Covid e vaccino, "verso la crisi del Ssn e della scuola?"

L'epidemiologa Gandini si dice “preoccupata per le dichiarazioni di Pregliasco. Il Ssn, pur in affanno, è elemento fondamentale della nostra concezione di sanità al servizio del cittadino”. Sulla scuola: “A cosa serve la vaccinazione di massa, se i protocolli non cambiano?”. Il green pass? “Potrebbe diventare un lockdown degli altri”

Covid e vaccino, "verso la crisi del Ssn e della scuola?"

Sistema sanitario e sistema scolastico non si toccano: nonostante le difficoltà e gli “affanni”, sono e devono rimanere “elementi fondamentali delle nostra fondamenta costituzionali”, nonostante la prolungata emergenza sanitaria. Ne è convinta Sara Gandini, epidemiologa e docente di statistica medica presso l’Università Statale di Milano, che si dice quindi “preoccupata” per le dichiarazioni di alcuni amministratori ed esponenti politici in merito all'ipotesi di non coprire le spese delle cure per i malati Covid che non siano vaccinati. Altrettanto preoccupata, però, per la battaglia ideologica che si sta consumando intorno al tema del vaccino e del green pass e per le ripercussioni che la pandemia continuerà ad avere sul sistema scolastico e sulla vita dei giovani, nonostante i progressi della campagna vaccinale.

Iniziamo dalle ultime notizie. Si stanno preparando a far fuori il servizio sanitario nazionale? Una preoccupazione o una provocazione? Può aiutarci a inquadrare questa “tendenza”? Cosa ne pensa?
Va premesso che fra tagli e minori entrate, il Sistema sanitario nazionale ha perso 37 miliardi di euro negli ultimi 10 anni: con la crisi economica che potrebbe arrivare a causa della pandemia, c’è il fondato timore che possano arrivare nuovi tagli su sanità e scuola. Il Ssn, pur in affanno, è però elemento fondamentale della nostra concezione di sanità al servizio del cittadino e delle nostre stesse fondamenta costituzionali. Pregliasco dichiara: "Non vuoi vaccinarti? Sei libero, ma poi ti arrangi rispetto alle cure”. E aggiunge che la sanità italiana, una delle poche al mondo gratuita, è in affanno e potrebbe esserlo ancor più nel prossimo futuro. Sono dichiarazioni che preoccupano, assieme a quelle di medici che minacciano di non curare i non vaccinati e di assessori che cavalcano quest’onda. Fortunatamente sono arrivate le rassicurazioni del sottosegretario Sileri. In questo anno e mezzo siamo stati travolti da una mole di informazioni spesso contrastanti e sensazionalistiche: in alcuni casi erano solo sparate, in altri anticipazioni di situazioni che si sono poi verificate.

Ieri è stato il giorno in cui il green pass ha esteso il suo campo di applicazione. Pensa che sia uno strumento utile, o che rischi di creare una “guerra tra poveri”?
Il 90% degli insegnanti è vaccinato, assieme agli oltre 90% di over 60. Perché i media non celebrano con orgoglio questi straordinari risultati, preferendo concentrarsi sulle cattive notizie? Sulle prime dosi siamo al 4% in meno della Danimarca e rispetto alle ospedalizzazioni la nostra situazione è migliore di quella danese, che il 10 settembre dichiarerà il freedom day: nessuna mascherina, nessun obbligo di green pass, la maggior parte delle restrizioni viene tolta. A mio parere, il green pass rischia di trasformarsi in un “lockdown degli altri”, alimentando una violenta contrapposizione tra pro e contro.

Pro-vax e novax: pensa che ci sia uno spazio intermedio, in cui siano possibili delle “sfumature”? O che sia inevitabile questa che qualcuno definisce una “guerra di religione”?
I veri novax sono una percentuale molto bassa: attorno al 5%, secondo alcuni studi recenti. E non è vero che siano tutti analfabeti funzionali. Ci sono anche molte persone con alta scolarizzazione. Detto questo, i vaccini sono strumenti fondamentali nella lotta alla pandemia, ma non sono un dogma religioso: andrebbero somministrati sulla base del rapporto benefici-rischi come qualsiasi altro farmaco, e qui sta la sfumatura che non si afferra. Il 99% delle persone decedute di Covid-19 ha più di 50 anni: dunque la priorità assoluta dovrebbe essere spiegare l’importanza della vaccinazione degli over 50, per i quali il bilancio rischio/beneficio è molto evidente. Diverso e più complesso è il discorso per i minori: fare ricatti come “se non ti vaccini non puoi andare in palestra o in un museo” non aiuta, perché si perde di vista il tema della salute e la sicurezza. Certamente si consiglia il vaccino ai bambini con determinate patologie, quelli più fragili, perché per loro il vantaggio è chiaro. Alcuni paesi europei hanno scelto la vaccinazione di massa anche nei minori, ma non tutti. Se la stessa scienza ha dubbi e posizioni differenti, è ragionevole che i cittadini possano avere dubbi e perplessità e queste andrebbero trattate con rispetto. Dunque la realtà è più complessa della violenta contrapposizione tra novax e pro-vax: una sorta di guerra di religione, che non aiuta ad aver fiducia né nella scienza né nella politica.

Da “addetta ai lavori”, è favore all'obbligo vaccinale per tutti? E per i bambini e i ragazzi?
Sono convinta dell’utilità e dell’efficacia della vaccinazione come strumento in grado di ridurre in maniera estremamente significativa il rischio di malattia grave e di morte, come dicono i dati a nostra disposizione. Ritengo quindi che una vaccinazione ben pianificata sia uno strumento molto importante per mettere in sicurezza la popolazione. Non credo però nell’obbligo né in forme di “ricatto” morale o materiale più o meno velate, quanto nella scelta del cittadino trattato come “adulto”, basata su un'informazione completa e corretta: per questo motivo torno a sottolineare l’importanza di un approccio pacato e professionale alla comunicazione su temi tanto importanti.
Per quanto riguarda giovani e giovanissimi, al momento non vedo la necessità di vaccinarli in massa: proprio perché la vaccinazione è uno strumento molto importante e utilissimo per prevenire la malattia grave e la morte, questa dovrebbe essere dedicata alle fasce di popolazione che, per età o per appartenenza a categorie di rischio, sono maggiormente esposte. A meno di condizioni o patologie specifiche, per le quali naturalmente la vaccinazione, concordata con il medico curante, è importante, o di situazioni familiari o ambientali particolari, i dati dei quali disponiamo ci dicono che queste fasce di popolazione maggiormente a rischio di sviluppare la malattia grave o di morire non comprendono appunto i giovani e i giovanissimi. Non dimentichiamo inoltre che quella che stiamo vivendo è, appunto, una pandemia, ossia un problema che riguarda il mondo intero, che oggi è, per sua natura, globalizzato. In altre parole, una vaccinazione pensata e organizzata in modo da coprire il più velocemente possibile le fasce più a rischio a livello globale è sicuramente più efficace di una vaccinazione di massa senza distinzioni in un singolo Paese. 

Stanno per riaprire le scuole e le regole saranno ancora molto rigide: alcuni denunciano che la campagna vaccinale avrebbe potuto e dovuto allentare almeno alcune di queste. Cosa ne pensa?
Io domando: a cosa servono la vaccinazione di massa e l’ampia adesione degli insegnanti alla vaccinazione, se a scuola tutto resta come prima e i protocolli non cambiano? In questi giorni i funzionari della sanità pubblica di Berlino hanno indicato che solo gli insegnanti e gli alunni infetti saranno messi in quarantena, non più l’intera classe. Nella giustificazione dei responsabili della salute pubblica, si legge che si tratta ora di imparare a "convivere con il virus", perché altrimenti "il danno collaterale delle quarantene supererebbe chiaramente il beneficio". Si riferiscono ai diffusi problemi psicologici che sono derivati dalla lunga fase di assenza dalla scuola in presenza. Questa decisione viene presa nonostante la variante Delta, i cui sintomi permangono rari o solitamente lievi nei giovani. Inoltre sconsigliano anche loro i test di massa, gli screening a tappeto. Queste decisioni sono importanti per trovare un equilibrio adeguato tra il numero di contagi prevenibili e il numero di giorni di insegnamento persi a causa della quarantena, perché le conseguenze delle chiusure delle scuole, anche a livello di salute, sono devastanti. Sono aumentati assieme disturbi alimentari, sovrappeso e comportamenti autolesionisti, fino ai suicidi.
Il pedagogista Daniele Novara recentemente ha spiegato anche come il volto sia indispensabile in una vera relazione maieutica: le mascherine nei bambini, così come la Dad, impediscono una reale comunicazione e dunque relazione. Ricordo che anche l'Ecdc indica che le mascherine andrebbero usate dai 12 anni, non prima. Lo scorso anno scolastico in numerosi paesi Europei, come la Gran Bretagna, la Svezia, l’Olanda, e il Belgio, la mascherina a scuola, fino a 12 anni, non è stata utilizzata neppure in posizione non statica. Per gli alunni più grandi, si potrebbe stabilire di usarle solo in particolari circostanze, come le attività di lavoro comune, a gruppi o in insegnamento reciproco, quando non si può mantenere il metro di distanza.

Come immagina una presenza a scuola in sicurezza? Quali dovrebbero essere le regole e quali le precauzioni? Quali “libertà”, invece, potrebbero e dovrebbero essere reintrodotte?
Nell’anno scolastico 2020-2021 abbiamo assistito alla più grande interruzione dell’istruzione della storia umana. Prima di tutto dovremmo mettere al centro il benessere dei giovani, che sono quelli che hanno subito in modo sproporzionato le misure di prevenzione del virus. Abbiamo tutti bisogno di recuperare serenità, perché una comunicazione che parla solo di rischi e malattia non fa bene a nessun livello. Bisogna spiegare chiaramente che contagio non vuol dire malattia, soprattutto ora che una larga parte della popolazione è vaccinata.
Vari studi pubblicati in Italia e all’estero (incluso il nostro, grazie al quale ad aprile 2021 sono state riaperte le scuole) hanno mostrato che l’ambito scolastico è uno dei luoghi più sicuri. Alcuni studi recenti che stiamo conducendo confermano che gli studenti sono significativamente meno suscettibili all’infezione e meno contagiosi degli adulti. Non sono più accettabili ricatti rispetto alla scuola: l’istruzione in presenza deve essere considerata un bene di prima necessità. Perché se c’è una cosa che è apparsa evidente in tutto il mondo, è l’inadeguatezza delle lezioni online, da tutti i punti di vista, educativi e di salute. 

L'Oms ipotizza che l'obiettivo di vaccinare il 10% delle popolazioni che vivono nei Paesi a basso reddito non verrà raggiunto entro settembre 2021. Alcune stime parlano invece di un indefinito "dopo il 2023", per raggiungere una copertura adeguata per gran parte dei Paesi africani. Cosa ne pensa? E cosa bisognerebbe fare per colmare questa disparità?
Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore esecutivo dell’Oms, ha parlato di “catastrofe morale”. Ha detto: “Nei Paesi ricchi si propone ai bambini e agli adolescenti il vaccino, mentre gli operatori sanitari nei Paesi poveri non ne hanno. In una manciata di Paesi ricchi che hanno acquistato la maggior parte della fornitura di vaccini, i gruppi a basso rischio vengono ora vaccinati”. La riflessione se sia davvero necessario vaccinare i minori si basa su due motivi, il primo medico, il secondo etico. Dal punto di vista medico, la malattia Covid-19 non è pericolosa per la fascia tra gli 0 e 19 anni (mortalità dello 0,0003%); dal punto di vista etico, gli interessi economici delle aziende fanno sì che i Paesi ricchi destinino una risorsa importante come quella del vaccino a gruppi di popolazione con rischi quasi nulli di sviluppare malattia grave Covid-19 e non ai Paesi in via di sviluppo, dove mancano persino negli ospedali. Aggiungiamo che dai dati forniti dall'Istituto superiore di Sanità, per scongiurare un decesso tra gli anziani è sufficiente vaccinare 365 di essi, mentre per quanto riguarda i giovani è necessario vaccinarne 362mila. Una sproporzione che mostra l’insensatezza di vaccinare i giovani, perché quell’ammontare enorme di dosi dovrebbe essere usato in modo più utile. Sarebbe molto più ragionevole vaccinare i giovani seguendo le categorie di rischio, come suggerito in Gran Bretagna, mentre la vaccinazione di massa ha molto meno senso, anche perché i vaccini sono meno efficaci nel ridurre i contagi. 

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)