Niger: cresce il sentimento anti-francese, mentre partono ultimatum ai golpisti

Sale la tensione in Niger, alle prese con un Coup d’Etat sempre più complesso ed osteggiato. Mentre la comunità internazionale tutta (dall’Ue all’Onu, dall’Unione Africana all’Ecowas) si stringe attorno al deposto Mohamed Bazoum e lancia ultimatum ai golpisti, una parte consistente del popolo manifesta un forte sentimento anti-francese. In questo clima di attesa, l’ultimatum più concreto ai militari nigerini ammutinati (guidati dal generale Abdourahmane Tchiani) arriva dall’Ecowas che il 30 luglio scorso si è riunita ad Abuja

Niger: cresce il sentimento anti-francese, mentre partono ultimatum ai golpisti

Sale la tensione in Niger, alle prese con un Coup d’Etat sempre più complesso ed osteggiato. Mentre la comunità internazionale tutta (dall’Ue all’Onu, dall’Unione Africana all’Ecowas) si stringe attorno al deposto Mohamed Bazoum e lancia ultimatum ai golpisti, una parte consistente del popolo manifesta un forte sentimento anti-francese.
È successo a Niamey domenica scorsa, quando la gente è scesa in piazza scagliandosi contro l’ambasciata di Francia ed inneggiando ai russi. In questo clima di attesa, l’ultimatum più concreto ai militari nigerini ammutinati (guidati dal generale Abdourahmane Tchiani) arriva dall’Ecowas che il 30 luglio scorso si è riunita ad Abuja.

La Comunità economica dei 15 Stati occidentali d’Africa, “considera la detenzione illegale del presidente Bazoum un sequestro di persona”.

È un ostaggio che va liberato e rimesso al suo posto, dicono, pena persino l’opzione militare.
L’Ecowas prenderà “tutte le misure necessarie, incluso l’uso della forza” se non viene ripristinato l’ordine costituzionale in Niger, così si legge nel comunicato finale. Il 51esimo Sommet extraordinaire dell’organismo africano più importante a livello economico, conclude l’incontro con un documento duro che concede una settimana di tempo ai golpisti per ripristinare la democrazia.
“Io penso che questa sia solo una minaccia, non sarà possibile intervenire da fuori militarmente”, commenta con noi padre Filippo Ivardi, comboniano, per molti anni in Ciad e oggi in Italia. Tuttavia, dice,

questo golpe non è improvvisato e non è una faida interna ai militari: “io ho l’impressione che l’abbiano preparato con appoggi esterni e con dovizia di particolari”.

Aggiunge che “il generale Tchiani era già in contatto con le autorità maliane e questo mi fa pensare che senza l’appoggio del gruppo Wagner non si sarebbe mai imbarcato nell’impresa. Ma è solo una mia supposizione”.
Il missionario, grande conoscitore degli scenari politici ed umanitari del Sahel, dice che “gli stessi militari che hanno preso il potere, accusano oggi la Francia di star preparando un intervento armato contro di loro. Ma io mi sento di escluderlo con certezza. I francesi hanno già fallito nel Sahel e non si metterebbero in un altro difficile tunnel”.
Nel Sahel, che Marco Aime definisce “cicatrice sull’Africa”, terra e deserto attraversano Mali, Mauritania, Burkina Faso, Niger e Ciad.

Prima di questo ultimo golpe “i bastioni di sicurezza rimasti erano il Niger e il Ciad – argomenta Ivardi – Adesso, ad Europa e Francia, resta come argine solo il Ciad, che però sta iniziando ad entrare anche lui nell’orbita russa”.

Il comboniano ricorda che il Mali è già completamente sotto l’influenza di Mosca e i mercenari del gruppo Wagner sono presenti lì almeno dal 2021 (anno dell’ultimo Coup); oggi allungano la loro ombra sul Burkina Faso e con ogni probabilità sul Niger.  Resta poi la minaccia dei gruppi armati di matrice jihadista legati al Al-Qaeda.
“Se salta il Niger – dice Ivardi – beh sotto c’è solo la Nigeria… che è un grande Paese in grande affanno. Dopodiché è caos totale”.
Questa ennesima crisi, ci spiega anche padre Paolo Motta della Comunità di Villaregia, che vive ed opera in Burkina Faso, “disegna uno scenario di tre paesi limitrofi, saheliani, vittime di Colpo di Stato, che hanno in comune la minaccia terroristica e l’insoddisfazione della gente verso Parigi”.

Il popolo del Sahel è stanco della presenza della Francia, dicono i missionari che analizzano il contesto, tanto da preferirgli persino quella russa. Sono perciò facilmente manipolabili dalla propaganda militare sostenuta da Mosca.

“Il sentimento anti-francese è molto forte, lo era anche in Ciad – spiega ancora Ivardi – Nel 2021 c’è stato un Colpo di Stato che Macron aveva quasi da subito accettato. Da lì le grandi manifestazioni represse hanno fatto montare in tante aree del Sahel un forte sentimento contro la Republique”.
Ma ciò che interessa davvero “è la perenne destabilizzazione politica e sociale, con vuoti di potere e giochi di forza che nuocciono alla stabilità e alla pace dei popoli”.
Dice Ivardi:

“mi indigna il continuo tentativo dell’Europa di voler trattenere i migranti ed esternalizzare le frontiere”.

Ci spiegava tempo fa padre Mauro Armanino della Società missioni africane, che “se è vero che nel Sahel gli eserciti fanno il bello e il cattivo tempo, è anche vero che i leader politici sono deboli e si lasciano sopraffare”.
L’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo ricorda che il Niger si colloca all’ultimo posto della classifica mondiale per Indice di sviluppo umano: il 44,5% della popolazione, che ad oggi si aggira ai 23 milioni di abitanti, vive al di sotto della soglia di povertà.

Ilaria De Bonis (*)

(*) “Popoli e Missione”

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Fonte: Sir