L’oro nero degli ultimi. Viaggio nelle carboniere in Zambia

Il carbone di legna è la fonte di energia termica più utilizzata per scopi domestici nel paese africano. La sua produzione, tuttavia, è tra le principali cause di deforestazione e di patologie polmonari e cardiovascolari. Ma qualcosa sta cambiando e c’è chi investe nel rimboschimento

L’oro nero degli ultimi. Viaggio nelle carboniere in Zambia

Il carbone di legna è la fonte di energia termica più utilizzata in Zambia per usi domestici. L’86% della popolazione di Lusaka, capitale del paese, l’utilizza per cucinare e riscaldarsi nei mesi freddi. La produzione di carbone è tra le cause principali della deforestazione nazionale, contribuendo ad una riduzione annua dello 0,1% dell’area boschiva. Non solo un impatto ambientale ma anche causa di patologie polmonari e cardiovascolari, durante il suo utilizzo. Come riportato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Dati 2010), l’uso di combustibili solidi, legna e carbone, in sistemi di cottura inefficienti, causa globalmente 4,3 milioni di morti premature annue, per la maggior parte tra donne e bambini. Nello specifico, in Zambia, il carbone vegetale contribuisce al 3,7% del Pil del paese e spesso risulta l’unica fonte di profitto per le popolazioni che vivono in aree rurali, la cui produzione alimentare è sempre più minacciata dagli effetti dei cambiamenti climatici e da pratiche agricole insostenibili.

La produzione di carbone è tra le cause principali della deforestazione nazionale, ma anche causa di patologie polmonari e cardiovascolari

Il reportage fotografico è un viaggio a ritroso per le strade e le periferie di Lusaka. Si inizia documentando l’utilizzo quotidiano del carbone, passando per la sua vendita in mercati informali, in zone povere delle città, e terminando con una ricerca sulle pratiche utilizzate per la sua produzione. Le prime foto mostrano le cucine di vari ristoranti che si trovano nel complesso di Matebeto a Lusaka. L’area prende il nome da una tradizionale cerimonia prenuziale che si svolge in Zambia, nella quale, le donne della famiglia della futura sposa cucinano le pietanze della cultura della loro tribù per la famiglia, gli amici e gli ospiti del futuro sposo. La celebrazione avviene generalmente per matrimoni tra due diversi gruppi etnici o tribù. Il carbone viene inserito in un braciere, chiamato nella lingua locale Mbawula, su cui viene posta la pentola. Ogni pasto zambiano viene rigorosamente accompagnato dalla Nshima, una polenta di farina di mais bianco. Per preparare la Nshima, serve energia e pazienza, soprattutto quando lo si fa per molte persone.

Il mercato del carbone nel compound di George, Lusaka ovest

Il carbone arriva in città con enormi camion che approdano nel mercato più grande della città situato nel compound di George, Lusaka ovest. È una delle aree più povere della città, dove vivono quasi 400.000 persone con una sola clinica ed un’unica scuola. L’ assenza di acqua corrente nelle case porta gli abitanti a scavare pozzi improvvisati ed illegali che spesso durante la stagione delle piogge vengono inquinati dai liquami delle latrine, generando casi diffusi di colera.

Per raggiungere il mercato si rimane colpiti dal numero di persone e specialmente di bambini per strada che spesso rimangono stupiti dal colore differente della pelle e non mancano di gridarti “muzungu”, che in Swahili significa “uomo bianco”.

Il mercato del carbone è un luogo reale che supera il surreale, una piccola collina soprelevata prodotta dagli scarti e dalla polvere di carbone sedimentativi negli anni. È popolato soprattutto da donne e bambini. Le prime sono coloro che attivamente vi lavorano, impacchettano il prodotto in sacchi più piccoli, da 50 o 25 kg, che poi rivendono. I bambini passano il tempo a giocare o a raccogliere le briciole di carbone che poi rivendono in sacchetti da 5 kg. La polvere e il nero del carbone sono la costante di questo luogo, quotidianamente animato e dedito alla vendita del prodotto.

Il processo di carbonizzazione che dura circa una settimana senza mai estinguersi, producendo nell’aria un odore acre e riconoscibile a metri di distanza.

Il carbone è utilizzato soprattutto nelle aree urbane e suburbane delle città, dove non vi è la disponibilità di legna, la quale viene raccolta e trasformata in carbone nelle aree rurali. Questo viene prodotto in delle carbonaie costruite a ridosso dell’albero che viene tagliato. I ceppi di legna vengono pazientemente sovrapposti e ricoperti da paglia e quindi da terra e fango. La paglia, una volta infiammata, dà avvio al processo di carbonizzazione che dura circa una settimana senza mai estinguersi, producendo nell’aria un odore acre e riconoscibile a metri di distanza. Quando il fumo si indebolisce significa che il carbone è pronto, viene quindi rimosso dalla terra e raffreddato con acqua.

La storia di Francis, ex minatore e produttore di carbone

Ho appreso l’intero processo da Francis, un ex minatore e produttore di carbone, che giorno dopo giorno mi ha mostrato il paziente iter di produzione. Francis mi ha motivato così la scelta di sopravvivere producendo carbone: “Lavoravo 12 ore al giorno in una miniera di Piombo nel Copperbelt (Nord dello Zambia). La mia famiglia un giorno mi chiamò raccontandomi che mio nipote era malato e aveva bisogno di un trapianto di reni per sopravvivere. Ero risultato l’unica persona compatibile alla donazione di organi. Decisi quindi di aiutarlo. Insieme ci siam recati in India per svolgere l’intervento. Una volta tornato in Zambia tornai alla miniera per riprendere il mio lavoro, ma, dopo una visita medica, la compagnia mineraria non mi riteneva più idoneo alla faticosa vita del minatore. Quindi tornai a Lusaka dalla mia famiglia e ad ora taglio alberi e produco il carbone che rivendo qui in zona”.

Il cambiamento è possibile ed auspicabile. Francis, ex-carbonaio ora pianta alberi e contribuisce attivamente ad uno sviluppo sostenibile del suo territorio.

Ho passato quasi un mese insieme a Francis ed ho compreso che molte volte la produzione di carbone diventa l’unico modo per generare un piccolo guadagno nel breve termine. Per ridurre la produzione e consumo di carbone, non si può semplicemente utilizzare politiche proibizionistiche, ma occorre, da un lato garantire nuove attività sostenibili generatrici di reddito, e dall’altro ricercare alternative energetiche economicamente vantaggiose per i consumatori. Il progetto fotografico termina documentando che il cambiamento è possibile ed auspicabile. Francis ora lavora per un’azienda zambiana in un vivaio nella comunità di Koinonia, alle porte di Lusaka, dove l’Ong milanese Amani supporta il centro residenziale Mthunzi che ospita ex-bambini di strada. L’ex-carbonaio ora pianta alberi e contribuisce attivamente ad uno sviluppo sostenibile del suo territorio.

L’autore del reportage è Andrea Santopaolo, un venticinquenne amante della fotografia sociale e ambientale, con una laurea in ingegneria energetica. Ha collaborato in Zambia con l’Ong Amani in progetti di sviluppo rurale e peri-urbano nell’ambito agricolo ed energetico a sostegno di un centro residenziali per ex-bambini di strada a Lusaka.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)