Dati e persone, il Cuamm cresce
Sette paesi dell’Africa: Angola, Etiopia, Mozambico, Sierra Leone, Sud Sudan, Tanzania e Uganda; 23 ospedali e 1.083 strutture sanitarie in cui Medici con l’Africa Cuamm ha operato nel corso del 2017 con 2.233 risorse umane, tra cui 218 internazionali europei.
Centinaia di migliaia di interventi eseguiti, anche grazie alle risorse raccolte da istituzioni, privati, aziende che si sono lasciati "coinvolgere" in questa straordinaria opera di solidarietà, per l'Africa e con l'Africa. A raccontarla è l'Annual report 2017 di Medici con l'Africa Cuamm. Leggi in anteprima per gli abbonati digitali il servizio della Difesa di domenica 8 luglio.
Sette paesi dell’Africa: Angola, Etiopia, Mozambico, Sierra Leone, Sud Sudan, Tanzania e Uganda
23 ospedali e 1.083 strutture sanitarie in cui Medici con l’Africa Cuamm ha operato nel corso del 2017 con 2.233 risorse umane, tra cui 218 internazionali europei. Il resto è tutto personale africano, perché il Cuamm crea anche sviluppo e lavoro, strettamente connessi alla sua mission: rafforzare i sistemi sanitari in Africa. E poi sei aree d’intervento: salute materno-infantile, nutrizione, malattie infettive, formazione, monitoraggio, valutazione e ricerca, malattie croniche.
Sono questi alcuni numeri generali di Medici con l’Africa Cuamm che, solo nel 2017, ha eseguito 187.928 parti assistiti (di cui 9.137 tagli cesarei) e 9.586 trasporti in ambulanza per emergenze ostetriche e parti sicuri; 16.222 sono stati i bambini trattati per malnutrizione acuta e 98.396 i piccoli sotto i due anni screenati per malnutrizione cronica con il 44 per cento affetto da patologia.
E ancora, nell’area delle malattie infettive, 15.752 i pazienti messi in terapia antiretrovirale contro Hiv/Aids, 2 milioni 260.236 le persone trattate per malaria (di cui il 33 per cento bambini con meno di 5 anni) e 1.353 pazienti per tubercolosi (di cui 40 con Tbc grave, curata in due anni, che se “si lascia andare” compromette la salute dell’intera società).
Riferendosi alle malattie croniche, sono 5.267 le persone visitate per diabete, 1.653 le cardiopatie diagnosticate, 18.855 le donne screenate per tumore alla cervice (la seconda causa di morte in Africa dopo l’Aids) e 652 quelle trattate con crioterapia o con leep. Infine, la formazione garantita a 11.623 operatori.
Foto, numeri, trasparenza.
Alla presentazione dell’Annual report don Dante Carraro si è servito di queste tre parole per andare oltre la formalità dei conti.
«Nella nostra pubblicazione ci sono immagini perché, prima di tutto, vengono le persone: la comunità africana che assistiamo e quella con cui lavoriamo, tanto quanto i volontari, medici, infermieri, ostetrici, logisti che ogni anno partono con il Cuamm. Poi vengono i numeri perché, in un’epoca di grandi sospetti verso la cooperazione internazionale, dobbiamo ribadire la serietà con cui agiamo e gli obiettivi del nostro impegno. Infine, c’è enorme bisogno di trasparenza per lavorare e continuare a essere sostenuti».
Il Cuamm è presente in alcune zone estremamente labili dell’Africa, come il Sud Sudan, uno dei paesi più giovani al mondo ma anche tra i più poveri.
Da lì, da Rumbek, da poco è rientrato Vincenzo Riboni, già primario del pronto soccorso dell’ospedale di Vicenza. «Sono un veterano del Sud Sudan, essendoci stato con il Cuamm quasi una volta all’anno fin dal 2008, quando ancora non era indipendente dal Sudan. Oggi si contano 4 milioni di sfollati, un milione di rifugiati in Uganda e 530 mila in Etiopia nella regione di Gambella. La situazione è tragica, la miseria profonda e il paese è estremamente difficile da controllare: impera il non diritto, il non stato con feroci episodi di violenza che generano insicurezza e istituzioni fragili. Gli operatori sono stanchi e arrabbiati perché non funziona nulla. A Rumbek il personale medico sudsudanese non viene pagato e perciò non ha interesse a curare i malati. Le donne hanno paura a entrare in ospedale e partoriscono in casa, rimettendoci la vita e lasciando orfani i neonati».
Un’altra delle mille emergenze affrontate in Sud Sudan sono le ferite d’arma: «Non so quanti interventi chirurgici ho fatto nell’ultimo periodo – continua Riboni – Ma ciò che ti ripaga è la riconoscenza della gente, come quel giovane che ha speso tutti i suoi risparmi per comprarmi una capra da “consumare” con chi desideravo».
Ogni euro 90 centesimi in cure
Ciò che è maggiormente rilevante e che distingue il Cuamm nell’ambito della cooperazione internazionale è che per un solo euro donato 0,90 centesimi sono andati spesi per progetti di cura, prevenzione e formazione.
Ragionando per grandi numeri, sono 25 milioni 475.380 euro investiti in un anno, mentre 1 milione 440.520 euro (il 5,1 per cento dell’intero patrimonio a disposizione) è stato destinato a sensibilizzazione, comunicazione e raccolta fondi e il restante milione e 160.551 euro (4,1 per cento) a costi di funzionamento e gestione generale (personale, struttura, acquisto materie prime, ammortamenti, imposte, tasse, oneri finanziari).