Italia: in aumento l’occupazione e in calo il vantaggio della laurea sul diploma. Male il confronto con l’Europa

I dati Istat. Nel 2022, fra gli under 35 con titolo conseguito da almeno un anno e non oltre tre, cresce il tasso di occupazione: 56,5% tra i diplomati e 74,6% tra i laureati (+6,6 e +7,1% sul 2021). Donne più istruite, ma peggiorano i differenziali occupazionali. Ampie le distanze con l’Europa in quanto a laureati e occupazione giovanile. In calo i giovani che abbandonano gli studi precocemente; Neet al 18,8%, con l’Italia solo dietro la Romania

Italia: in aumento l’occupazione e in calo il vantaggio della laurea sul diploma. Male il confronto con l’Europa

Nel 2022, fra gli under 35 con titolo conseguito da almeno un anno e non oltre tre, cresce il tasso di occupazione: 56,5% tra i diplomati e 74,6% tra i laureati (+6,6 e +7,1 punti sul 2021). Per i laureati il valore supera di 4 punti il livello raggiunto prima della crisi del 2008. Restano molto ampie le distanze con l’Europa.
Nel Mezzogiorno, i laureati 30-34enni (21,6% contro 29,6% del Nord) hanno un tasso di occupazione 20 punti più basso rispetto al Nord (69,9%, contro 89,2%). Se i genitori hanno un basso livello di istruzione, un giovane su quattro abbandona precocemente gli studi e uno su 10 raggiunge il titolo terziario. Con almeno un genitore laureato, le quote sono, rispettivamente, meno di tre su 100 e circa sette su 10.
Sono questi alcuni dei dati contenuti nel Report dell’Istat dal titolo “Livelli di istruzione e ritorni occupazionali”.

Il diploma è considerato il livello di formazione minimo indispensabile per una partecipazione al mercato del lavoro che abbia potenziale di crescita professionale. In Italia, nel 2022, il 63% dei 25-64enni ha almeno un titolo di studio secondario superiore, valore simile a quello della Spagna (64,2%), ma decisamente inferiore al tedesco (83,2%), al francese (83,3%) e a quello medio Ue27 (79,5%). Tra i 25-64enni, anche la quota di chi ha conseguito un titolo di studio terziario (20,3%) è più bassa della media europea (34,3%) ed è circa la metà di quella registrata in Francia e Spagna (41,6% e 41,1% rispettivamente).

In aumento l’occupazione e in calo il vantaggio della laurea sul diploma

Nella popolazione di età compresa tra i 25 e i 64 anni il tasso di occupazione aumenta, tra il 2021 e il 2022, di 1,3 punti percentuali tra chi possiede un titolo terziario e di due punti per i livelli di istruzione medio-bassi. “Ciò determina una lieve diminuzione del differenziale tra i tassi di occupazione dei laureati e dei diplomati, che era cresciuto nel biennio precedente, per effetto, tra i laureati, dell’impatto più contenuto della pandemia sull’occupazione nel 2020 e del miglioramento più accentuato nel 2021”, afferma l’Istat.
Nel 2022, il tasso di occupazione dei laureati raggiunge l’83,4%, valore superiore di 11 punti a quello dei diplomati (72,3%) e di 30 punti a quello di chi ha conseguito al più un titolo secondario inferiore (53,3%); il tasso di disoccupazione, pari al 3,9%, è invece più basso di 2,6 e 7 punti rispettivamente. “Si conferma, dunque, l’evidente ‘premio’ occupazionale dell’istruzione, in termini di aumento della probabilità di essere occupati al crescere del titolo di studio conseguito. Nonostante ciò, nel nostro Paese le opportunità occupazionali rimangono più basse di quelle medie europee anche per i laureati: il tasso di occupazione nell’Ue27 (87,4%) è superiore a quello dell’Italia di quattro punti, differenza simile a quella osservata per i titoli medio-bassi”.

Donne più istruite, ma differenziali occupazionali di genere in peggioramento

Le donne in Italia sono più istruite degli uomini: il 65,7% delle 25-64enni ha almeno un diploma (60,3% tra gli uomini) e le laureate arrivano al 23,5% (17,1% tra gli uomini). Le differenze di genere sono in aumento e risultano più marcate di quelle osservate nella media Ue27. Il vantaggio femminile nell’istruzione non si traduce però in un vantaggio lavorativo: il tasso di occupazione femminile è molto più basso di quello maschile (57,3% contro 78%) e il divario di genere è in aumento nel 2022.
I differenziali occupazionali si riducono al crescere del livello di istruzione (32,5 punti per i titoli bassi, 21 per i medi e 7,7 punti per gli alti), per effetto dell’aumento dei tassi di occupazione femminili più marcato di quello maschile: il tasso di occupazione tra le laureate è di 18,4 punti superiore a quello delle diplomate (soli 5,1 punti tra gli uomini); tra le diplomate è di 25,8 punti più elevato di quello tra le donne con al massimo la licenza media inferiore (14,3 punti tra gli uomini).
Tra le donne anche le differenze con la media europea si riducono all’aumentare del livello di istruzione: per le laureate, il tasso di occupazione è inferiore di 4,7 punti alla media Ue27, differenza pari a circa la metà di quella che si osserva per i titoli di studio medio-bassi.

Mezzogiorno e Centro-nord: ancora profondo il gap di istruzione e occupazione

La popolazione (25-64 anni) residente nel Mezzogiorno è meno istruita rispetto a quella del Centro-nord: il 38,1% ha il diploma di scuola secondaria superiore e solo il 16,8% ha raggiunto un titolo terziario; nel Nord e nel Centro circa il 45% è diplomato e più di uno su cinque è laureato (21,2% e 24,3% rispettivamente).
“Il divario territoriale nei livelli di istruzione riguarda uomini e donne, sebbene sia più marcato per la componente femminile – afferma l’Istat -. Nel Mezzogiorno il tasso di occupazione è molto più basso che nel resto del Paese e quello di disoccupazione molto più alto anche tra chi ha un titolo di studio elevato: il tasso di occupazione dei laureati è pari al 75,1% (12,6 punti inferiore a quello del Nord) e quello di disoccupazione al 6,7% (superiore di quattro punti). Nel Mezzogiorno, tuttavia, i vantaggi occupazionali dell’istruzione sono superiori rispetto al Centro-nord, in particolare tra le donne con un titolo terziario”.

Differenziali occupazionali per cittadinanza ancora molto ampi ma in diminuzione

Nel 2022, la quota di popolazione con almeno un titolo secondario superiore è pari al 64,6% tra i cittadini italiani e scende al 49,7% tra gli stranieri; la quota di laureati è rispettivamente pari a 21,4% e 11,5%. In Italia, i premi occupazionali dell’istruzione tra i cittadini stranieri sono molto bassi, decisamente inferiori a quelli degli italiani e a quelli osservati in altri Paesi europei. Il tasso di occupazione degli stranieri laureati, nonostante sia in aumento, è 16,6 punti inferiore rispetto a quello degli italiani (la differenza scende a 12,3 punti nella media Ue) e rimane leggermente inferiore a quello degli stranieri diplomati.

Decisamente ampio il gap con l’Europa nella quota di giovani laureati

Afferma l’Istat: “La quota di 30-34enni in possesso di un titolo di studio terziario era uno degli indicatori target della Strategia Europa 2020; nel nuovo Quadro strategico per la cooperazione europea relativo al 2030, l’indicatore è stato sostituito con quello riferito alla classe di età 25-34 anni. Nonostante in Italia, nel 2022, la quota di giovani adulti in possesso di un titolo di studio terziario sia leggermente cresciuta, attestandosi al 27,4% tra i 30 e i 34 anni e al 29,2% tra i 25 e i 34 anni, resta decisamente lontana dagli obiettivi europei (40% e 45%, rispettivamente)”.
In particolare, tra i giovani 25-34enni, il valore italiano è decisamente inferiore alla media europea (42% nell’Ue27) e molto al di sotto dei valori di altri paesi (50,4% Francia, 50,5% Spagna e 37,1% Germania). “Questa distanza trova ragione anche nella limitata disponibilità, in Italia, di corsi terziari di ciclo breve professionalizzantii, erogati dagli Istituti Tecnici Superiori, che in altri Paesi europei forniscono una quota importante dei titoli terziari conseguiti: con riferimento alla classe di età 25-34, in Spagna rappresentano quasi un terzo dei titoli terziari (30,2%), in Francia un quarto (24,3%), un decimo (10,9%) nella media dei 22 paesi europei membri Ocse e il 16,4% nella media dei paesi OCSE”.
In Italia, tra i 25-34enni, più di una giovane su tre (35,5%) e meno di un giovane su quattro (23,1%) possiede un titolo terziario; le medie Ue sono pari al 47,6% e 36,5% rispettivamente.

Il divario con l’Europa nella quota di laureati diventa ancora più marcato tra i giovani adulti di cittadinanza straniera: 12% in Italia e 35% nella media Ue. Anche il divario territoriale a sfavore del Mezzogiorno è molto marcato: è laureato meno di un giovane su quattro (23,9%), contro oltre tre giovani su 10 nel Centro e nel Nord (34,5% e 31,2%).
Il background familiare condiziona fortemente la possibilità che un giovane raggiunga un titolo terziario. Nelle famiglie con almeno un genitore laureato, la quota di figli 25-34enni che hanno conseguito un titolo terziario è pari al 67,6%, se almeno un genitore è diplomato cala al 39,1% e scende al 12,3% quando i genitori possiedono al più un titolo secondario inferiore. “L’associazione tra contesto familiare e titolo di studio è meno stretta per le giovani donne; la quota delle figlie con titolo terziario nelle famiglie con elevato livello di istruzione è infatti oltre quattro volte superiore a quella registrata nelle famiglie con bassi livelli di istruzione, mentre tra i loro coetanei maschi la differenza sale a oltre sette volte”.

Divari con l’Europa più ampi per l’occupazione giovanile

I divari con l’Europa nei tassi di occupazione sono più ampi tra i giovani. Nel 2022, tra i 30-34enni, il tasso di occupazione dei laureati è pari all’83,3% contro un valore medio Ue27 dell’89,3%, una differenza di sei punti che scende a quattro punti nella popolazione di 25-64 anni. La quota di occupati tra i diplomati è pari a 71,8% in Italia e a 81,3% nella media Ue, differenza di 9,5 punti che scende a cinque punti tra i 25-64enni. “L’aumento del gap con l’Europa al diminuire dell’età è dovuto al fatto che, a differenza di molti altri Paesi europei, in Italia il tasso di occupazione dei diplomati e laureati 30-34enni non supera quello della popolazione tra i 25-64 anni, segno della maggiore difficoltà e lentezza con cui il mercato del lavoro italiano riesce ad assorbire il giovane capitale umano”.

Vantaggio occupazionale della laurea massimo tra le giovani

Il tasso di occupazione delle 30-34enni laureate (80,6%) è inferiore a quello maschile (87,5%), con un divario di genere (6,9 punti) decisamente più contenuto di quello che si registra tra i diplomati (27,3 punti). Per le giovani adulte, il vantaggio occupazionale della laurea rispetto al diploma è davvero molto evidente: il tasso di occupazione delle laureate è di 23,5 punti più elevato rispetto a quello delle diplomate, differenza che si riduce a 18,4 punti tra le 25-64enni e a 14,3 punti nella media Ue.

Anche il divario territoriale più ampio per l’occupazione giovanile

Anche il divario territoriale nella partecipazione al mercato del lavoro dei laureati è più marcato tra i giovani rispetto alla popolazione adulta: nel 2022, la differenza tra Nord e Mezzogiorno nei tassi di occupazione dei 30-34enni è di 19,3 punti (scende a 12,6 punti nella popolazione tra i 25 e i 64 anni). Nel Mezzogiorno, la ridotta domanda di lavoro si estende anche ai livelli di istruzione più elevati e determina un tasso di mancata partecipazione, che misura la quota di non occupati tra quanti sono disponibili a lavorare, che tra i laureati raggiunge il 19,5% (scende al 4,5% e al 6,7%, rispettivamente nel Nord e nel Centro). “Ciò si osserva nonostante, nel 2022, il tasso di occupazione dei 30-34enni laureati abbia registrato una ulteriore crescita di 2,2 punti (che segue quella del 2021, pari a +3,4 punti, e il calo del 2020), concentrata nelle aree territoriali del Centro e del Mezzogiorno (4,8 e 3,9 punti; 0,2 punti nel Nord)”, afferma Istat.

In calo i giovani che hanno abbandonato gli studi precocemente

“Una delle priorità dell'Unione europea nel campo dell'istruzione e della formazione è la riduzione dell'abbandono scolastico prima del completamento del percorso di istruzione e formazione secondario superiore, che ha gravi ripercussioni sulla vita dei giovani e sulla società in generale. Il fenomeno è monitorato a livello europeo utilizzando come indicatore di riferimento la quota di 18-24enni che, in possesso al massimo di un titolo secondario inferiore, sono fuori dal sistema di istruzione e formazione (Early Leavers from Education and Training, ELET) – sottolinea l’Istat -. Il nuovo Quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione assume come obiettivo europeo, per il 2030, quello di ridurre tale quota ad un valore inferiore al 9%”.
In Italia, nel 2022, la quota di 18-24enni con al più un titolo secondario inferiore e non più inseriti in un percorso di istruzione o formazione è pari all’11,5% e tra il 2021 e il 2022 è diminuita di oltre un punto. Nonostante i notevoli progressi, il valore resta tra i più alti dell’Ue (la media europea è pari al 9,6%): l’Italia, terz’ultima nel 2021, nel 2022 diventa quint’ultima (dopo Romania, Spagna, Ungheria e Germania). Il fenomeno dell’abbandono scolastico è più frequente tra i ragazzi (13,6%) rispetto alle ragazze (9,1%). Anche i divari territoriali restano ampi: nel 2022, l’abbandono degli studi prima del completamento del percorso di istruzione e formazione secondario superiore, riguarda il 15,1% dei 18-24enni nel Mezzogiorno, il 9,9% al Nord e il 8,2% nel Centro. Tra i giovani stranieri, il tasso di abbandono precoce degli studi è tre volte quello degli italiani (30,1% contro 9,8%) e varia molto a seconda dell’età di arrivo in Italia. Per chi è entrato in Italia tra i 16 e i 24 anni di età la quota raggiunge il 49,6%, scende al 37% tra chi aveva 10-15 anni e cala ulteriormente, pur rimanendo elevata (20,8%), tra i ragazzi arrivati entro i primi nove anni di vita. Abbandono scolastico influenzato dal background familiare. Similmente al raggiungimento di un titolo terziario, anche la dispersione scolastica è associata alle caratteristiche socio-economiche della famiglia di origine: se il livello di istruzione dei genitori è basso, l’incidenza degli abbandoni precoci è molto elevata. Quasi un quarto (24,1%) dei giovani 18-24enni con genitori aventi al massimo la licenza media, ha abbandonato gli studi prima del diploma, quota che scende al 5,3% se almeno un genitore ha un titolo secondario superiore e al 2,5% se laureato.

Dopo l’incremento 2008-2014, quota di Neet di nuovo ai livelli pre-crisi

I giovani tra i 15 e i 29 anni che non sono più inseriti in un percorso scolastico/formativo e non sono impegnati in un’attività lavorativa, i cosiddetti NEET (Neither in Employment nor in Education and Training), presentano un concreto rischio di esclusione dal mercato del lavoro, che aumenta al crescere del tempo trascorso in tale condizione. L’attenzione a questo collettivo di giovani è molto alta a livello europeo e i contorni del fenomeno, le forti criticità e le possibili azioni di intervento sono oggetto di raccomandazione da parte del Consiglio dell’Unione europea (COM(2020) 277).
In Italia, la quota di NEET sul totale dei 15-29enni, stimato al 19% per il 2022, ritorna al valore del 2007 (18,8%) che riassorbe il forte aumento determinato dalla crisi economica mondiale (26,2% nel 2014), ma che nell’Ue è inferiore soltanto a quello della Romania (19,8%) e decisamente più elevato di quello medio europeo (11,7%), di quello spagnolo (12,7%), francese (12%) e tedesco (8,6%).
Il gap con l’Europa è massimo per i diplomati (8,3 punti) e scende a sei punti sia per i titoli terziari sia per chi ha al più un titolo secondario inferiore, (nonostante il calo generalizzato dei NEET sia stato leggermente più marcato proprio tra chi ha un titolo secondario superiore). L’incidenza dei NEET nel 2022 è scesa al 19,4% tra i giovani con al più un titolo secondario inferiore, al 20,3% tra chi ha un titolo secondario superiore e al 14% per coloro che hanno conseguito un titolo terziario.
“Se l’incidenza viene calcolata escludendo dal denominatore i giovani ancora in istruzione o formazione (in altre parole se si calcola la quota di chi non lavora tra coloro che non studiano più) il vantaggio occupazionale di possedere almeno un diploma appare evidente: dal 59,4% tra chi ha al massimo un titolo di studio secondario inferiore si scende al 36% tra chi ha un titolo secondario superiore”.
La quota di NEET sul totale dei 15-29enni nel 2022 è diminuita per entrambi i generi e in misura leggermente superiore per le donne, riducendo il gap che tuttavia rimane marcato (17,7% per gli uomini contro 20,5%). Nel Mezzogiorno la quota di NEET è più alta (27,9% contro 13,5% nel Nord e 15,3% e nel Centro). Tra gli stranieri raggiunge il 28,8% (18% tra gli italiani) ed emergono le differenze di genere: tra le straniere e le italiane ci sono quasi 20 punti di differenza (37,9% contro 18,5%, rispettivamente) mentre tra gli uomini sono circa 2 punti (stranieri 19,8%, italiani 17,5%).

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)