La Pira. Giunti: “A Bruxelles per dire che pace e dialogo sono unica via percorribile nel mondo dell’era atomica”

Patrizia Giunti, presidente della Fondazione La Pira, commenta la visita che il Consiglio dei Giovani del Mediterraneo ha fatto il 3 e 4 aprile alle istituzioni europee: “Individuati dalle Chiese dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, questi giovani sono il segno di un messaggio di pace e di futuro. E’ una iniziativa a cui guardiamo con speranza per affrontare un futuro che ci appare pieno di insidie e di nebbia. La nostra generazione, credeva che questi orizzonti di incertezza e di precarietà fossero ormai alle nostre spalle e invece non è così”

La Pira. Giunti: “A Bruxelles per dire che pace e dialogo sono unica via percorribile nel mondo dell’era atomica”

Un messaggio di pace e dialogo come “unica via percorribile”, perché “nel mondo dell’era atomica, la guerra significa negazione della vita sulla terra”. A portarlo nel cuore dell’Unione Europea sono stati i ragazzi e le ragazze del Consiglio dei giovani del Mediterraneo. La delegazione, composta da giovani provenienti da Libano, Tunisia, Slovenia e Spagna e accompagnata da mons. Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei, è stata ricevuta mercoledì 3 aprile da Roberta Metsola, Presidente del Parlamento europeo ed ha animato giovedì 4 aprile, un evento pubblico al Parlamento Europeo sul tema, “Costruire ponti di dialogo, unità e pace tra popoli e culture”. Nata come opera-segno a seguito dell’Incontro di Vescovi e Sindaci del Mediterraneo (Firenze, 23-27 febbraio 2022), il Consiglio è soprattutto “un’esperienza generativa, perché nel dialogo tra i giovani nascono delle relazioni che daranno poi vita a delle iniziative e progetti ulteriori”, spiega Gabriele Pecchioli, presidente dell’Opera per la gioventù “Giorgio La Pira”. Il Consiglio sta già lavorando su progetti che seguono quattro direttrici: impegno sociale e politico, educazione, dialogo culturale e interreligioso, giovani e comunità ecclesiali. Abbiamo chiesto a Patrizia Giunti, presidente della Fondazione La Pira, di tracciare un “bilancio” di questi giorni presso le istituzioni europee.

Cosa significa portare a Bruxelles, nel cuore dell’Europea, la voce della pace e del dialogo?

Significa costruire speranza contro ogni disperazione. Significa, seguendo l’insegnamento di Giorgio La Pira, lanciare la possibilità di erigere ponti di dialogo, anche quando il presente ci dice che siamo di fronte a momenti di assoluta tenebra.

Far risuonare voci di pace, far risplendere bagliori di speranza. Era il messaggio di La Pira. E’ la nostra responsabilità oggi.

Quali sono le sfide che più vi preoccupano su questo sfondo di mare tra guerra e migrazioni?

Quella di conservare il senso della dignità della persona umana. Il dolore delle migrazioni, lo sfruttamento, l’indifferenza, la mancanza di accoglienza, le sofferenze inenarrabili delle guerre sono tutte forme di negazione della dignità dell’uomo e della vita. La preoccupazione fondamentale è che tutto questo avviene oggi. Il mondo è passato attraverso le tragedie della Seconda guerra mondiale, l’esperienza dei totalitarismi e la negazione del valore della persona. Poi, nella seconda metà del 900, grazie agli organismi sovranazionali, alle carte dei diritti, alle esperienze delle democrazie e anche alla costruzione dell’Unione europea, abbiamo vissuto un momento di ricostruzione che ci ha fatto sperare nella possibilità di un futuro di pace tra i popoli e di dialogo tra le religioni e tra le fedi.

Oggi questa speranza e questa certezza sono messe in discussione. Si aprono prospettive di grande preoccupazione e precarietà.

Che missione vede in questo “Consiglio dei giovani del Mediterraneo”?

Individuati dalle Chiese dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, questi giovani sono il segno di un messaggio di pace e di futuro. E’ una iniziativa a cui guardiamo con speranza per affrontare un futuro che ci appare pieno di insidie e di nebbia. La nostra generazione credeva che questi orizzonti di incertezza e di precarietà fossero ormai alle nostre spalle e invece non è così.

Cosa avete chiesto in questi giorni all’Unione europea?

Di essere quello per cui è nata, un’Unione tra popoli che guarda alla forza della cultura in cui si è radicata, ma per trovare la forza di proiettarsi a tutto il mondo. L’Europa ha nella sua vocazione il dialogo e la costruzione di una politica di prosperità e di pace per tutti i continenti. A questo è chiamata l’Europa.

Di fronte a un’Europa che si arma, quale voce vogliono portare invece le Chiese del Mediterraneo?

La voce di chi chiede di recuperare quei valori che nella seconda metà del 900, rappresentavano la risposta al dramma della Seconda guerra mondiale.

Il messaggio oggi che le Chiese, i giovani e i popoli del Mediterraneo portano, è quello di La Pira, e cioè l’impossibilità, anzi, dell’illogicità della guerra come strumento di risoluzione dei conflitti.

Perché nel mondo dell’era atomica, guerra significa negazione della vita sulla terra. La vera utopia è pensare alla guerra come strumento di soluzione dei conflitti, laddove l’unica realtà, autenticamente percorribile e praticabile, è la realtà della pace e del dialogo. E’ il grande lascito dei padri che hanno scritto la nostra Costituzione italiana e dei padri che hanno creato l’Unione europea.

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Fonte: Sir