Gaza, Azione contro la fame: “Raggiunto il livello più grave di insicurezza alimentare”

Lo ha certificato il sistema di Classificazione Integrata delle Fasi dell’insicurezza alimentare formato da Nazioni Unite, governi e Ong. “Più di 1,3 milioni di persone sono in Fase di emergenza o di catastrofe. Almeno una famiglia su quattro sta affrontando condizioni di insicurezza alimentare acuta e catastrofica”

Gaza, Azione contro la fame: “Raggiunto il livello più grave di insicurezza alimentare”

“Preoccupati per la dichiarazione di un altissimo rischio di carestia nel nord di Gaza e per le migliaia di sfollati nel sud della Striscia, una delle regioni più densamente popolate del mondo, dove metà della popolazione è costituita da bambini”. Così, in una nota, Azione contro la Fame. La dichiarazione è stata formalizzata dal sistema di Classificazione Integrata delle Fasi dell’insicurezza alimentare (IPC), formato da Nazioni Unite, governi e Ong, tra cui Azione contro la Fame, organizzazione umanitaria che opera a Gaza dal 2005. “La dichiarazione è, o dovrebbe essere, un punto di svolta – spiega Azione contro la fame -, dato che finora ci sono state solo quattro dichiarazioni di carestia negli ultimi decenni: Sud Sudan (2017); Somalia (2011); Corea del Nord (1995) ed Etiopia (1984)”. Secondo l’organizzazione, a Gaza oltre il 90% della popolazione è in Fase di crisi o in condizioni peggiori. “Infatti, più di 1,3 milioni di persone sono in Fase di emergenza o di catastrofe – si legge nella nota -. Almeno una famiglia su quattro sta affrontando condizioni di insicurezza alimentare acuta e catastrofica. Ciò significa che la mancanza di cibo è così grave da causare fame estrema, tassi allarmanti di malnutrizione acuta tra i bambini più piccoli e un significativo aumento della mortalità. Praticamente ogni famiglia di Gaza salta dei pasti ogni giorno e quattro famiglie su cinque nel nord e la metà delle famiglie sfollate nel sud, passano interi giorni e notti senza mangiare nulla”. Una situazione drammatica che potrebbe essere capovolta consentendo un maggiore accesso umanitario a Gaza, spiega Azione contro la fame. "La combinazione di bombardamenti incessanti, carenza di cibo, acqua e carburante e l'impossibilità delle agenzie umanitarie di operare a Gaza ha portato a questa situazione disperata. Le Nazioni Unite e le organizzazioni umanitarie hanno lanciato l'allarme per settimane sulla necessità di rimuovere le barriere all'ingresso degli aiuti umanitari a Gaza per evitare tutto questo”, afferma Chiara Saccardi, responsabile regionale di Azione contro la Fame per il Medio Oriente. “Tutto quello che stiamo facendo è insufficiente per soddisfare i bisogni di due milioni di persone. È difficile trovare farina e riso e la gente deve aspettare ore per avere accesso alle latrine e potersi lavare. Stiamo vivendo un livello di complessità in questa emergenza che non ho mai visto prima", aggiunge Noelia Monge, responsabile delle emergenze di Azione contro la Fame, appena tornata dalla zona. "La nostra organizzazione - afferma Noelia Monge - può continuare a operare a Gaza, anche se in misura minima, perché lavoriamo lì da molti anni e conosciamo bene i fornitori, abbiamo una mappatura molto esaustiva di dove possiamo reperire le merci e un'elevata capacità di mobilitazione supportata da personale locale. Ma se i camion non riescono ad arrivare e non c'è carburante, la distribuzione di cibo e acqua diventa praticamente impossibile".  Negli ultimi due mesi, Azione contro la Fame ha lavorato in condizioni estreme e pericolose per fornire acqua, servizi igienici e aiuti alimentari, ma la sicurezza e l'accesso umanitario sono stati fortemente limitati. Gli aiuti che arrivano a Gaza sono insufficienti, spiega l’organizzazione nella nota, il mercato locale non è rifornito e non si possono più raggiungere le aree del nord a causa dei combattimenti e della mancanza di trasporti. “Azione contro la Fame apprezza lo sforzo compiuto dalla risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite che chiede un cessate il fuoco umanitario e il rilascio incondizionato degli ostaggi detenuti a Gaza – si legge nella nota -. Tuttavia, non possiamo perdere di vista il fatto che questa risoluzione non è vincolante e rappresenta solo un piccolo passo verso un cessate il fuoco che, se attuato, sarebbe una misura salvavita per la popolazione civile di Gaza, sottoposta a continui bombardamenti e ora in condizioni di insicurezza alimentare catastrofiche”. 

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)