Parrocchia, come e dove. Con il Sinodo ci si interroga sull'organizzazione parrocchiale

Il 13° tema si interroga sull’organizzazione parrocchiale, sul rischio del parroco “burocrate”, sui confini territoriali e sulle collaborazioni

Parrocchia, come e dove. Con il Sinodo ci si interroga sull'organizzazione parrocchiale

È dedicato all’“Organizzazione parrocchiale e territoriale. Le parrocchie e gli altri livelli di collaborazione” il 13° tema del Sinodo della Chiesa di Padova. Si parla di unità pastorali, gruppi di parrocchie, vicariati, confini territoriali e fisici, luoghi in cui si fa esperienza forte di servizio, formazione, preghiera che diventano luogo di appartenenza e di fede, ma anche del ruolo del presbitero e del rischio del prete “burocrate” che non valorizza le relazioni. «Oggi il ruolo del parroco è un po’ in discussione – afferma don Daniele Marangon, parroco di Sacro Cuore in Padova e vicario foraneo dell’Arcella – ma perché è il riflesso della comunità che è essa stessa in discussione per difficoltà nel riconoscersi. Non parlo di crisi, ma di comunità che si sta ricostituendo e quindi sicuramente sta rivedendo la sua identità e di conseguenza anche il parroco deve rivederla. Se chiedessi quali sono i fondamenti della comunità oggi, mi verrebbe detto che sono catechesi, liturgia e carità? Mi sembra si stiano perdendo questo tre pilastri. Mi chiedo, quindi: una comunità vuole ancora un parroco capace di preghiera, di catechesi, guida nella celebrazione? Se guardo alla realtà mi rispondo di no. Eppure ha senso un parroco diverso? No! Perché sono certo che da questi fondamenti – catechesi, liturgia e carità – seppur poco “partecipati”, nasce anche una sagra fatta col cuore, una festa che non ha come obiettivo il guadagno ma radunare la comunità».

Il parroco è figura di riferimento, ma contemporaneamente bisogna evitare che tutta l’organizzazione parrocchiale sia centrata su di lui. C’è il rischio che diventi un burocrate? «È un termine che si sente molto spesso – dice Tania Ruzzon, della unità pastorale di Agna e membro della Commissione preparatoria del Sinodo – In alcune realtà ai margini della Diocesi, come la nostra di Agna, il parroco è veramente figura di riferimento. Molte decisioni si ipotizzano ma non si prendono senza il parroco, perché chi ruota attorno alla parrocchia si sente più co-partecipe che co-responsabile. Il parroco è legale rappresentante e il laico alle volte non fa quel passo in più, perché sa che la scelta finale spetta a lui. Si apre così il grande capitolo della gestione della responsabilità del laico. E quindi da co-partecipe a co-responsabile». Parroco e comunità cristiana sono strettamente legati nella ricerca reciproca di identità ed entrano in gioco anche gli organismi parrocchiali, che devono essere forti, radicati nel territorio, avere chiaramente presente le gioie, le difficoltà, sofferenze di quella comunità e viverla. Soprattutto se si parla di unità pastorali. «L’esperienza di Agna è ben consolidata. Ci ha arricchito moltissimo – racconta Ruzzon – Tutte le parrocchie hanno mantenuto la loro identità, sono vive e vivaci, pur essendoci una condivisione in alcuni ambiti come l’iniziazione cristiana o il consiglio pastorale, ma ciascuno riconosce la propria parrocchia e se ne prende cura. Mettiamo insieme le forze ma poi ognuno porta a casa e svolge le proprie funzioni nella propria parrocchia. È un condividere per crescere insieme. Ci si sente a casa in ogni comunità. Ma è necessario superare forme di campanilismo e cambiare la mentalità. Bisogna adattare il vestito dell’unità pastorale a ciascuna comunità, per mantenere viva l’identità parrocchiale».

L’esperienza del vicariato è altrettanto forte e importante: «A un certo punto – sottolinea don Marangon – le comunità rischiano di diventare autocefale: faccio riferimento alla Diocesi, imposto il mio programma pastorale secondo le mie sensibilità, ma se non è nelle mie corde ne faccio un altro. Il vicariato aiuta a vivere l’esperienza diocesana e supportare le parrocchie che sono in difficoltà, che non sono necessariamente le più piccole. Non è un’altra Diocesi, non è sostituivo della parrocchia, è organismo che sostiene il cammino delle parrocchie, una mediazione tra orientamenti pastorali diocesano e una reale possibilità di concretizzali anche nelle parrocchie più in difficoltà». «Il vicariato serve anche per non coltivare il proprio orticello, ma condividere e crescere – aggiunge Tania Ruzzon – è luogo dove ognuno poi torna a casa arricchito e può sviluppare le idee condivise insieme. Luogo per migliorarsi come singola comunità non per fare scudo verso la Diocesi. Luogo di relazione che forma alla relazione». I confini territoriali e fisici si fanno più labili, si fa esperienza di mobilità: già in alcune zone la comunità è là dove io vivo la mia esperienza di fede, non necessariamente nella mia parrocchia. «Non significa disdegnare i luoghi o abbattere i confini – evidenzia don Marangon – abbiamo bisogno come comunità di avere un territorio, siamo incarnati in quel territorio, ma i confini possono essere quelli che separano o quelli che uniscono, dipende da come li si guarda. A me piace vedere il confine come quel pezzo di terra senza filo spinato che permette alla persona di andare da una parte all’altra». «Credo che la dimensione territoriale – afferma Silvio Grotto del consiglio pastorale di Piovene e membro della Commissione preparatoria del Sinodo – sia relativa rispetto al tipo di parrocchia che vogliamo costruire, cioè che sia un posto accogliente e aperto alle esigenze vere delle persone che forse non sono più quelle che la Chiesa ha tenuto in considerazione. Dobbiamo tenere aperte le porte e far arrivare la gente, avvicinarla, e prima di preoccuparsi del messaggio nudo e crudo bisogna cogliere le necessità e dare risposte trasferendo il messaggio evangelico che prima la chiesa passava dal pulpito o dalle celebrazioni. Un processo all’inverso». Sono di aiuto in questo gli organismi extra parrocchiali? «Sì, certo – evidenzia Grotto – Deve esserci proprio una grande sinergia con le associazioni, dallo sport che aggrega la parte giovanile, ai movimenti. Bisogna rivitalizzare il messaggio che in questa fase deve essere prima di tutto di accoglienza e ascolto».

Per movimenti ecclesiali e associazioni è necessario però non cadere nell’autoreferenzialità: «Una sinergia tutta da sperimentare e affinare – dichiara Mauro Bovo, presidente della Consulta diocesana aggregazioni laicali – ma i gruppi che fanno l’esperienza della “giacca rovesciata”, cioè entrano in parrocchia, si presentano e mettono il vestito della parrocchia, cioè si immedesimano e tolgono la giacca e la rovesciano hanno un approccio di ascolto. Perché nella giacca rovesciata si vede tutta la formazione, la storia, l’appartenenza che non può essere buttata via. Chi è in grado di fare questo non rischia autoreferenzialità, ma chi invece vuole mettere l’etichetta, sì. Non si tratta di dire siamo i più bravi, ma “che bella questa iniziativa”, senza sbandierare chi l’ha fatta. Questo lo si vede ad esempio nella marcia della pace, uno dei momenti più alti di lavoro sinergico». Su quali fronti lavorare per rendere più fluido questo incontro? «Sicuramente in questo momento dovremo ascoltare di più i giovani – afferma Bovo – Il Sinodo dei giovani è tutto in embrione; occorre mettersi in sintonia con loro, capire le loro esigenze, puntare allo scambio generazionale. Farli lavorare. Puntare sulle relazioni, da ritrovare, anche nel coraggio quotidiano di avvicinarsi di più, come scambio. I movimenti possono mettere un po’ di olio, aiutare nelle relazioni. Anche perché alcuni hanno raggio di azione più ampio del territorio. Il Sinodo che stiamo vivendo è un’occasione unica perché ha lo scopo di farci vedere “nuove” tutte le persone con cui interagiamo e con questa ritrovata armonia relazionale potremmo, parrocchie e associazioni laicali, avere nuova luce per portare avanti con più unità il comune messaggio evangelico».

Gruppi di discernimento sinodale

È ancora possibile, fino a venerdì 30 settembre, iscriversi come moderatori e dare vita a un Gruppo di discernimento sinodale, trattando uno dei 14 temi del Sinodo diocesano, nella propria comunità parrocchiale. Info: sinodo.diocesipadova.it

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