Granchio blu, prospettive grigie. Il crostaceo alieno mette in crisi la produzione di cozze e vongole

La proliferazione anomala del crostaceo sta devastando le aree lagunari e la produzione di cozze e vongole. Gli acquacoltori chiedono interventi urgenti

Granchio blu, prospettive grigie. Il crostaceo alieno mette in crisi la produzione di cozze e vongole

Non bastava la prolungata siccità dei mesi scorsi e le più recenti grandinate. In Polesine è emersa nelle ultime settimane un’ulteriore piaga, il granchio blu. Questo crostaceo, originario dell’Atlantico, ha iniziato a riprodursi in maniera esponenziale in alcune aree lagunari dell’Alto Adriatico, soprattutto nel Delta del Po e nella sottostante zona di Goro, in provincia di Ferrara. Ma analoghe difficoltà si stanno riscontrando anche in altre zone d’Italia, come nelle acque di Orbetello, in Toscana. Il suo aumento numerico ha causato danni ingenti sia all’ecosistema sia all’attività ittica presente, mettendo in allarme i pescatori e la cittadinanza. «Ha divorato tutto: prima le uova dei granchi autoctoni, poi le cozze e, subito a seguire, le vongole veraci che sono una parte fondamentale del nostro pescato». Sono le parole di Luigino Marchesini, presidente del Consorzio cooperative pescatori del Polesine; è sconsolato e preoccupato quando ne parla. La sua è una realtà costituita da 14 cooperative socie e quasi 1.500 partite Iva come forza lavoro. I suoi timori sono perciò quelli di un’intera categoria, ben oltre i confini regionali. «Non sappiamo come mai abbiano iniziato a riprodursi così rapidamente; forse i cambiamenti climatici hanno portato a condizioni favorevoli per l’accoppiamento e per la crescita nelle nostre lagune. Oltre che per il numero, causano problemi anche per le dimensioni visto che un maschio adulto può pesare fino a 6-7 etti. Questo vuol dire che è in grado di tranciare le nostre reti e può causare piccole lesioni ai bagnanti. Ora siamo in contatto con associazioni analoghe dell’Emilia Romagna e con le istituzioni per far fronte al problema». Una prima, provvisoria soluzione c’è già: pescare in massa il granchio incriminato e rivenderlo a scopi alimentari, viste le sue riconosciute proprietà. «In una decina di giorni abbiamo catturato moltissimi esemplari, con quantitativi che arrivano a 700 quintali complessivi. Il problema è che non abbiamo trovato finora un numero sufficiente di acquirenti, né tra chi si occupa di ristorazione né in altri settori come la produzione di mangimi». Sulla questione è intervenuta la Regione Veneto, con l’assessore alla pesca Cristiano Corazzari che ci conferma: «È stato qualcosa di rapido e inaspettato nelle proporzioni. Purtroppo non ci sono ancora studi sull’impatto di questa specie sul nostro ecosistema, essendo il problema così recente. Li stiamo osservando proprio adesso». Pertanto i primi interventi d’urgenza si sono concentrati nel fornire direttamente ai pescatori nuovi mezzi, normativi e materiali, per contrastare il fenomeno. «Abbiamo dato contributi per acquistare reti da pesca più resistenti, i cosiddetti “ostregheri”. Come pure li abbiamo autorizzati da subito a rivendere i granchi blu catturati ai ristoranti». Anche se questa seconda mossa non ha dato ancora i risultati sperati. In compenso c’è stata l’azione congiunta con gli omologhi delle altre due Regioni coinvolte nella crociata contro l’ingombrante crostaceo, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia. «Lunedì 24 luglio abbiamo inviato una lettera congiunta al ministero delle Politiche agricole e del sovranismo alimentare» aggiunge l’assessore veneto. Tra le richieste presentate nella lettera, in primis la convocazione di un tavolo tecnico con le misure urgenti e condivise da adottare. Un altro punto fondamentale consiste nell’elaborazione di un Piano nazionale di controllo della specie, con gli annessi progetti di studio per avviare un’efficace lotta biologica. Senza dimenticare la promozione del consumo dello stesso granchio. Corazzari era tra i presenti, lunedì 31 al palazzetto di Ca’ Tiepolo a Porto Tolle, assieme al sindaco Roberto Pizzoli, in un incontro pubblico organizzato dal Consorzio pescatori del Polesine secondo il quale i granchi stiano mangiando la semina stagionale e per il 2024 le prospettive sono scoraggianti. «Si chiede al Governo lo stato di calamità: è l’unico modo per avere risorse e indennizzi per compensare» ha dichiarato Pizzoli.

La causa sono le rotte mercantili del Novecento

Il granchio blu è una specie originaria della costa orientale degli Stati Uniti, diffusa tra il Canada meridionale e l’Argentina settentrionale. Il suo arrivo nel mar Mediterraneo lo si fa risalire attorno agli anni Cinquanta del Novecento, prima in Tunisia e Algeria e infine nel mar Adriatico. Una delle ipotesi più condivise è che abbia viaggiato dal continente americano all’Europa trascinato dalle navi mercantili. Nelle sue zone di origine viene mangiato da tartarughe, pesci e uccelli, ma in assenza di predatori naturali si riproduce molto velocemente: ogni esemplare femmina può deporre da 700 mila a 2 milioni di uova. La sua presenza, in Italia, è stata osservata a partire dal 2008 e lo smaltimento dei granchi pescati e non commercializzabili ha un costo elevato: le aziende che se ne occupano chiedono da 20 a 40 centesimi al chilo.

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)