Ucraina. È salita forte l’invocazione della pace per il popolo ucraino nella chiesa del Corpus Domini

Dalla chiesa del Corpus Domini (Santa Lucia) di Padova è salita forte, intensa, nella serata di oggi –14 settembre, festa dell’Esaltazione della Santa Croce – l’invocazione della pace per il popolo ucraino martoriato da più di 6 mesi di guerra.

Ucraina. È salita forte l’invocazione della pace per il popolo ucraino nella chiesa del Corpus Domini

Nello stesso momento i media di tutto il mondo facevano rimbalzare la notizia di «una camera della tortura, russa, nella città ucraina di Balakliya, poi liberata», nella regione di Kharkiv e che in quella stanza «il Padre Nostro è stato inciso sul muro dai prigionieri ucraini». Sì perché la pace sia a Balakliya che in altre parti del mondo scaturisce da Dio: è con questa convinzione che è iniziato l’intenso momento di preghiera promosso dalla Conferenza episcopale italiana in risposta alla richiesta, espressa dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, di un gesto di solidarietà per l’Ucraina. A presiedere la veglia c’era il vescovo Claudio. L’appuntamento ha visto la presenza di diversi ucraini e del loro cappellano, don Ivan Chverenchuk, che hanno intonato, all’inizio e nel finale dell’iniziativa, canti nella loro lingua. La serata è stata poi caratterizzata da letture di testi biblici, riflessioni sul significato della croce, invocazioni e l’intervento del vescovo che ha messo in luce come a volte sembra che la preghiera sia inefficace – anche nel vedere l’attuale situazione Ucraina dove si avverte solo il rumore metallico delle armi – ma che rimane l’unico “strumento” che i cristiani hanno, quello veramente efficace, duraturo per costruire una pace autentica: «Questo momento – ha affermato – è stata un’occasione per mettere a fuoco il contributo che noi cristiani possiamo dare: in questo tempo sembra che le cose che possono risolvere i problemi siano le armi, la tecnica; noi possiamo contribuire portando quell’aiuto che attinge da Dio stesso. Noi siamo chiamati ad alimentare la speranza che la pace si possa raggiungere in questo modo, tramite gli strumenti che ci ha dato il Signore: poveri, deboli, ma fatti d’amore». Il pastore ha aggiunto che la Chiesa di Padova riconosce una grande ricchezza nella presenza in diocesi della comunità ucraina con cui «abbiano un rapporto di amicizia; questo ci rallegra e tiene viva quella dimensione di fratellanza universale che è un grande patrimonio soprattutto della Chiesa cattolica, dove i confini vengono superati». Ha concluso aggiungendo che come comunità cristiana continueranno ad essere disponibili per favorire un processo di pace per l’Ucraina che possa davvero realizzarsi: «Sono in gioco le sofferenze dei poveri. Il rischio è che dalla guerra si moltiplichino i poveri».

L’ucraino don Ivan ha affermato che la serata è stata un momento importante: «Come Chiesa la prima cosa che siamo chiamati a fare è inginocchiarci per chiedere la benedizione da Dio affinchè il nostro popolo sia nella pace. Il resto lo fanno il governo, i militari, la gente con il diritto a difendersi. Noi crediamo nella forza della preghiera, la cosa più importante». Il sacerdote ha aggiunto che attraverso i media nei giorni scorsi ha sentito una testimonianza di una donna ucraina che recentemente aveva perso il figlio: andando al lavoro il giovane era stato ucciso dai militari russi senza alcun motivo. «Questa mamma ha detto parole che mi hanno colpito: “Ogni giorno da quel fatto sto morendo, il mio “fuoco” si spegne, non ho più la speranza, non ho più nessuno, perché vivere?”. Oggi nella festa dell’Esaltazione della Santa Croce penso che il mio popolo ne stia portando una grande, pesante. Noi cristiani però attendiamo fiduciosi la resurrezione, gli ucraini attendono la resurrezione. Speriamo e preghiamo per questo».

«Un momento di preghiera intenso e ricco – lo definisce don Leopoldo Voltan, vicario episcopale per la pastorale, organizzatore della serata –; la scelta di viverlo nel giorno dell’Esaltazione della Santa Croce ci dice del desiderio di riprendere quegli atteggiamenti di Gesù che sono la mitezza, l’umiltà, la capacità di stare nelle “ferite”, nelle contraddizioni della storia». Il responsabile ha concluso dicendo che è la preghiera la sola in grado di cambiare i cuori perchè possano avvenire «i grandi “miracoli” che attendiamo per quella terra, con le aperture ad un dialogo autentico».

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