Caso Zaky, “ecco i diritti violati nelle carceri egiziane”

Dopo 5 mesi e mezzo, per la prima volta lo studente egiziano dell’Università di Bologna in carcere al Cairo ha potuto vedere sua madre. Ahmed Mefreh del Committee for Justice: "Il covid è stato usato come scusa per restringere le libertà dei detenuti, bloccando ogni contatto con l’esterno"

Caso Zaky, “ecco i diritti violati nelle carceri egiziane”

“La situazione nelle carceri egiziane si sta trasformando velocemente in un disastro. Il covid è stato usato come scusa per restringere le libertà dei detenuti, bloccando ogni contatto con l’esterno. Ma la verità è che non sono mai state prese le precauzioni sanitarie necessarie e il contagio si sta espandendo, con il rischio che le carceri egiziane diventino presto i nuovi focolai della pandemia”. Così Ahmed Mefreh, direttore del Committee for justice al Cairo, commenta la notizia del primo incontro tra Patrick Zaky e sua madre nel carcere di Tora.

Erano cinque mesi e mezzo che lo studente egiziano dell’Università di Bologna, arrestato lo scorso 7 febbraio con l’accusa di terrorismo, non riceveva visite: sua madre ha raccontato che sta bene, ha perso un po’ di peso ma in generale è in buona salute. Patrick ha chiesto per quanto ancora sarà detenuto infondatamente e si è mostrato preoccupato per i suoi studi, che spera di poter riprendere al più presto. Durante la visita, è emerso che il ragazzo ha inviato dal carcere una ventina di lettere, ma la sua famiglia non ne ha ricevuta nessuna. E anche a lui non sono state recapitate molte lettere, anche se erano state ufficialmente prese in carico dal personale del carcere.

“Già dal 10 marzo, il ministro dell’Interno ha emesso un decreto per sospendere le visite in carcere, senza istituire mezzi alternativi per permettere ai detenuti di comunicare con le loro famiglie, ad esempio attraverso email o chiamate – afferma Mefreh –. Ma questo non ha evitato che il virus si diffondesse all’interno, probabilmente portato dalle guardie carcerarie che entrano ed escono, o dai nuovi detenuti. La verità è che non sono state prese le misure di prevenzione necessarie, mentre si è usata la scusa del covid per avere un approccio ancora più restrittivo con i detenuti”.

Il Committee for justice, associazione che si occupa di monitorare la situazione dei diritti umani in tutto il Nord Africa e in Medio Oriente, denuncia la situazione tragica delle carceri egiziane: i detenuti vivono in celle sovraffollate, dove dormono anche 30 persone, in condizioni igieniche pessime, con scarsa ventilazione e scarso accesso all’acqua e al cibo. “In questo contesto, i contagi da Covid-19 stanno aumentando, e le autorità rifiutano di diffondere i numeri reali – spiega Mefreh –. Per il momento si sono riscontrati 220 casi sospetti di Covid, che si aggiungono ai 111 accertati, e 17 persone già decedute in carcere”.

Nella prima metà del 2020, il Committee for justice ha rilevato 4.664 violazioni dei diritti umani tra i detenuti: tra queste, ci sono 619 casi di sparizioni forzate, 1.266 arresti arbitrari, 1.506 denunce di maltrattamenti e 1.058 casi di mancanza di cure e di medicinali nelle carceri, con 51 morti per mancanza di assistenza sanitaria. Dall’inizio dell’anno, dieci persone sono morte poi per esecuzioni sommarie, tre per colpa delle torture subite e quattro per le scarse condizioni di vita in carcere. “Più della metà delle violazioni si sono verificate tra maggio e giugno, dunque durante la fase più acuta del Covid in Egitto – conclude Mefreh –. Su 95 istituti carcerari, il 58 per cento delle violazioni documentate è avvenuto nei governatorati del Cairo e di Sharqiyya, e un numero considerevole ha riguardato proprio il complesso di Tora, dove è rinchiuso anche Patrick”.

Alice Facchini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)