Ius soli, ius sanguinis, ius culturae: a che punto è la riforma della cittadinanza?

La legge 91 del 1992 compie trent’anni. Da oltre dieci si parla di una modifica ma è ancora tutto fermo. Brescia (M5S): “Nelle prossime settimane testo base per la riforma, ma sui tempi temo la campagna elettorale alle porte”. Le reazioni e le iniziative di Movimento italiani senza cittadinanza, Arci e Cittadinanzattiva

Ius soli, ius sanguinis, ius culturae: a che punto è la riforma della cittadinanza?

Era il 5 febbraio del 1992 quando veniva approvata in Italia la nuova legge sulla cittadinanza (la 91/92).  Una normativa che ormai da trent’anni stabilisce, secondo il principio dello ius sanguinis, che è italiano chi ha origini italiane, chi è adottato da un italiano o chi sposa un italiano. Gli stranieri, che arrivano nel paese, possono chiedere la cittadinanza per naturalizzazione solo dopo 10 anni di permanenza continuativa sul suolo italiano. I loro figli, invece, devono aspettare il compimento della maggiore età, dimostrando di aver vissuto ininterrottamente qui dalla nascita. Un percorso che, però, risulta spesso complicato: dopo la richiesta possono passare anni, tra cavilli e lungaggini burocratiche. Per questo, da almeno 10 anni i ragazzi nati e cresciuti nel nostro paese chiedono una riforma della legge, che accorci i tempi di attesa per chi è già italiano di fatto ma non di diritto. Ma tra annunci, promesse elettorali e polemiche a oggi nulla si è mosso. 

Dall’inizio della nuova legislatura, in Commissione Affari Costituzionali alla Camera ci sono tre disegni di legge ancora fermi, firmati da Laura BoldriniMatteo Orfini Laura Polverini. Ma a breve potrebbe essere elaborato un testo base di sintesi, spiega a Redattore Sociale Giuseppe Brescia (Movimento Cinque Stelle), relatore della legge: “Sto approntando una proposta di testo base da presentare alla commissione nelle prossime settimane - spiega a Redattore Sociale -. Penso che dopo 30 anni la legge vada assolutamente rivista e attualizzata, ma vanno verificate in commissione le condizioni politiche per intraprendere questo percorso”. Non è facile capire, però, se si arriverà a portare avanti il testo prima della fine della legislatura: “Il tempo è poco, non bisogna illudere chi aspetta questa legge. Sono sempre stato onesto e trasparente con le associazioni e i ragazzi e le ragazze che si impegnano giustamente sul tema - sottolinea Brescia -. Temo poi il tam tam della propaganda di destra e di sinistra con la campagna elettorale alle porte. Anche per questo il testo sarà non ideologico e molto pragmatico”.

L’ultimo tentativo di riforma risale al 2015, quando fu approvato alla Camera il disegno di legge a firma Marilena Fabbri che introduceva lo ius soli temperato (acquisizione anche alla nascita ai figli di stranieri in possesso di permesso di soggiorno CE di lungo periodo) e lo ius culturae (acquisizione alla fine di un percorso scolastico). Ma la legge non fu mai approvata in Senato. Il punto più contestato, dalle destre e non solo, era il riferimento all’acquisizione per nascita tramite ius soli, seppure non in forma pura, ma temperata da una serie di requisiti. Una parte che verrà con tutta probabilità eliminata nella formulazione della nuova proposta di legge. Ci si concentrerà solo sullo ius culturae o ius scholae, con la scuola considerata fattore di integrazione e cittadinanza. 

Nel frattempo ci sono centinaia di migliaia di ragazzi in attesa. Secondo un rapporto di Idos realizzato insieme alla campagna Dalla Parte Giusta della storia in occasione del trentennale della Legge 91/92, sarebbero almeno un milione e mezzo i potenziali nuovi cittadini italiani penalizzati dalle normative in vigore.  “Vogliamo che sia l’ultimo compleanno di questa legge ingiusta - sottolinea Ada Ugo Abara, presidentessa di Arising Africans, una delle molte associazioni delle nuove generazioni che animano la rete -. Nelle settimane scorse, anche io, come la legge, ho compiuto 30 anni. Attorno a noi cambia tutto, tranne questa legge”. Gli attivisti e le organizzazioni della rete hanno  lanciato una serie di iniziative, che partiranno proprio il 5 febbraio con la challenge digitale #ècambiatoQUASItutto e l’invio di una memoria alla Commissione Affari Costituzionali e ai partiti per chiedere una nuova legge entro la fine della legislatura.

Anche Cittadinanza attiva e il Movimento Italiani senza cittadinanza hanno rilanciato la campagna Obiettivo Cittadinanza in occasione del 5 febbraio: “Noi Italiani non riconosciuti viviamo direttamente l'impatto di una legge discriminatoria che subiamo come un muro pesante trent'anni che va abbattuto il prima possibile – spiega Sonny Olumati del movimento Italiani senza cittadinanza, nato a Roma ma ancora senza passaporto italiano –. La riforma della legge sulla cittadinanza è un atto dovuto a più di un milione di bambini e adolescenti qui cresciuti e agli adulti che come me si sentono imprigionati e stranieri in casa propria per la miopia dei politici che votarono il testo nel 1992 e dei politici di oggi che continuano a negare la trasformazione del Paese che noi rappresentiamo nel presente e per il futuro".

La mancata riforma della cittadinanza non penalizza solo i figli degli stranieri ma tutto il paese, secondo Arci, che fa parte delle organizzazioni promotrici nel 2011 della proposta di iniziativa popolare L’Italia sono anch’io“In questi decenni il Parlamento non ha avuto il coraggio di riformare la legge. Un immobilismo politico preoccupante in un paese che da anni registra un importante calo demografico, mentre nello stesso tempo il numero dei “nuovi cittadini”, nati o arrivati in Italia, ha segnato una continua crescita - spiega l’organizzazione in una nota -. Sono anni che l’Arci, insieme ad una vasta rete di associazioni, porta avanti una battaglia per modificare la legge e consentire alle bambine e ai bambini figli di immigrati di poter acquisire la cittadinanza italiana fin dalla nascita, o dopo aver frequentato un ciclo scolastico se arrivati in Italia da piccoli, e per sottrarre alla discrezionalità della pubblica amministrazione la decisione sull’accesso alla cittadinanza degli adulti residenti da più anni in Italia, trasformando quel diritto in un diritto soggettivo, legato solo alle condizioni previste dalla legge, e non alla decisione del funzionario di turno, com’è oggi”. Domani, in occasione dell'anniversario della legge sulla cittadinanza, Arci darà vita a un volantinaggio davanti alle scuole di molte città e invierà una cartolina elettronica ai parlamentari per chiedere loro un atto di responsabilità per approvare “una riforma che aspettiamo da troppo tempo”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)