Migranti, la bufala dell’accoglienza “al collasso”: oltre 20 mila posti liberi nei centri

A scattare la fotografia dell’accoglienza italiana è il nuovo report Centri d’Italia, realizzato da ActionAid e Openpolis. La denuncia: “Gestione irrazionale, con una completa assenza di programmazione e criteri discriminatori di accesso alle strutture e ai diritti”

Migranti, la bufala dell’accoglienza “al collasso”: oltre 20 mila posti liberi nei centri

Sono oltre ventimila i posti liberi nei centri di accoglienza per migranti e rifugiati, sia Cas (centri accoglienza straordinaria) che Sai (Sistema accoglienza e integrazione) nel 2021. Il sistema, nel suo complesso, si caratterizza per una gestione irrazionale, con una completa assenza di programmazione e per criteri discriminatori di accesso alle strutture e ai diritti. A scattare la fotografia dell’accoglienza italiana è il nuovo report Centri d’Italia 2022, realizzato da ActionAid e OpenPolis. 

Nel rapporto si sottolinea non solo che non c’è un’ “invasione” di migranti nel paese, ma che anche l’assunto di “un’accoglienza al collasso” è totalmente senza fondamento. Nel 2021 erano infatti 20.235 i posti liberi nei centri, il 20% del totale, così come nel 2018, mentre nel 2019 erano il 27%. E la situazione non cambia al sud.

In Sicilia, isola presa spesso a esempio dell’emergenza accoglienza, e spesso definita “il campo profughi d’Europa” al 31 dicembre 2021 il 30,5% dei posti erano liberi nell’intero sistema regionale (Cas, Hotspot, Sai). Stessa situazione in Friuli-Venezia Giulia, regione di confine dove si concentrano gli arrivi dalla rotta balcanica. Qui, secondo il report, non ci sono abbastanza posti nei centri Sai (sistema pubblico di accoglienza diffusa) ma, anche quando ci sono, non necessariamente vengono riempiti. Il 29,5% dei posti attivati nel Sai italiano erano liberi al 31 dicembre 2021.  

Il lavoro di ActionAid e OpenPolis anticipa la relazione annuale al Parlamento con i dati relativi al 2021, che il Ministero è tenuto per legge a presentare a giugno di ogni anno. Ma su cui è già in ritardo di oltre 8 mesi. Quella con i dati del 2020 è stata pubblicata a novembre 2022, con quasi 18 mesi di ritardo. “È proprio la mancanza di trasparenza a favorire la lettura distorta della realtà riportando di nuovo sotto i riflettori la riproposizione di norme contenute nel decreto sicurezza I, nonostante il fallimento di quelle politiche - sottolineano le due organizzazioni -. Gli effetti del decreto sicurezza hanno prodotto una continua crescita dell'approccio emergenziale in risposta a un fenomeno del tutto ordinario e di piccole dimensioni rispetto alla popolazione italiana (0,13% sul totale). Nel 2021 erano attive 8.699 strutture. Dal 2018 a oggi sono stati chiusi più di 3mila 500 centri (-29,1%). Sempre nel 2021, i posti messi a disposizione nel sistema erano poco più di 97mila, di cui però il 60,9% nei centri di accoglienza straordinaria (Cas). Sono quasi 63mila i posti nei Cas e nei centri di prima accoglienza, a fronte di 34mila posti nel sistema di accoglienza e integrazione (Sai). Questo evidenzia dunque, la scelta di puntare sulla continua emergenza e mai, come vorrebbe la legge, sui percorsi di vera integrazione. A questo si aggiunge che su un totale di 65.700 posti persi in centri straordinari, le strutture con meno di 20 posti letto sono quelle che hanno perso più posti tra il 2018 e il 2021: quasi 24.000 posti persi nei Cas di piccole dimensioni. Segno di un mancato investimento nell’accoglienza diffusa e della scelta deliberata di continuare a mantenere grandi concentrazioni di persone con servizi scarsi o addirittura assenti (corsi di italiano, tutela e mediazione linguistica, supporto alla ricerca di lavoro)”.

“Il sistema dell’accoglienza oggi appare in una situazione allarmante. È evidente che l’assenza di pianificazione provoca una emergenza reale, mentre si grida a un’invasione che non c’è e al sistema al collasso, senza accennare alle responsabilità, addossando anche gli esiti di scelte sbagliate dell'amministrazione sulle spalle delle persone migranti - spiega Fabrizio Coresi, esperto migrazioni di ActionAid -.  La condizione del sistema di accoglienza si aggrava negli anni del decreto sicurezza, proprio quell’impianto normativo che anche i dati mostrano fallimentare e che ora si sta cercando di ripristinare in Parlamento”.

Stando ai dati del rapporto, Roma è la città metropolitana con più posti nei centri (circa 3.800), seguita dalle città metropolitane di Torino, Milano, Bologna, Napoli e Firenze. Dal 2018 al 2021, nell'area metropolitana della capitale i posti a disposizione nelle strutture del Sai sono diminuiti del 44,5%. Contemporaneamente è aumentata la centralità delle strutture di grandi dimensioni: il 90% dei posti nei Cas è in centri con più di 50 posti. “Nel 2019, nel territorio capitolino, si realizza una sorta di monopolio: 8 posti su 10, in centri Cas, sono in mano a un unico gestore, la Medihospes. E questo nonostante le ispezioni abbiano fatto emergere, nell’anno in questione, diverse irregolarità- denuncia il report -. È rilevante il dato sulle penali: su poco più di 88mila euro comminati nella città metropolitana a seguito dei controlli, quasi 86mila (il 97% circa) sono a carico di Medihospes e rappresentano il 17,4% del totale delle penali e delle erogazioni non effettuate a seguito di contestazioni sull’intero territorio italiano”.  

A rendere ancora più preoccupante lo stato dell’accoglienza in Italia e il rispetto dei diritti delle persone migranti sono le pratiche illegittime di molte questure, denunciate da organizzazioni che operano sui territori - aggiunge Mattia Fonzi, di Openpolis-. Pratiche che complicano, facendo da filtro e arrivando persino a negarlo, l’accesso all’accoglienza e alle misure minime di assistenza. Un percorso a ostacoli burocratici, a cui si unisce l’assenza totale di trasparenza che non consente di conoscere quali siano i criteri utilizzati per la distribuzione delle persone sul territorio, o quelli per l’ingresso nel Sai o nei Cas”.

Il lavoro di ActionAid e OpenPolis è stato possibile grazie alla vittoria ottenuta al Consiglio di Stato che ha obbligato il Viminale al rilascio dei dati. “Il Ministero dell'Interno, nonostante la sentenza a noi favorevole, ci ha fornito dati parziali e inutilizzabili relativamente al biennio 2020-21, continuando ancora una volta a dare dimostrazione di poca trasparenza - spiegano le associazioni -. Nel 2019 le prefetture hanno effettuato controlli sul 40,5% dei Cas e Cpa in Italia. Significativo che tra le 13 prefetture che non hanno effettuato ispezioni ci siano proprio quella di Agrigento (sotto la cui giurisdizione ricade l’hotspot di Lampedusa) e Trapani. Le sanzioni economiche a seguito dei controlli ispettivi (penali o pagamenti non corrisposti) ammontano a un totale di 493mila euro”.  

ActionAid e OpenPolis chiedono ai parlamentari di utilizzare le rilevazioni del report, basate su dati amministrativi oggettivi forniti dal ministero dell’interno e contenuti sulla piattaforma Centri d’Italia, per esercitare il ruolo di controllo ed indirizzo politico che gli è proprio, per chiedere trasparenza e informazione. Per avere risposte sul perché si parla di un sistema al collasso, con una quota considerevole di posti ordinariamente liberi e migliaia di persone lasciate in strada, sulla mancanza di programmazione che affligge il sistema da anni, su come vengono impiegate le risorse pubbliche e con quali effetti sulle vite di persone portatrici di diritti.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)