San Leopoldo, un padre per tutti, a 80 anni dalla morte

Ottant’anni fa moriva san Leopoldo Mandić. Nel santuario padovano sono in programma due appuntamenti venerdì 29 e sabato 30. Dopo essere stato riconosciuto patrono dei malati d’Italia colpiti da tumore, ora il nome del santo è tra quelli proposti per il nuovo polo ospedaliero di Padova

San Leopoldo, un padre per tutti, a 80 anni dalla morte

Ottant’anni fa, il 30 luglio 1942, muore padre Leopoldo Mandić. E i giorni, le ore e gli istanti che precedono la sua dipartita mettono in luce lo stile della vita del futuro santo: donata. È nel sacramento della penitenza che realizza la sua vocazione di consacrato, donandosi alle tantissime persone che cercano il perdono del Signore. Il giorno prima del suo transito, il 29 luglio, il religioso confessa fino a sera circa cinquanta persone nella cella del convento di Padova, nonostante la sofferenza provocata da un tumore all’esofago diagnosticatogli alcuni mesi prima: la malattia lo sta consumando ma «vive con tenace perseveranza il suo ministero fino alla fine» si legge nella sua biografia. Nel convento dei cappuccini di Padova, per più di trent’anni, opera l’apostolato in una minuscola, disadorna celletta-confessionale, che il 14 maggio del 1944 – durante della seconda guerra mondiale – viene miracolosamente risparmiato dai bombardamenti che il frate profetizza tempo addietro. A proposito dei suoi ultimi istanti di vita, nella sua biografia si racconta che «all’alba del 30 luglio, quando si alzò alle 5 del mattino si portò nella cappellina vicina alla sua stanza con il desiderio di celebrare la messa. Si preparò, com’era solito fare, con un’ora e mezza di preghiera. Verso le 6.30, aiutato dal fratello infermiere, cominciò a indossare i paramenti sacri, ma un collasso gli tolse la coscienza e si accasciò al suolo. Venne riportato nella sua cella e adagiato sul letto. Riprese coscienza, ricevette il sacramento dell’unzione degli infermi, seguì con attenzione e partecipazione tutte le preghiere fino all’ultima: la Salve regina. Le sue ultime parole vennero pronunciate con voce sempre più fioca: “O clemente o pia, o dolce Vergine Maria”». Raccontano i presenti che queste invocazioni vengono accompagnate da un gesto eloquente, «tendendo le mani rivolte verso l’alto, quasi andasse incontro a qualcosa (...)». I frati del convento di Padova che ha ospitato il religioso, ricorderanno la sua morte con due appuntamenti: la sera del 29 luglio alle ore 21 si terrà la celebrazione del transito e la benedizione con la reliquia della mano destra; il 30, anniversario della morte, alle 18 verrà celebrata la messa presieduta dal card. Beniamino Stella (postulatore della causa di beatificazione e canonizzazione di Albino Luciani, papa Giovanni Paolo I, che ha conosciuto padre Leopoldo).

Il nome del cappuccino, dopo essere stato riconosciuto il 6 gennaio 2020 patrono dei malati d’Italia colpiti da tumore, è tra quelli proposti per intitolare il futuro nuovo polo ospedaliero di Padova. Il rettore del santuario di San Leopoldo, padre Flaviano Gusella, afferma, a proposito del santo confratello: «Tutti lo sentono come padre, fratello, amico, confidente. Chi lo “scopre” non lo abbandona più. E come padre manifesta vicinanza e affetto intercedendo per tutte le necessità dei fedeli».

La vita

Bogdan Ivan Mandić nacque a Castelnuovo di Cattaro (oggi nel Montenegro) il 12 maggio 1866. Fu ordinato sacerdote il 20 settembre 1890 nell’ordine dei Cappuccini come fra Leopoldo. Causa l’esile costituzione fisica e un difetto di pronuncia, non poté dedicarsi alla predicazione: i superiori lo destinarono a essere ministro della riconciliazione. È stato beatificato nel 1976 da papa Paolo VI e canonizzato da Giovanni Paolo II nel 1983.

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