Colombia, le piazze protagoniste del cambiamento: “Ora il governo deve negoziare”

Dopo due settimane di sciopero generale, con un bilancio di 37 morti e un migliaio di feriti, il governo di centrodestra di Duque è costretto al dialogo con i movimenti sociali: in ballo la riforma della polizia, del sistema sanitario e una migliorata gestione degli accordi di pace e della pandemia. Somoza: “La riforma fiscale che colpiva i cedi medio bassi è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso”

Colombia, le piazze protagoniste del cambiamento: “Ora il governo deve negoziare”

“In Colombia è come fosse scoppiata una pentola a pressione, come in Cile due anni fa: si tratta di una protesta iniziata per qualcosa di specifico, che poi dilaga diventando una critica generale al sistema”. Alfredo Luis Somoza, giornalista, scrittore e antropologo esperto di America Latina, racconta così le ultime settimane di fuoco della Colombia, dove le manifestazioni contro il governo e la conseguente repressione hanno già un bilancio di 37 morti e un migliaio di feriti, di cui 95 poliziotti. Tutto è cominciato il 28 aprile, quando decine di migliaia di persone hanno iniziato a protestare in molte città colombiane contro la riforma fiscale annunciata dal governo di centrodestra del presidente Iván Duque.

La riforma fiscale era stata pensata per coprire un buco di sei miliardi di dollari – spiega Somoza –. La Colombia, come tanti altri paesi, con la pandemia ha attraversato una forte crisi, ma invece di investire sulla sanità il governo ha acquistato una quantità impressionante di armi. Per riempire le casse dello stato, la riforma fiscale prevedeva l’aumento delle tasse per i cedi medi e bassi, in particolare con un aumento dell’Iva del 19 per cento sui beni primari. È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso”.

Da due settimane il paese è bloccato da uno sciopero generale: le manifestazioni si sono susseguite nelle strade delle grandi città e sono state represse con grande violenza da polizia ed esercito, che hanno sparato ad altezza uomo. La comunità internazionale ha condannato l’accaduto, con prese di posizione da parte delle Nazioni Unite e di alcune ong, come Human rights watch e Amnesty international. Il 2 maggio, non riuscendo a riportare la situazione sotto controllo, il presidente Duque ha annunciato il ritiro della riforma fiscale, e il ministro dell’economia, Alberto Carrasquilla, si è dimesso. Ma le proteste non si sono fermate.

“Ci sono una serie di storture del sistema che ora le persone non sono più disposte ad accettare – afferma Somoza –. A cominciare dalla riforma del sistema sanitario che voleva mettere in atto il governo, che implicava un potenziamento delle polizze private e la possibilità dei gestori di farti pagare in base alle tue patologie e al reddito: se sei povero o se hai una malattia, l’assicurazione ti costa un sacco. E poi è entrato in ballo il tema degli accordi di pace del 2016: il governo doveva garantire la protezione dei leader sociali, e invece non è stato così. Si pensi che già 270 firmatari degli accordi sono stati uccisi, e in tutto mille persone sono morte nell’applicazione degli accordi, soprattutto per quanto riguardava il tema della proprietà della terra. Infine, c’è la questione della riforma della polizia, che ha un modus operandi ancora molto simile a quello della guerra civile e che spara ad altezza uomo per uccidere manifestanti”.

Con la pandemia, poi, si è sommata anche una questione sociale non indifferente: l’emergenza Covid ha comportato un aumento della disoccupazione, che è passata dal 12 per cento del 2019 al 16 per cento oggi, con 3 milioni e mezzo di persone disoccupate. Il 40 per cento della popolazione è sotto la soglia di povertà, il 15 per cento in condizione di povertà estrema. “In contesti di questo tipo, oltre l’aspetto politico delle proteste, si crea anche una situazione di caos dove chi è disperato saccheggia i negozi e i supermercati, per rubare generi alimentari – continua Somoza –. Ormai non si tratta solo di uno sciopero, ma di un conflitto di cui non si riesce a valutare quale potrebbe essere la via d’uscita”.

Parte del malcontento verso il governo Duque è dovuto anche al modo in cui è stata gestita l’emergenza sanitaria: la Colombia è nel pieno della terza ondata, con le terapie intensive degli ospedali di quasi tutto il paese al collasso e forti rallentamenti nelle vaccinazioni. “Oggi Duque vede allontanarsi sempre di più la possibilità di essere rieletto per un secondo mandato presidenziale nel 2022 – commenta Somoza –. Già aveva vinto le scorse elezioni con uno scarto molto esiguo, e ce l’aveva fatta perché i candidati dell’altra coalizione si erano divisi”. In questi giorni, per riportare il paese all’ordine, il governo ha accettato di dialogare con i movimenti sociali, anche se il primo giro di consultazioni si è concluso in un nulla di fatto. “Un governo con tendenze autoritarie come questo non dialoga, a meno che non abbia altra scelta – afferma Somoza –. Quello che potrebbe accadere adesso è che il governo accetti di prendere impegni formali sul tema degli accordi di pace o della riforma della polizia. Si dovrà per forza cercare una soluzione negoziata: è notizia di ieri che la chiesa cattolica si è posta come mediatrice tra manifestanti e governo, per trovare un accordo”.

Secondo Somoza, questo tipo di rivolte cominciano a essere frequenti in America Latina: si è cominciato con il Cile a ottobre 2019, poi sono scoppiate proteste in Ecuador e in Perù. “Si tratta sempre di governi democraticamente eletti, che hanno la maggioranza, e che però davanti a una crisi come quella del Covid rischiano di cadere velocemente – conclude –. Lo spartiacque è proprio la gestione della pandemia. In un momento di mancanza di leadership, torna così un protagonismo delle piazze non indifferente: in Cile domenica prossima si vota per eleggere l’Assemblea costituente che scriverà la nuova Costituzione, in Ecuador e in Perù praticamente è caduto il presidente per via delle proteste di piazza. I movimenti sociali stanno acquisendo forza, e nello specifico movimento delle donne, che stanno insistendo molto sulla questione dell’aborto, della violenza di genere e del riconoscimento dei diritti delle persone Lgbt”.

Alice Facchini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)