Il primo salvataggio in mare di una ong 4 anni fa. Oggi non resta più nessuno

Era il 30 agosto del 2014 e per la prima volta una ong operava un salvataggio in mare di migranti. Fu il Moas la prima a prendere parte al soccorso in mare nel Mediterraneo. Oggi l'addio anche di Proactiva Open Arms al soccorso nel Mediterraneo centrale. "Preoccupati, nessuno merita di morire"

Il primo salvataggio in mare di una ong 4 anni fa. Oggi non resta più nessuno

Era il 30 agosto del 2014 e per la prima volta una ong operava un salvataggio in mare di migranti. A portare in salvo le persone con la nave  M/Y Phoenix fu il Moas (Migrant Offshore Aid Station) la prima organizzazione a prendere parte al soccorso in mare nel Mediterraneo. Dopo due settimane, l’equipaggio aveva già salvato e assistito oltre 1.500 persone, coordinandosi con la missione italiana Mare Nostrum. Oggi, 4 anni dopo, nessuna ong è rimasta a fare soccorso nel Mediterraneo. E’ di stamattina la notizia di Proactiva Open Arms si unirà alle operazioni di salvataggio nello Stretto di Gibilterra e nel Mare di Alboran” che separano Marocco e Spagna, che sono coordinate dalla guardia costiera spagnola. Lasciando in questo modo scoperto il Mediterraneo centrale dopo “le intense campagne di criminalizzazione delle ong e e l’avvio di politiche disumane che hanno provocato non solo la chiusura dei porti di Italia e Malta” spiega l’ong spagnola. “La paralisi di numerose organizzazioni umanitarie di salvataggio, come pure l’aumento del flusso migratorio verso il sud della Spagna”, scrive Proactiva Open Arms spinge a spostare la missione altrove.  

Anche il Moas fa un bilancio amaro. “La settimana scorsa abbiamo festeggiato il quarto anniversario dal lancio della prima missione MOAS. Il 25 agosto 2014, la M/Y Phoenix salpava dal porto di Valletta, Malta, per dirigersi verso la zona di Ricerca e Soccorso. Cinque giorni dopo, il nostro equipaggio – formato da professionisti nel settore marittimo, medico e umanitario – portava a termine il primo salvataggio mai intrapreso da un’organizzazione gestita dalla società civile - sottolinea Regina Catambrone, cofondatrice del progetto -. La M/Y Phoenix, un peschereccio canadese di 40 metri riadattato per svolgere le funzioni di Ricerca e Soccorso, si avvaleva di due droni per monitorare l’area circostante e fornire informazioni in tempo reale a Moas e ai Centri per il Coordinamento del Soccorso Marittimo. “Non è stato facile realizzare questo progetto. Sono cambiate molte cose da quando è nata l’idea l’anno scorso. Mare Nostrum ha avuto grande successo, ma purtroppo il suo futuro è incerto. Nel frattempo, sono sempre di più le persone sfollate da Siria, Iraq e Gaza. Ci sono imbarcazioni che arrivano senza alcun controllo sulle coste italiane, con molti minori non accompagnati a bordo. L’epidemia di Ebola ha ulteriormente complicato le cose. A fronte di tutto ciò, Moas ha seguito un unico principio: nessuno merita di morire in mare”.

Fra il 2014 e il 2017, i team MOAS a bordo della M/Y Phoenix – e, in seguito, della Topaz Responder – hanno tratto in salvo oltre 40.000 esseri umani nel Mediterraneo Centrale ed Egeo. Nell’agosto 2017, tuttavia, abbiamo deciso di sospendere le operazioni in mare perché non volevamo diventar parte di un meccanismo volto solamente a respingere le persone dalle coste europee. Nei seguenti 12 mesi, abbiamo osservato con sgomento la crescente ostilità nei confronti di migranti e rifugiati in molte parti d’Europa e i tentativi di criminalizzare le ONG di Ricerca e Soccorso, oltre a una maggiore mortalità lungo la rotta del Mediterraneo Centrale e le costanti minacce alla sicurezza e all’incolumità di chi salva vite in mare.

“Quattro anni fa, Moas ha condotto il primo salvataggio nel Mediterraneo. Motivati dalle parole di papa Francesco contro la globalizzazione dell’indifferenza, abbiamo salvato oltre 40.000 persone che avrebbero potuto perdere la vita lungo le rotte del Mediterraneo Centrale e dell’Egeo. Dallo scorso settembre, lavoriamo in Bangladesh per garantire assistenza medica ai Rohingya e alle comunità bengalesi che li ospitano. Tuttavia, siamo estremamente preoccupati per l’incapacità dimostrata dall’Europa di trovare soluzioni umane e continuiamo a monitorare il numero sempre più alto di morti in mare. Chiediamo che si adottino al più presto soluzioni fondate sui principi di umanità e solidarietà per tutelare chi è in cerca di pace”.

Moas esprime tutta la propria solidarietà alle organizzazioni impegnate a salvare vite nel Mar Mediterraneo e ad alleviare la sofferenza dei migranti e dei rifugiati a livello mondiale: “Chiediamo che la dimensione umanitaria della crisi nel Mediterraneo –  spesso adombrata da querelle politiche – torni ad essere prioritaria e auspichiamo soluzioni coordinate e a lungo termine per rispondere alle sfide derivanti dalla migrazione di massa”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)