Amazzonia, la diga fa paura. Il nord del Brasile è minacciato da un impianto idroelettrico. La voce della Chiesa di Padova in Roraima

Il nord del Brasile è minacciato dalla costruzione di un impianto idroelettrico. La Diocesi di Padova, presente a Roraima, ha dato il suo contributo nella “camminata ecologica”

Amazzonia, la diga fa paura. Il nord del Brasile è minacciato da un impianto idroelettrico. La voce della Chiesa di Padova in Roraima

Coinvolgere intere comunità per difendere un territorio prima che interessi troppo grandi per poter essere fermati compiano passi verso un destino irreversibile. Costruire reti per permettere che una grande area amazzonica continui a essere un patrimonio per gli abitanti dei villaggi presenti ma anche per il pianeta intero. È l’obiettivo del movimento cui sta dando un contributo anche la Chiesa diocesana di Padova a Caracaraí, in Roraima, nell’Amazzonia brasiliana, dove ha contribuito a organizzare e animare la “camminata ecologica” del 7 ottobre scorso. Una manifestazione che ha messo in luce il bisogno di una nuova sensibilità ancora tutta da maturare anche nelle popolazioni che nel “polmone verde” del pianeta abitano e di cui sono custodi. Nell’estremo nord del Brasile, al confine con il Venezuela, un immenso territorio poco abitato e per questo ancora quasi incontaminato attraversato dal Rio Branco è messo a rischio dal progetto di una enorme diga. Un tesoro ambientale per chi ci abita ma anche una riserva da preservare per la salute dell’intero pianeta dove la Chiesa padovana è presente dal 2017 con una missione nella quale operano cinque preti fidei donum. «Già negli anni Settanta nella regione di Caracaraí è stato definito un progetto per la costruzione di una grande centrale idroelettrica per lo sfruttamento dell’acqua del Rio Branco per produrre energia “pulita” – riassume don Luigi Turato, in Brasile dal 2012 – Erano anni di intenso sviluppo del Brasile e c’era grande bisogno di energia. Molti sbarramenti vennero progettati e alcuni realizzati. Quello nel territorio Roraima non venne realizzato perché non considerato tra i più urgenti. Adesso il paese ha ancora bisogno di energia e dieci anni fa si sono riattivate le procedure per verificare la possibilità di un invaso ma sono maturate sensibilità ambientali più complesse e una maggiore attenzione verso l’equilibrio sociale delle aree interessate da progetti così grandi». Anche se qualche speranza viene dal nuovo Governo Lula, che si spera abbia una sensibilità ambientale maggiore del governo precedente, don Turato sottolinea l’importanza della vigilanza e della mobilitazione: «Il Governo Lula non sembra spingere per portare avanti il progetto che prevede l’allagamento di un’area enorme, dalla quale dovrebbero essere trasferite alcune migliaia di persone, con uno sbarramento complessivamente lungo dieci chilometri. L’invaso poi, porterebbe alla produzione di energia idroelettrica in quantità non giustificabile con un’opera di tali dimensioni. E nella regione di Roraima è possibile sfruttare altre fonti rinnovabili: il sole, il vento, le biomasse». La Chiesa cattolica, aggiunge don Luigi, è in piena sintonia con il gruppo che si sta opponendo alla realizzazione dell’opera che sembra più una speculazione che una risposta ai bisogni emergenti delle popolazioni locali: «Si è sempre presentata in modo unitario e forte è l’incoraggiamento del nuovo vescovo mons. Evaristo Pascoal Spengler, che è anche presidente della Rede eclesial Pan-Amazonica e membro della Commissione episcopale speciale per l’Amazzonia. Il tema è sentito a livello pastorale perché ci sentiamo dentro a un contesto, quello della natura, che alimenta anche la nostra spiritualità. Localmente ma anche in chiave globale, per quello che l’Amazzonia offre in termini ambientali al mondo intero. Sono diverse le conseguenze di un intervento del genere: verrebbe allagata una parte molto grande di foresta e di lavrado, una zona di savana. La città principale ha circa diecimila abitanti e un cantiere delle dimensioni di un’opera del genere potrebbe portare fino a cinquemila lavoratori da fuori, tutti uomini, che potrebbero minare gli equilibri sociali».

Zone incontaminate. Serve una maggiore sensibilizzazione

«In Roraima sono molte le aree incontaminate o poco contaminate e molti spazi sono gravemente minacciati. Ma poche sono le voci di difensori locali, il movimento che si è formato è piccolo e alla manifestazione hanno partecipato 300 persone dalla città che conta 600 mila abitanti. Sembra quasi che in difesa dell’Amazzonia ci sia maggiore sensibilità a livello internazionale. Le persone che in Amazzonia ci vivono sentono più forte l’esigenza di dare un lavoro ai figli, di trovare una stabilità economica e una sicurezza di vita. Questi aspetti fanno sì che si passi sopra ai temi ambientali e si faccia un uso strumentale dello sviluppo che va ancora nella direzione della monocultura, del disboscamento per favorire la produzione di carne».

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