Il rapper Kento: “Tra 100 anni non potremo credere di aver chiuso ragazzi di 14 anni in carcere”

Da 12 anni Francesco Kento Carlo tiene laboratori di scrittura rap negli istituti minorili e dal 2018 va una volta a settimana a Casal del Marmo, dove ieri 4 giovani hanno incendiato la cella

Il rapper Kento: “Tra 100 anni non potremo credere di aver chiuso ragazzi di 14 anni in carcere”

“Il carcere minorile è una misura anacronistica, tra 100 anni non potremo credere di aver vissuto in una società in grado di rinchiudere in cella dei ragazzi di 14 anni”. Non ci sono mezzi termini per Francesco Kento Carlo, rapper militante che da circa 12 anni tiene laboratori di scrittura rap all’interno di diversi istituti penali per minorenni italiani, interpellato da Redattore Sociale all’indomani dei fatti del carcere minorile romano di Casal del Marmo, dove quattro giovani hanno incendiato la propria cella ieri sera verso le 21. Due di questi, poi, sono stati portati in codice rosso per intossicazioni in ospedale, dove sono finiti anche tre poliziotti penitenziari, fortunatamente senza gravi conseguenze. “Non è un caso che la maggior parte dei problemi si manifestino in piena estate o in prossimità delle feste natalizie quando le attività si riducono o si interrompano totalmente e c’è più tempo per rimuginare – dice il rapper –. Ed è così che succedono i casini”.

Sulla situazioni degli istituti penali per minorenni, nel 2021, Kento ha scritto anche un libro, intitolato “BARRE – Rap, Sogni e Segreti in un Carcere Minorile” (Minimum Fax 2021), l’anno successivo ha pubblicato l’ep “Neanche Per Sbaglio”,  ha collaborato con l’associazione Antigone per la serie “Keep It Trill”, dedicata al ruolo della musica nel mondo della detenzione minorile in Italia e, sullo stesso tema, ha scritto e diretto la serie “Barre Aperte”, trasmessa in 8 puntate su Repubblica TV. Dal 2018, poi, insieme all’associazione Crisi Come Opportunità, che organizza attività e laboratori nelle carceri minorili italiane, conduce un laboratorio di scrittura rap una volta a settimana a Casal del Marmo. “Il rap è uno strumento straordinariamente efficace che i ragazzi conoscono come nativi, sanno già tutto, non devo spiegargli nulla. E poi è uno strumento democratico, non bisogna sapere suonare, non è neanche necessario saper leggere e scrivere, a volte ci sono ragazzi che, pur non conoscendo la musica, vanno dritti come frecce”.

Sono attualmente 17 gli istituti penali minorili in Italia. Si tratta di strutture diverse per caratteristiche e dimensioni, dove le attitudini personali degli operatori e la loro capacità d’iniziativa diventa di fondamentale importanza. “Ma sono pur sempre carceri con celle, sbarre e spioncini – commenta il rapper, che nel corso degli anni ha tenuto laboratori in circa 10 istituti  –: un luogo dove i ragazzi sono rinchiusi, non sono lì per scelta”. Non tutti, infatti, riescono ad accedere alle misure alternative, come la messa alla prova. “Pur essendo oggi una misura residuale, il carcere esiste ancora – commenta Kento –, ma nella maggior parte dei casi non sono i più colpevoli a finire dentro, bensì gli ultimi: quelli che non hanno una famiglia alle spalle, che non possono pagarsi gli avvocati o che non hanno gli strumenti giusti per orientarsi. Il classismo insito nella società italiana lo vedo riflesso anche nel carcere minorile. Anche quando si lavora bene, le criticità sono endemiche – conclude il rapper –. I ragazzi sono stressati, la situazione è pesante, e poi ci sono molti problemi psichiatrici e di autolesionismo. Tutto questo contribuisce a creare un cocktail esplosivo”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)