Migranti: Linardi (Sea Watch), “siamo come ambulanze con l’ospedale chiuso. Serve approccio europeo strutturale”

“Noi Ong eravamo andate in mare per colmare un vuoto e fare pressione sull’Europa per mettere in atto un dispositivo di salvataggio delle persone. Avevamo iniziato con una nave piccola, poi le stesse autorità ci hanno chiesto di dotarci di un assetto più grosso".

Migranti: Linardi (Sea Watch), “siamo come ambulanze con l’ospedale chiuso. Serve approccio europeo strutturale”

"Invece oggi veniamo accusati di avere degli interessi. Ora è come se fossimo delle ambulanze con l’ospedale chiuso. Noi resistiamo e ci siamo ma non sappiamo ancora se arriveremo all’estate”: lo ha detto Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch, durante la conferenza stampa organizzata oggi a Roma insieme a Open Arms e Chiese evangeliche (Fcei) a proposito della politica europea nel Mediterraneo. Linardi, che è salita a bordo della nave Sea Watch 3 bloccata per 19 giorni in mare, ha raccontato alcune storie drammatiche delle 32 persone salvate: “Fanny è fuggita da un conflitto armato in Congo e non capiva perché non li facevano sbarcare. Mi ha detto semplicemente: ‘Non siamo pesci’. Un ragazzo libico, che si è gettato in acqua per tentare di arrivare sulle coste di Malta, è una delle persone per cui eravamo più preoccupati. È stato rinchiuso per quattro anni nelle carceri libiche ed ha subito atrocità che il capo missione non ha potuto raccontarci per rispettare la sua dignità. È stato torturato ogni giorno, ha visto uccidere davanti ai suoi occhi il fratello di 12 anni. Aveva le gambe e i piedi coperti di cicatrici. Durante i 19 giorni in mare ha rifiutato il cibo ed è stato sempre sdraiato sotto la coperta senza parlare con nessuno”. Anche il comandante della nave, alla fine della penosa vicenda, ha confidato “di essere stremato e non sapere se reggerà un’altra situazione simile”. “Questo caso così piccolo ha spaccato in due l’Europa e l’Italia e non è motivo di orgoglio – ha sottolineato -. Noi siamo i primi a dire da anni che l’Italia non va lasciata sola nella gestione di un fenomeno che non si fermerà. Serve un approccio europeo strutturale e non penosi e lunghi accordi ad hoc”.

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Fonte: Sir