Manel Bousselmi (Fatima): “Donne musulmane ancora vittime di discriminazioni e pregiudizi”

Parla la presidentessa dell'associazione delle Donne Islamiche “Fatima” che oggi conta 150 associate provenienti da Tunisia, Marocco, Algeria, Bangladesh e Senegal. “La strada per affermare i nostri diritti è ancora lunga

Manel Bousselmi (Fatima): “Donne musulmane ancora vittime di discriminazioni e pregiudizi”

 La strada è ancora molto lunga a Palermo - ma anche nel resto d'Italia - nell'affermazione piena di tutti i diritti della donna musulmana ad avere una vita sociale e culturale uguale a quella di tutte le altre donne. A dirlo è Manel Bousselmi, presidentessa dell'associazione delle Donne Islamiche “Fatima” che oggi conta 150 associate provenienti da Tunisia, Marocco, Algeria, Bangladesh e Senegal.

“L'1 febbraio è stata la giornata internazionale dell'hijab e del velo islamico. Per l'occasione abbiamo organizzato un incontro online con il movimento delle donne musulmane. La nostra principale missione è quella di combattere la discriminazione diffondendo consapevolezza e riconoscendo che l'Hijab è soprattutto libertà personale”.

Manel Bousselmi, originaria della Tunisia e mamma di due figli, è laureata in management of quality per le aziende e attualmente è anche iscritta per una seconda laurea alla facoltà di Ingegneria gestionale.

Qual è il vostro impegno come associazione?
"L'associazione, fin dalla sua nascita nel dicembre del 2019, vuole dare voce alle donne islamiche che vivono in città. Desideriamo avere una sede dove incontrarci e confrontarci su vari temi ma dove promuovere anche iniziative che combattano l'islamofobia. Purtroppo, i pregiudizi nei confronti della donna musulmana che sceglie liberamente di portare il velo, come simbolo di identità personale e religiosa, sono ancora molto forti e in grado di condizionare tutta la sua vita, compresa quella lavorativa. Anche io ho vissuto parecchie forme di diffidenza e di discriminazione in vari ambienti sociali e lavorativi. Fortunatamente sono stata in grado di fronteggiarli dando le risposte che la gente meritava di avere. Naturalmente, in altri casi, la mancanza di strumenti culturali adeguati rende le donne vittime e schiave di una società che ancora non ci accetta pienamente.

Appena nate come associazione, avete dovuto fronteggiare tutto il periodo della pandemia…
Sì, in piena emergenza coronavirus la nostra realtà, in questo momento di grande difficoltà, si è dimostrata attiva e attenta ai bisogni di molte famiglie, soprattutto residenti nel centro storico, come punto di riferimento per le donne islamiche di Palermo e come ponte tra le diverse culture e realtà cittadine. Sono tante le donne che hanno avuto parecchi disagi: dal disbrigo di pratiche burocratiche, all’aiuto con la lingua e con l’inserimento sociale e lavorativo, il reddito di emergenza, il sussidio dell'affitto della casa. Abbiamo avuto anche storie di donne vittime di violenza. Per un periodo abbiamo avuto il nostro sportello di ascolto presso il Montevergini di Palermo. Per due pomeriggi a settimana davamo consulenza e sbrigavano pratiche. Adesso siamo in cerca di una sede. Prossimamente apriremo lo sportello dentro i locali della chiesa dei padri Filippini.

Come accompagnate e sostenete le donne che vivono situazioni problematiche?
Cerchiamo principalmente di ascoltarle e di favorire un confronto costruttivo in modo da capire come potere aiutarle. La prima cosa che alcune di loro devono fare è, però, quella di ritornare ad avere fiducia in loro stesse, imparando anche a dire di ‘no’ con decisione se il caso lo richiede. Alle donne, lontano da logiche solo di aiuto e strettamente assistenziali, le istituzioni devono riconoscere le giuste opportunità di vita per potere avere una indipendenza economica e un futuro che valorizzi tutte le loro competenze e capacità: le donne autonome saranno più facilmente libere di gestire e reagire contro la violenza domestica, familiare e contro le discriminazioni sociali, lavorative e culturali. La strada, sappiamo bene, che è ancora lunga ma occorre continuare a trasmettere tanta forza e coraggio soprattutto a coloro che, per tanti motivi, tendono a scoraggiarsi.

Serena Termini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)