La periferia al centro del progetto del Veneto futuro. 43 comuni lontani da servizi essenziali

Tra Bellunese, Altopiano e Delta del Po, sono 43 i Comuni, che rientrano nelle aree interne della Regione, distanti dai servizi essenziali. Serve una politica per invertire il flusso dello spopolamento e della frammentazione

La periferia al centro del progetto del Veneto futuro. 43 comuni lontani da servizi essenziali

Se abitate in un Comune distante più di 67 minuti di auto dai servizi essenziali, siete in un’area interna, anche definita “ultraperiferica”, forse più tranquilla ma con diversi problemi di qualità e sostenibilità. È questo il focus del convegno “Centralità periferica” tenutosi giovedì 27 luglio a Palazzo Ferro-Fini a Venezia, dove è stato presentato il rapporto redatto dall’Osservatorio economia e territorio di Cna Veneto. «Le aree marginali rappresentano una questione strategica – introduce Roberto Ciambetti, presidente del Consiglio regionale – «Il Veneto dal secondo dopoguerra a oggi ha visto un progressivo impoverimento di queste aree con la diminuzione della popolazione residente, calo dei livelli occupazionali e, soprattutto abbattimento nell’offerta di servizi, processi questi che vanno sommati ad altri fenomeni soprattutto in campo ambientale come per esempio l’avanzare delle aree incolte o abbandonate sino al dissesto idrogeologico». In Veneto le aree periferiche interessano 43 Comuni per una superficie territoriale pari a 2.742 chilometri quadrati; i 92.550 abitanti rappresentano circa il 2 per cento della popolazione regionale e in questi ci sono circa 14 mila imprese attive con 35.081 per un valore pari a 990 milioni di euro. Il quadro preciso e corredato di numeri e dati è fornito da Alberto Cestari, ricercatore del Centro studi sintesi, che specifica: «I tre servizi ritenuti essenziali, e lontani oltre un’ora di strada nelle aree interne, sono un’offerta scolastica superiore completa, un ospedale con dipartimento emergenza e accettazione, una stazione ferroviaria. I problemi a cui assistiamo nelle aree interne sono l’invecchiamento della popolazione, perché i giovani non restano a vivere in zone con pochi servizi; la frammentazione amministrativa che limita la capacità dei Comuni di erogare servizi di qualità alla popolazione e alle imprese; difficoltà di fare impresa con conseguenti abbandono e minaccia di rischio idrogeologico, in particolare delle aziende agricole che sono un presidio del territorio». Contro lo spopolamento di queste aree da qualche anno è stato avviato un progetto che punta a migliorare la qualità dei servizi ai cittadini e a incrementare le opportunità di crescita economica. Si tratta della Strategia nazionale per le Aree interne (Snai) che in Veneto ingloba larga parte del Bellunese, i Comuni di Asiago, Roana e Gallio, e un’area del Delta del Po. Avviata per la prima volta nel 2014, la Snai è stata rinnovata con l’accordo di partenariato 2021-2027 confermandosi uno strumento di programmazione nazionale dei fondi strutturali e di investimento europei assegnati all’Italia. «In realtà lo studio copre un arco di 20 anni – puntualizza Cestari – Ma non è ancora completo. Per esempio sappiamo dai media locali che ci sono stati casi di ritorno nelle aree interne, di investimenti in piccole aziende agricole o attività commerciali, ma non c’è una mappatura vera e propria. Malgrado questi modesti segnali positivi serviranno grossi interventi, perché quelli messi in campo non invertiranno la tendenza neanche in 5-10 anni. Tra le soluzioni: banda larga per attrarre, per esempio, chi lavora in smart working; puntare su un turismo lento; migliorare i servizi, a partire da quelli amministrativi». Il presidente del Cna, Moreno De Col conclude: «La vocazione agricola delle aree periferiche va salvaguardata e consolidata, non solo come concreta opportunità di sviluppo, ma anche in qualità di prezioso presidio del territorio. Allo stesso modo la potenzialità di queste aree va senz’altro letta quale attivatore di micro-filiere turistiche con la prospettiva di attrarre imprenditorialità e nuova residenzialità».

I fattori che incidono anche sulla denatalità

Le aree interne del Veneto sono nelle zone montane per l’81,3 per cento, 17 per cento in pianura e 1,7 per cento in collina. Aree di forte valenza paesaggistica, naturalistica e di valore turistico che tuttavia, come sottolinea lo studio presentato da Cna, dal punto di vista socioeconomico sono interessate da problematiche importanti quali un deciso calo demografico in flessione del 7,3 per cento nel decennio 2012-2022; un naturale fenomeno di invecchiamento della popolazione che nel territorio si manifesta con una maggiore intensità (indice di vecchiaia – rapporto tra la popolazione di età superiore a 64 anni ogni cento residenti di età inferiore a 15 anni – pari al 271,8 per cento) e una carenza di opportunità di crescita e lavorative che hanno spinto i residenti a lasciare questi luoghi. Il decremento della popolazione giovane ha influito negativamente sulla natalità, con un saldo naturale in netto peggioramento (dal meno 2,7 per mille del 2002 al meno 7,7 per mille del 2021).

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