È legittimo finanziare i rimpatri “volontari” dalla Tunisia? Accolto l’appello delle associazioni

Il ricorso è stato presentato dalle associazioni Asgi e Spazi circolari. Sotto la lente il il progetto destinato all’assistenza delle persone migranti in situazioni di vulnerabilità che si trovano nel paese

È legittimo finanziare i rimpatri “volontari” dalla Tunisia? Accolto l’appello delle associazioni

E’ legittimo finanziare i rimpatri volontari dalla Tunisia? Dopo il ricorso delle associazioni Asgi e Spazi circolari il TAR dovrà ora fissare l'udienza per verificare la legittimità del finanziamento da 3 milioni di euro quasi esclusivamente dedicato ai rimpatri volontari dalla Tunisia. Secondo le associazioni  pur essendo definiti “come volontari, avvengono in un contesto di crescente violenza e discriminazione ledendo i diritti delle persone migranti, incluse persone vulnerabili e minorenni”.

“I rimpatri volontari sono un tassello fondamentale nella strategia di esternalizzazione e delega della gestione delle frontiere esterne, una politica promossa dall’UE e dall’Italia per limitare l’accesso al territorio europeo - scrivono Asgi e Spazi circolari in una nota -. Da un lato sono finanziate le autorità di frontiera per aumentare i controlli e bloccare le persone; dall’altro sono finanziate le organizzazioni internazionali, come l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), affinché riconducano le persone nei loro paesi di origine dove sono esposte al rischio di subire gravi violazioni dei loro diritti.  L’Italia è estremamente attiva in questo campo: da alcuni anni i rimpatri volontari sono uno strumento essenziale delle politiche di controllo della mobilità in Libia. Ora il medesimo schema si ripete in Tunisia”.

Le associazioni ricordano che a partire dal novembre del 2021, l’Italia ha finanziato il progetto “Potenziamento dei Meccanismi di Risposta e Assistenza ai Migranti Vulnerabili in Tunisia”, gestito dall’OIM e destinato all’assistenza delle persone migranti in situazioni di vulnerabilità che si trovano nel paese. La dotazione iniziale del progetto - 2 milioni di euro - era dedicata in maniera consistente all’assistenza umanitaria e alla protezione delle persone più vulnerabili. Gli ampliamenti avvenuti nel progetto nei successivi due anni - che hanno portato a un finanziamento di oltre 6 milioni di euro - ne hanno completamente modificato gli obiettivi. Si è assistito a un trasferimento della maggior parte delle risorse verso i programmi di rimpatrio cosiddetto volontario. 

A partire dal febbraio del 2023, il governo tunisino ha intrapreso una politica apertamente razzista, evocando lo spettro della sostituzione etnica e attuando politiche repressive e violente nei confronti delle persone migranti, soggette ad attacchi da parte delle autorità e della popolazione, in una situazione di sempre maggiore segregazione. Il culmine di queste pratiche discriminatorie è costituito dalle deportazioni illegali delle persone migranti verso le zone desertiche al confine con la Libia e con l’Algeria, dove si sono registrate numerose morti. Queste pratiche sono già state condannate dal Comitato Onu contro la Tortura.

“Nonostante tale nota situazione, a giugno del 2023 il governo italiano ha aumentato il finanziamento del progetto dell’OIM con ulteriori 3 milioni di euro quasi interamente dedicati ai cosiddetti rimpatri volontari. Lo schema si ripete, come in Libia: l’analisi dei dati svela che ad essere rimpatriati sono anche richiedenti asilo, persone vulnerabili minori e molte donne presumibilmente sottoposte a tratta che in Italia riceverebbero protezione” continua la nota . 

Asgi ritiene che in tale contesto il rimpatrio non può in alcun modo essere qualificato come volontario, poiché non esistono in una situazione di violenza indiscriminata e di pericolo alternative sicure. I rimpatri volontari, in queste condizioni, possono configurare quindi delle vere e proprie “espulsioni mascherate”. In questo senso, si è espresso in numerose occasioni anche il Relatore Speciale delle Nazioni Unite per le persone migranti, chiarendo che ove non vi siano alternative valide al rimpatrio e l’assenza di qualsivoglia forma di coercizione, il rimpatrio non può essere definito volontario.  A fronte di tale situazione, l’amministrazione italiana, seppur consapevole della degenerazione del contesto tunisino, ha comunque deciso di finanziare una misura che rischia di violare il principio di non-refoulement e lo ha fatto senza un’istruttoria adeguata e senza richiedere le garanzie previste nel nostro ordinamento proprio per il rimpatrio volontario.  ASGI, nell’ambito del progetto Oruka, a settembre del 2023, ha chiesto al giudice amministrativo di sospendere in via cautelare il finanziamento delle attività di ritorno volontario e di verificare la legittimità del finanziamento di 3 milioni di euro del giugno 2023. Il Consiglio di Stato ha ritenuto di accogliere l’appello presentato dalle associazioni ASGI e Spazi circolari con ricorso delle avvocate  Giulia Vicini, Eleonora Celoria, Cristina Laura Cecchini e Lucia Gennari, ritenendo che in ragione della data di fine del progetto fissata per 28 febbraio 2025 sia necessaria una decisione nel merito con urgenza.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)