dove mi avrebbero collocato, con che gravità della disabilità avrei avuto a che fare. Poi con l’aiuto degli educatori mi sono sbloccata e ho iniziato a dialogare». Maria Telis invece, 16 anni il prossimo 27 settembre, viene da Bergamo. Frequenta un istituto tecnico turistico ed è arrivata all’Opsa su proposta dei suoi genitori e con la voglia di fare qualcosa di diverso dalle solite esperienze estive. Ha vissuto nella casa una prima settimana in agosto «e poi ho chiesto ai miei genitori di regalarmi un’altra settimana prima dell’inizio della scuola se fossi stati promossa agli esami di riparazione». E così è stato. «All’inizio ero terrorizzata – continua – perché dovevo stare lontana da casa in un luogo totalmente diverso, a fare qualcosa di nuovo e da sola. Ma quando sono arrivata qui ho capito che non si è mai da soli. Si crea sempre un gruppo che, anche se per qualche giorno, diventa la tua famiglia. Gli ospiti ti fanno sentire a casa, quasi ti capiscono, sanno che sei in un posto nuovo e cercano, a loro modo, di farti sentire a tuo agio. Sono più loro che donano qualcosa a te. Qui mi si è alleggerito il cuore, mi ha aiutato nel relazionarmi con gli altri, inizierò l’anno scolastico con un piede diverso. Stare qui ti libera la mente». Un’esperienza, seppure breve, che le ha fatto capire due cose che dava per scontate: «Primo: le piccole cose donano una felicità enorme e dalle piccole cose si diventa grandi. I piccoli gesti fanno la differenza. La seconda cosa è di non fermarsi al primo ostacolo. Dopo i primi giorni volevo tornare a casa poi ho parlato con le altre ragazze volontarie e mi hanno aiutato ad affrontare le mie paure».

La formazione continua punta sulla cura delle relazioni
maria-telis

Durante l’anno ci sono i momenti di formazione continua nei quali si punta sempre molto alla relazione con le persone con disabilità con il contributo dei professionisti che lavorano all’Opsa. Solitamente poi c’è un weekend formativo in marzo per gli universitari e in giugno per gli studenti delle superiori. Prossimo appuntamento di festa dei volontari in prossimità del Natale.

«Cambiato il mio stile nel donare tempo agli altri»
daniele-marini

Daniele Marini, 18 anni, quinta superiore al liceo scientifico Galileo Galilei di Selvazzano, l’Opsa la vede dalla finestra della camera, ma l’ha toccata con mano solo l’anno scorso con il Pcto. Ora è volontario una volta a settimana, oltre ad aver organizzato la festa del 7 settembre: «C’è vitalità, energia, entusiasmo. Gli ospiti ti accolgono in modo caloroso e aperto, ti mettono a tuo agio. Mi dà la possibilità di conoscere me stesso e mi ha aiutato anche in altri servizi in parrocchia, con il grest e come animatore. Mi ha aiutato a cambiare il mio stile nel donare il tempo agli altri e mi ha fatto capire che mi piacerebbe lavorare in un ambiente come questo e sto infatti valutando di studiare medicina. L’esperienza di volontariato all’Opsa ti apre molto anche nelle relazioni e crea dei legami di amicizia forte».

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)