Donne in prima linea nella battaglia contro il covid-19

A ricordare l'impegno delle donne in questa guerra biologica contro il coronavirus è stata la Fondazione ricerca biomedica avanzata onlus - Vimm che in occasione della Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, ha organizzato la terza edizione di “Donne nella Scienza”.

Donne in prima linea nella battaglia contro il covid-19

È ormai trascorso un anno dall’inizio della battaglia mondiale contro il Covid-19 ed è innegabile che nella quotidiana lotta al virus le donne sono state in prima linea fin dall’esordio della pandemia. Con pragmatismo, altruismo e spirito di gruppo hanno lavorato nella ricerca scientifica, negli ospedali, nei reparti medici, nelle aziende e nelle istituzioni. Un ruolo non sempre visibile e sotto i riflettori, ma costante, appassionato e dedicato.

A ricordare il loro impegno in questa guerra biologica è stata la Fondazione ricerca biomedica avanzata onlus - Vimm che in occasione della Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, ha organizzato giovedì 11 febbraio la terza edizione di “Donne nella Scienza”.

«In questi mesi – spiega Annamaria Cattelan, direttrice dell’Unità operativa complessa malattie infettive e tropicali dell’Azienda ospedaliera di Padova e ospite dell’evento Vimm – ci siamo sentite in trincea ma abbiamo cercato di vivere questa nuova situazione come un’opportunità per il reparto. Abbiamo creato rapporti professionali che hanno generato una rete multidisciplinare che prima non esisteva. E i frutti si sono visti. Da un lato abbiamo lavorato molto sul campo, dall’altro siamo riuscite a mettere a frutto l’esperienza in corsia attraverso pubblicazioni scientifiche fatte con l’Università di Padova».

Ed è proprio nei laboratori padovani che è stato condotto il primo studio sui dati aggiornati al primo aprile 2020 della popolazione maschile in Veneto che ha portato a scoprire alcune proteine del tumore alla prostata capaci di proteggere dal Covid-19.

«Lo studio – racconta Monica Montopoli, ricercatrice Vimm, che durante la tavola rotonda “Donne nella Scienza” ha presentato i nuovi approcci farmacologici nella cura del Covid-19 – ha dato il via a trials clinici multicentrici che stiamo portando avanti nel nostro laboratorio anche con colleghi americani».

A testimoniare il ruolo fondamentale e insostituibile delle donne nella lotta quotidiana contro il virus, anche, Maria Pennuto, vicedirettrice scientifica Vimm, che in questi mesi ha reinventato il modo di lavorare in laboratorio con il suo gruppo di ricercatrici divise tra figli a casa in didattica a distanza, senso di responsabilità e paura del contagio. Biancarosa Volpe, direttrice dell’Unità operativa Psicologia ospedaliera dell’Azienda ospedaliera di Padova, che sta conducendo studi sulle ripercussioni psicologiche nei pazienti colpiti dal Covid. Olivia Schiavon, Ceo di Eumaco – Health care systems e rappresentante della Fondazione Bellisario, che supporta l’Azienda ospedaliera di Padova e la regione Veneto nell’implementazione della telemedicina e dei progressi nel monitoraggio dei pazienti da remoto; Francesca Russo, direttrice della Direzione prevenzione sicurezza alimentare e veterinaria della regione del Veneto in trincea senza sosta dai primissimi istanti della pandemia.

«Ricordo che ero sul treno quel venerdì sera del 21 febbraio 2020 – racconta Russo – stavo rientrando a casa e fui avvisata dei primi due tamponi positivi. Scesi dal treno a Thiene e tornai indietro. Da allora non mi sono più fermata. Questa pandemia ha il merito di aver premiato gli investimenti della regione Veneto nella prevenzione. Se non avessimo in tempi non sospetti puntato su questo ambito oggi non avremmo i risultati che abbiamo».

Che le donne non siano adatte a una carriera in ambito scientifico appare evidente essere solo un retaggio culturale. È però vero che per le donne è difficile scalare i vertici della piramide direzionale. E non solo in Italia.

A testimoniarlo è Laura Fabris, professoressa associata di Scienza e ingegneria dei materiali della Rutgers – The State University of New Jersey (Usa) che, intervenendo all’incontro, ha spiegato come il sistema americano, se pur diverso culturalmente, è simile al nostro per le difficoltà che le donne trovano nel conciliare lavoro e vita familiare.

Ma è proprio da lei che arriva l’invito a non demordere.

 «Tutte noi – conclude Fabris – siamo come un cubo di un materiale solido. Se veniamo sottoposte a forti pressioni a un certo punto ci rompiamo. Per questo non dobbiamo negarci nessun obiettivo professionale. Dobbiamo essere duttili. Capire che ci saranno periodi in cui eccelleremo nella professione, altri nell’essere genitori. In questa alternanza è possibile far convivere tutto quello che ci piace fare».

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